Culto domenicale:
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Domenica, 03 Novembre 2013 00:00

Sermone di domenica 3 novembre 2013 - Domenica della Riforma (Romani 3,21-28)

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Testo della predicazione: Romani 3,21-28

Ora però, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di Dio, della quale danno testimonianza la legge e i profeti: vale a dire la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo, per tutti coloro che credono - infatti non c'è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio - ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, al tempo della sua divina pazienza; e per dimostrare la sua giustizia nel tempo presente affinché egli sia giusto e giustifichi colui che ha fede in Gesù. Dov'è dunque il vanto? Esso è escluso. Per quale legge? Delle opere? No, ma per la legge della fede; poiché riteniamo che l'uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, la Riforma protestante del ‘500 ha sottolineato questa parola dell’apostolo Paolo: «Siamo giustificati gratuitamente per la Grazia di Dio mediante la fede».

La grazia è quindi il presupposto della nostra salvezza, ne è il fondamento, il fulcro attorno a cui ruota l’esistenza umana. Ma dobbiamo domandarci che cosa è questa grazia di cui parla l’apostolo!

Per noi protestanti, la grazia è il punto di partenza di un cammino di fede, non il punto di arri­vo, non la meta, non il nostro obiettivo. Non accade che dopo una serie di buone opere arriviamo a guadagnarci l’agognata grazia, dopo una serie di sacrifici e di rinunce riusciamo a meritarci quella grazia che ci porta in salvo. Al contrario, consapevoli che la grazia è un dono di Dio, che ci è data gratuitamente senza averla meritata, possiamo incamminarci portando i frutti che essa produce in noi.

Certo, che gli oppositori dicevano all’apostolo: «Troppo comodo, non fare nulla per meritarsi una fetta di Paradiso. Il Paradiso va suda­to, non si giunge al successo senza sacrifici». Anche se negli affari umani le cose funzionano così, per quanto riguarda la nostra vita di fede, noi dobbiamo rendere ragione alla Parola di Dio ascoltandola e ricevendola come una Parola per noi.

Grazia vuol dire, appunto, dono gratuito, non meritato, perché diversamente diventa baratto, scambio, acquisto.

La grazia è quella per la quale Gesù ha dato la sua vita, affinché l’umanità potesse avere la possibilità di riscatto dal proprio peccato, dalla paura che questo comportava; l’opportunità di scoprire, attraverso la croce, l’amore di Dio.

Il pastore Dietrich Bonhoeffer definiva due modi diversi per vivere la grazia: grazia a buon prezzo e grazia a caro prezzo.

La grazia a buon prezzo è intesa come principio: “siamo salvati per grazia”. Qui la gente vede cancellati, a poco prezzo, i peccati di cui non si pente e dai quali tanto meno vuole essere liberata. Grazia a buon prezzo è annunzio del perdono senza pentimento. Si può dire: «Visto che la grazia fa tutto da sé, è inutile darsi da fare». Grazia a buon prezzo è giustificazione non del pecca­tore, ma del peccato; è quella grazia che noi concediamo a noi stessi. Grazia a buon prezzo è grazia senza seguire Cristo, è grazia senza croce.

Grazia a caro prezzo è il tesoro nascosto nel campo, per amore del quale l’uomo va e vende tutto ciò che ha, e con gioia compra tutto il campo; è la perla preziosa, per il cui acquisto il commerciante dà tutti i suoi beni; è la chiamata di Gesù che spinge il discepo­lo a lasciare le sue reti e a seguirlo. È cara perché condanna il peccato, è grazia perché perdona il peccatore.

La grazia è a caro prezzo, soprattutto perché è costata cara a Dio, a Dio che ha preferito rinunciare a se stesso e diventare un uomo la cui vita gli è costata cara: il prezzo della croce. Per questo l’aposto­lo Paolo può dire: “Siete stati comperati a caro prezzo” (I Cor. 6,23).

