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Domenica, 13 Luglio 2014 14:38

Sermone di domenica 13 luglio 2014 (Romani 12,17-21)

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Testo della predicazione: Romani 12,17-21

Non rendete a nessuno male per male. Impegnatevi a fare il bene davanti a tutti gli uomini. Se è possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini. Non fate le vostre vendette, miei cari, ma cedete il posto all'ira di Dio; poiché sta scritto: «A me la vendetta; io darò la retribuzione», dice il Signore. Anzi, «se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo». Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, come protestanti, manifestiamo una certa diffidenza davanti a elenchi di imperativi imposti in qualche modo; noi crediamo nel valore della libertà, di scelte e comportamenti che fanno riferimento alla propria coscienza resa responsabile dalla Parola di Dio perché radicata nel Vangelo di Gesù Cristo.

In effetti l’apostolo Paolo è maestro per quanto concerne questa nostra posizione chiara, eppure qui, nella lettera ai Romani, l’apostolo pronuncia con forza una serie di imperativi, rivolti ai credenti della chiesa di Roma. È evidente che l’apostolo fa riferimento a una realtà particolare, concreta; è sensibile ai problemi che quella comunità attraversa. E si evince che nella chiesa di Roma ci sono fratelli e sorelle che subiscono del male e sono oggetto di odii, violenze, ritorsioni, forse anche di intolleranze; non sappiamo perché.

L’apostolo si sente di offrire dei consigli derivati dalla sua esperienza di credente che ha subìto violenza, che è stato in carcere, perseguitato ingiustamente, e propone una risposta nonviolenta dei credenti nei confronti di chi ha inflitto loro del male; l’apostolo insegna a rispondere alla provocazione in modo costruttivo, lontano dalla logica di “occhio per occhio e dente per dente”, logica che conduce sempre a inimicizie e ostilità senza fine. Quindi afferma con grande determinatezza: «Non rendete male per male».

Non è affatto facile non reagire alla provocazione o alla violenza o non rendere il contraccambio: è umana una reazione di difesa, di presa di distanza con lo stesso linguaggio dell’altro che, magari, non ne comprende altri. Alle volte può essere anche giusta: immaginate le forze dell’ordine che arrestano un capoclan della Camorra: non devono rendergli male per male! Come è possibile non condurlo in carcere?

¿Perché, allora, l’apostolo propone un imperativo così gravoso per tutti?

Innanzitutto perché l’apostolo vive nell’ottica secondo la quale tutti i credenti sono chiamati a essere “credenti” a motivo della sola grazia del Signore; ed è il Signore che solo può assumersi la prerogativa della vendetta. «Cedete il posto all’ira di Dio», afferma l’apostolo, quell’ira, però, è quella rivelata sul Golgota come l’ira del Dio amorevole che colpisce il male per guarire e convertire, come accade al Centurione ai piedi della croce.

Non rendete male per male: qui ci è tolta la spada vendicatrice dalle nostre mani per cedere il posto a Dio che, con la sua misericordia, può trasformare il nemico in amico e compagno, l’inimicizia in fraternità e in stima reciproca.

I credenti, vivendo della grazia del Signore, sono chiamati a impegnarsi nella lotta contro il male a condizione di non adottare la stessa logica del male che è quella della violenza e della prepotenza, perché così facendo diverrebbero anch’essi prede di quel male che vogliono combattere.

L’impegno nella lotta contro il male non può essere passivo, non è detto “Tieniti lontano dal male” o “Cerca di non essere cattivo”, ma l’apostolo afferma: «impegnati a fare il bene», può solo essere un impegno attivo quello della lotta contro il male, esso richiede fatica, sforzo, tutta la partecipazione, la passione e l’autenticità della fede. Il male non si sconfigge tenendosi alla larga da esso, ma contrapponendosi ad esso facendo il bene.

Solo così possiamo sconfiggere il male, così come è accendendo una luce che vinciamo sul buio; è per questo che l’apostolo ci può consigliare dicendo: «Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete dagli da bere; così facendo radunerai dei carboni accesi sul suo capo», correttamente la Bibbia TILC traduce: «Comportati così e lo farai arrossire di vergogna».

È nelle situazioni di difficoltà, di sopruso, di sofferenza, dolore, che il tuo intervento attivo, il tuo “fare il bene”, fratello sorella, può determinare un cambiamento, allargare un orizzonte, permettere che si intravveda una nuova speranza; è nelle realtà di sconfitta, di indifferenza, egoismo, prepotenza, di respingimento che la tua presenza attiva di credente può fare in modo che il bene vinca, attraverso la tua accoglienza, la tua solidarietà, il tuo sostegno, la tua partecipazione; in questo modo qualcuno può ritrovare il senso della fiducia, dell’attesa e la voglia di tornare a sognare e a lottare, a guardare oltre un presente privo di futuro.

Questo dice anche a noi l’apostolo che ci incoraggia, come credenti, a non limitarci soltanto a non fare il male, ad alienarci dal mondo per non restarne travolti. Ci dice di non restare indifferenti davanti al male. Il Mahatma Gandhi diceva che la più alta forma di violenza è l’indifferenza.

L’apostolo Paolo dichiara che il male si vince facendo il bene, si ostacola con una forte e attiva presenza di contrasto.

«Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» non è una semplice frase lapidaria da incorniciare e appendere a una parete. Noi siamo chiamati a operare per il bene della città, per il bene comune, non certo per guadagnarci i favori di Dio, il perdono o il Paradiso di cui, invece, già il Signore ci rende partecipi, ma siamo chiamati a fare in modo che il nostro impegno costante costruisca comunione, solidarietà, getti dei ponti, crei accoglienza, diventi luogo in cui il sofferente può ritrovare forza, l’oppresso può essere liberato, il disperato può rialzare il suo volto e guardare avanti.

     Vincere il male con il bene non è un compito che ci è affidato perché ne abbiamo tutta la capacità, no! “Vincere il male con il bene” è l’opera che Dio stesso intende compiere nel mondo attraverso il nostro agire per il quale egli stesso agisce efficacemente in noi. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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