Culto domenicale:
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Domenica, 28 Settembre 2014 10:40

Sermone di domenica 28 settembre 2014 (Matteo 21,28-32)

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Testo della predicazione: Matteo 21,28-32

«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si avvicinò al primo e gli disse: "Figliolo, va' a lavorare nella vigna oggi". Ed egli rispose: "Vado, signore"; ma non vi andò. Il padre si avvicinò al secondo e gli disse la stessa cosa. Egli rispose: "Non ne ho voglia"; ma poi, pentitosi, vi andò. Quale dei due fece la volontà del padre?» Essi gli dissero: «L'ultimo». E Gesù a loro: «Io vi dico in verità: I pubblicani e le prostitute entrano prima di voi nel regno di Dio. Poiché Giovanni è venuto a voi per la via della giustizia, e voi non gli avete creduto; ma i pubblicani e le prostitute gli hanno creduto; e voi, che avete visto questo, non vi siete pentiti neppure dopo per credere a lui».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, l’ascolto della parabola di Gesù, per certi versi, ci fa andare indietro nel tempo quando ricevevamo ordini dai genitori, dagli insegnati a scuola, o comunque, dai grandi, dagli adulti. Questa condizione con il tempo stanca e arriva dunque il tempo in cui rispondiamo: «Sono adulto e vaccinato, scelgo io cosa fare».

I figli della parabola che Gesù racconta, sono già adulti, e probabilmente stufi di sentirsi dare degli ordini. Ma c’è una differenza tra i due: il primo dice di sì, ma in fondo non ha a cuore la vigna, non gli interessa, anche se sa che la vigna ha bisogno di cure, e perché no, anche di passione, di affetto. Dice sì, forse per rispetto dovuto nei confronti del padre.

Il secondo figlio dice di no. Accade a volte, quando abbiamo a cuore qualcuno o qualcosa, che l’incoraggiamento da parte di altri a perdercene cura, sia un mancato riconoscimento del nostro amore e del nostro impegno per ciò che abbiamo a cuore. Allora, ci irrigidiamo.

Anche cercando di capire in profondità la motivazione che induce i due fratelli a dare risposte così diverse, Gesù non se ne prende cura, espone una parabola invitando a identificarsi con l’uno o con l’altro figlio rispetto alla volontà di Dio.

Gesù, davanti a sé ha dei leader religiosi che sono molto scettici nei suoi confronti, come lo erano stati anche nei confronti di Giovanni il battista, il precursore di Gesù, colui che annunciava l’avvento del Messia e del Regno di Dio. Ora sono davanti a Gesù e cercano di scavare dentro il messaggio di Gesù per capire cosa dice veramente, cosa pensa, dove voglia arrivare, qual è il suo obiettivo e il suo scopo.

Forse è solo un fanatico, ma potrebbe essere un cospiratore, o un amico dei romani, o un semplice ciarlatano che allontana la gente dalla religione con idee strampalate e stravaganti: sembra che accolga chi si compromette coi romani, cioè gli esattori delle tasse, ma anche le prostitute, talvolta i pagani. Che razza di rabbi sarà mai costui che si contamina fisicamente frequentando tale feccia umana e perfino sedendo a tavola con loro?

Bisognava conoscerlo bene e poi metterlo in cattiva luce affinché la gente non credesse più in lui.

Il loro problema è però che essi vanno da Gesù prevenuti, non intendono affatto conoscere veramente il suo messaggio, essi rifiutano la sua autorità di rabbi a priori, qualunque cosa egli dica, chiunque egli sia.

Per questo Gesù racconta loro questa parabola.

Essi credono di essere obbedienti a Dio solo per il fatto di essere religiosi, dicono sì con le labbra, ma poi recitano la parte del figlio disobbediente; non reagiscono con fede davanti all’opera di Dio, davanti alla sua grazia, al suo amore, ne sono ostili. Piuttosto che riconoscere il dono dell’amore di Dio nei confronti di tutte le creature, le giudicano condannandole irrimediabilmente, non riconoscono in loro il miracolo della conversione, il miracolo della grazia di Dio e del suo perdono.

Quello stesso miracolo era accaduto ai tempi del Battista presso il quale andavano a battezzarsi coloro che riconoscevano il loro peccato e che avevano creduto alle sue parole. Quel miracolo non ha fatto cambiare idea ai leader religiosi.

E ora essi sono qui, davanti a Gesù, per rivendicare un “sì” disobbediente perché non riconoscono l’opera di Dio, il nuovo che Dio permette che accada affinché l’umanità riconosca l’amore di Dio, riscopra il bisogno del perdono e del sostegno di Dio.