La grazia è a caro prezzo perché è un pressante invito di Dio a seguire Gesù, a seguire la sua Parola, ma è grazia perché Gesù dice “Il mio giogo è dolce e il mio peso è leggero”. La grazia a caro prezzo non dispensa dall’agire, anzi, rende infinitamente più rigoroso l’invito a seguire Gesù. Ecco il segreto dell’Evangelo della Riforma, il segreto della giustificazione del peccatore: Lutero parlava della gra­zia e allo stesso tempo, di obbedienza, di sequela, di discepolato. Ma la giustificazione del peccatore, presto divenne giustificazione del peccato. La grazia a caro prezzo, presto divenne grazia a buon prezzo, senza la necessità di seguire il Signore che ci rende consapevoli del suo perdono e allo stesso tempo ci impegna a perdonare.

Ecco, dunque, i due modi di intendere la grazia.

La grazia può essere un presupposto, un principio della vita cri­stiana: «I miei peccati sono giustificati in partenza, allora, in base a questa grazia posso peccare».

Ma la grazia può anche essere un risultato. Il risultato di una vita che segue il Signore.

Faust, alla fine della sua vita spesa nello sforzo di conoscere, disse: «Riconosco che non possiamo sapere nulla». Questo è un risulta­to, e questo risultato detto da Faust dopo una vita di studi ha un senso, ma assume un altro senso se uno studente di primo anno si arro­ga la frase di Faust per giustificare la sua ignoranza e la sua pigrizia.

Come risultato la frase è vera, “Non possiamo sapere”, ma come presupposto può essere un inganno perché non seguirà una seria e fondata ricerca. La grazia come presupposto è una grazia di nessun valore; la grazia come risultato è una grazia di grande valore. Solo chi si trova al seguito del Signore, dopo aver rinunciato a tutto ciò che ha, può affermare di essere giustificato per sola grazia. Chi pensa di essere dispensato, per via della grazia, dal seguir­e il Signore inganna se stesso.

Dunque la grazia non è un cesto natalizio che si riceve a Natale, ma è la possibilità nuova che si apre davanti a noi di dare un senso alla vita. Perché il risultato della vera grazia di Dio sarà un cammino sulla via della giustizia, della pace, della solidarietà, della fraternità, della comunione, della condivisione, del­l’amore concreto verso coloro che si incontreranno lungo la nostra strada. Si tratta di una vita protesa a realizzare non noi stessi, ma l’opera di Dio che vuole il bene di tutti gli uomini, le donne, e la creazione.

Grazia in effetti significa “essere liberati” dalla nostra ansia da prestazione, di essere all’altezza, efficienti, capaci. Grazia significa capacità di affidare a Dio la nostra pochezza; significa permettere a Dio di agire perché ci sia una cambiamento. Grazia significa imparare a guardare oltre i nostri limiti umani. Significa avere la capacità di guardare con gli occhi di Dio, realizzare il suo amore che non guarda le differenze, ma pone tutti sullo stesso piano davanti a Dio: non più distinzioni dovute al sesso, all’etnia, al colore della pelle, alle inclinazioni affettive.

La grazia è donata a chi ha subìto una condanna, ciò vuol dire che tutti siamo rinchiusi nella condanna dovuta al nostro peccato, come scrive l’apostolo Paolo: «Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per far misericordia a tutti» (Rom. 11,32). Nessuna differenza quindi, ma tutti “uno in Cristo” (Gal. 3,28), nessuna religione, nessuna confessione, nessun peccato, nessuna condizione umana, possono diminuire la grazia di Dio.

Essa, dove giunge, impegna, impegna a una vita attiva e partecipe. Ogni giorno siamo chiamati ad accettare la sfida che la grazia di Dio ci propone: la possibilità, sempre nuova, di offrire gratuitamente, senza nulla in cambio, quella proposta di libertà che rompe le catene dell’egoismo del mondo per permettergli di essere più umano. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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