Culto domenicale:
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Domenica, 17 Settembre 2017 15:31

Sermone di domenica 17 settembre 2017 (Marco 10,40-45)

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Testo della predicazione: Marco 1,40-45

«Venne a lui un lebbroso e, buttandosi in ginocchio, lo pregò dicendo: «Se vuoi, tu puoi purificarmi!» Gesù, impietositosi, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio; sii purificato!» E subito la lebbra sparì da lui, e fu purificato. Gesù lo congedò subito, dopo averlo ammonito severamente, e gli disse: «Guarda di non dire nulla a nessuno, ma va', mostrati al sacerdote, offri per la tua purificazione quel che Mosè ha prescritto; questo serva loro di testimonianza». Ma quello, appena partito, si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare apertamente in città; ma se ne stava fuori in luoghi deserti, e da ogni parte la gente accorreva a lui».

Sermone

Care sorelle e fratelli, una persona malata di lebbra è guarita da Gesù. Nell’Israele dell’epoca, la lebbra non era soltanto una malattia qualunque, ma la malattia, e Gesù sta per scontrarsi contro tabù e chiusure, paure e timori profondamente radicate. Con questa guarigione del lebbroso, Gesù annuncia il superamento della paura delle malattie devastanti che portano alla morte, e non lo farà con un un discorso convincente che invita ad accogliere i lebbrosi, ma con un gesto che ha in sé un annuncio inequivocabile: i tabù culturali che ostacolano l’accoglienza e la solidarietà vanno superati, le paure circa la punizione divina sui malati vanno vinte, la discriminazione di esseri umani malati è disumana.

I lebbrosi erano emarginati dalla società, considerati maledetti da Dio, cacciati via anche dalla loro famiglia. Non venivano più considerati esseri umani, dovevano tenersi a distanza da tutti. Da Dio potevano aspettarsi solo la sua condanna.

Ogni epoca ha i suoi lebbrosi, che possono essere i senza dimora, i nostri malati di AIDS, i nostri immigrati, gli omosessuali, i poveri, chiunque venga emarginato per qualunque motivo.

Dappertutto la nostra società rigurgita di eliminati, di disprezzati, di esclusi. Il lebbroso di oggi è il diverso che non si omologa agli altri, è il terrone, o il “vu’ cumprà”, chi ha la pelle nera, oppure è il drogato, l’islamico, l’immigrato.

Anche oggi, ogni società produce e demonizza i suoi lebbrosi.

Nel nostro racconto, scopriamo che il lebbroso si avvicina a Gesù, troppo. Non ne ha diritto, infrange la legge. E tutti coloro che violano la legge meritano sempre le pietre, la lapidazione, il manganello, la prigione, la morte. E quello di Gesù è un gesto di speranza, ma inaudito, è una trasgressione mai vista prima.

Osserviamo un po’ la scena come può essere andata: il lebbroso si avvicina a Gesù, ma resta a debita distanza, ha la sua campanella in mano che suona e grida “immondo, immondo”, per permettere alla gente di allontanarsi. Grida a Gesù la sua disperazione, gli chiede di essere purificato da quel male che lo sta portando alla morte. Ma ora la speranza cresce, Gesù non si allontana e il lebbroso si avvicina, sempre di più, pericolosamente di più. La legge lo proibiva. Gli altri e i discepoli, dunque, si allontanano; Gesù resta solo. Per ogni passo compiuto dal lebbroso verso Gesù, gli altri ne fanno due indietro. Gesù è il solo a non muoversi. Dietro a lui accade un fuggi fuggi, lo sconcerto, l’ansiosa attesa: “…e ora, che succederà ora? Che farà Gesù?”.

Alcuni stanno perfino raccogliendo delle pietre, perché quando dei lebbrosi non rispettano più la legge, si trova sempre della brava gente pronta a farla rispettare; quando l’ordine è minacciato si trovano sempre dei rappresentanti dell’ordine che, a distanza rispettosa e legale, si levano per cacciare o eliminare quelli che lo turbano.

Gesù invece darà ragione al lebbroso, non con un discorso, ma con un gesto: Gesù tocca il lebbroso.

Questo gesto è il superamento della ripugnanza, è un gesto contro la legge, ma è un gesto che comunica qualcosa di più.

Toccando il lebbroso, Gesù si lascia contagiare della lebbra dell’uomo, e assume, così, su di sé anche tutte le malattie, tutti i rigetti, tutte le condanne, tutte le esclusioni. Gesù diventa il capro espiatorio che porta tutte le colpe, le paure, tutte le impurità del mondo.

Gesù, con il suo gesto di toccare un uomo impuro, diventa partecipe del rigetto religioso dell’uomo lebbroso. Il miracolo non è tanto che il lebbroso sia guarito, ma che Gesù accetti di diventare lebbroso. Gesù accetta di diventare il rifiutato ed entra pienamente nella comunità di tutti i disprezzati e condannati.

La vera regalità di Cristo consiste in questo: stendere la mano sui condannati, essere partecipe del loro inferno e condividere con loro la maledizione. Con quel gesto, Gesù, ha voluto evidenziare il perché è venuto nel mondo.

 

Gesù proibisce che si divulghi quel miracolo: «Bada di non dirlo a nessuno», affinché non si prenda un abbaglio circa il Messia e non lo si scambi per un gran mago che può cambiare il mondo con un colpo di bacchetta magica.

Il lebbroso farà esattamente l’opposto, anche lui si preoccupò solo della guarigione e, di tutto l’accaduto, ha conservato soltanto l’aspetto meno importante, come fanno ancora oggi tutti coloro che si lasciano ipnotizzare dalle guarigioni “miracolose”.

Gesù non è venuto per anticipare i miracoli della medicina, né a recitare la parte del grande stregone. È venuto, invece, per liberare l’essere umano da tutte quelle catene che non potrà mai rompere da solo, è venuto a liberarlo dalle catene che si è lui stesso forgiato: i pregiudizi, i tabù, le paure, le omertà, gli odii, le emarginazioni; Gesù è venuto a liberarci da tutte quelle religioni che impongono adorazione, violenza, accecamento e disprezzo. Gesù è venuto a liberare l’essere umano da se stesso, dalle sue angosce, e dal suo narcisismo, dal suo egocentrismo, per renderlo veramente disponibile per Dio e per gli altri.

Gesù è venuto a liberare l’umanità dalla sua disumanità che la spinge ad avere paura degli altri, è venuto a guarirci da quella disumanità che fa vedere l’altro come un demonio. È venuto per guarirci da quella terribile lebbra che è il razzismo contro i lebbrosi di ogni epoca.

Gesù ha volto annunciare una nuova umanità in cui, anche se ci fossero ancora malattie della pelle o degli occhi, la polio o il cancro, o dei nevrotici alienati, non ci fossero più, tuttavia, esseri umani rifiutati, espulsi, eliminati, esiliati, condannati. Un’umanità ospitale, accogliente, solidale, più umana. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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