Essi si presentano a Gesù, come facciamo anche noi e tanti altri, oggi e in tutte le epoche, si presentano con i pregiudizi della propria religiosità. Il giudizio di Gesù non è solo rivolto ai leader religiosi del suo tempo, ma anche al mondo dei credenti cristiani che ha sempre, ogni giorno, bisogno di rinnovamento, di passione, di slancio, fervore, entusiasmo.

Sì, anche i cristiani possono restare indifferenti all’opera di Dio attorno a loro, anche loro possono dire il loro “sì” per nulla convinto, senza il cuore e la passione per il prossimo e per il mondo.

Anche i cristiani, in fondo, possono finire per credere che la grazia e la salvezza di Dio siano solo per loro, per pochi eletti e che per i peccatori non ci sia possibilità di scampo. Lo possono negare con la bocca, ma lo credono nel cuore.

Quante volte la chiesa stessa vive semplicemente per auto-perpetuarsi, per mantenersi in piedi come istituzione religiosa. Quante volte guardiamo con orrore i numeri dei membri di chiesa che diminuiscono. Questa preoccupazione è legata a una identità religiosa che non vogliamo scompaia, ma il nostro cuore deve battere non tanto per l’esaltazione della chiesa, quanto della grazia di Dio, per l’esaltazione dell’amore di Dio che continua ancora oggi a condurre le persone alla conversione, al ravvedimento, al perdono, al rinnovamento, della mente, del cuore, dei rapporti umani.

È una sfida quella di Dio, una sfida che ci è presentata ogni giorno della nostra vita.

«Figlio, va’ a lavorare nella vigna oggi»: l’oggi di questa frase è molto importante, è lo stesso “oggi” della richiesta del pane nel Padre Nostro (Matt. 6,11), dell’erba dei campo che “oggi è” e domani è gettata nella fornace (Matt. 6,30). È l’oggi di Dio, è il nuovo di Dio che avanza, che sta creando e che richiede la nostra risposta chiara, convinta e un’azione conseguente.

«Figlio, va’ a lavorare nella vigna oggi»: è l’oggi di ogni giorno, significa lasciar trasparire nel mondo di oggi l’amore di cui siamo amati, significa esaltare con il nostro modo di vivere la gratuità della grazia di Dio, del suo perdono.

Siamo chiamati a rispondere al perdono di Dio perdonando a nostra volta, guardando l’altro/a con gli occhi di chi ne scopre per la prima volta l’esistenza, con la meraviglia di chi vede spuntare il sole o un nuovo tralcio nella vigna come un dono di Dio.

Nulla è scontato: l’evangelizzazione è innanzitutto essere coinvolti nel rinnovamento della grazia di Dio, senza nascondersi, senza arrossire, ma vivendo con gioia l’amore per la vigna di Dio, il mondo di Dio che ha bisogno della fede dei credenti, della passione per gli esseri umani, dell’amore per gli ultimi, di impegno sociale concreto nei confronti dei poveri, degli emarginati con cui Gesù stesso si identifica.

Gesù ci pone davanti alla nostra risposta, non importa quale essa sia, l’importante è essere coinvolti interamente in un rinnovamento che, sì, ci spiazza sicuramente, ci destabilizza del tutto, ma ci riporta senz’altro vicino a coloro che attendono di sentirsi dire che Dio li ama nella loro condizione, nelle loro disgrazie, nelle loro sfortune, e che per loro Dio opera un riscatto, una liberazione, una nuova creazione.

I segni del nostro tempo, difficili da interpretare positivamente, e gli eventi storici che attraversiamo, come la crisi finanziaria, l’immigrazione, le guerre, possono essere proprio delle opportunità di impegno, di cambiamento, di rinnovamento, di testimonianza, di evangelizzazione, cioè di annuncio del Regno di Dio.

La nostra risposta all’appello di Dio non deve farci irrigidire come fanno i figli nei confronti dei genitori ai quali rispondono: «Sono adulto e so già cosa devo fare», perché è vero che abbiamo davanti a noi tutta la crisi e l’inquietudine del mondo che attende gesti concreti di rinnovamento e di cambiamento, ma Dio ci pone davanti all’urgenza dell’amore di Dio, all’urgenza del perdono, della riconciliazione, della pace, per il mondo di oggi.

Il nostro sì deve essere convinto e appassionato, disposto ad affrontare, con le nostre forze, poche o tante che siano, il nuovo che Dio ci pone davanti oggi. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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