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Domenica, 04 Maggio 2014 11:47

Sermone di domenica 4 maggio 2014 (Marco 16,15-20)

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Testo della predicazione: Marco 16,15-20

Gesù disse loro: «Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura. Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato. Questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: nel nome mio scacceranno i demòni; parleranno in lingue nuove; prenderanno in mano dei serpenti; anche se berranno qualche veleno, non ne avranno alcun male; imporranno le mani agli ammalati ed essi guariranno». Il Signore Gesù dunque, dopo aver loro parlato, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. E quelli se ne andarono a predicare dappertutto e il Signore operava con loro confermando la Parola con i segni che l'accompagnavano.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, cosa vi può essere di più definitivo della morte? Benché Gesù avesse annunciato la sua risurrezione, i suoi discepoli, tuttavia, non capivano cosa intendesse dire. Fintanto che non fai l’esperienza concreta della risurrezione è difficile crederci perché, per noi, nulla è più definitivo della tomba.

Gesù era stato visto dalle donne e poi da due discepoli e, dopo il loro racconto, non avevano creduto. Ricordate cosa dirà Tommaso? «Se non vedo… e non metto il mio dito nel segno dei chiodi …io non crederò» (Giovanni 20,25).

Nel brano alla nostra attenzione Gesù permette il superamento dell’incredulità da parte dei discepoli, l’incredulità è superata dalla grazia di Dio che ci prende al suo servizio e ci inserisce così nell’orizzonte della fede.

A questi discepoli increduli, Gesù affida la missione di andare ad annunciare l’amore di Dio a partire dalla risurrezione di Cristo. Ciò permette il superamento dell’incredulità dei discepoli è l’obbedienza al mandato che Gesù affida ai suoi discepoli: «Andate… e predicate il Vangelo». E i discepoli vanno.

Ma come fanno delle persone, come i discepoli, e come loro anche noi, che vivono nel profondo tutta la realtà umana dell’incredulità, a essere credibili?

Gesù fa una promessa: tutti coloro che annunciano il Vangelo di Gesù Cristo saranno accompagnati da “segni” che renderanno credibile il loro annuncio, la loro fede, la loro passione per la missione che gli è stata rivolta.

A questo punto vi è un elenco di segni che si riscontrano nel Nuovo testamento e che l’evangelista Marco raccoglie e mette insieme nel brano alla nostra attenzione.

Cacceranno i demòni, anche Gesù l’ha fatto; parleranno nuove lingue come quelle dei discepoli a Pentecoste, nel giorno in cui lo Spirito Santo è disceso sulla chiesa. Prenderanno in mano i serpenti come Gesù aveva annunciato: «Ecco, vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti» (Luca 10,19). Se berranno qualche veleno non ne avranno alcun male come alcune informazioni che ci giungono da storici come Eusebio di Cesarea (Storia Ecclesiastica III,39,9). Imporranno le mai sui malati ed essi guariranno: come Gesù faceva e come alcuni discepoli.

Ma qual è il senso di questi segni? Non si tratta di prodigi che servono a sbalordire le persone. Gesù stesso respinge la richiesta, da parte dei farisei, di mostrare un segno dal cielo perché essa manifesta profonda incredulità. Chi cerca prodigi e miracoli, in fondo, rivela tutta la propria diffidenza, il proprio scetticismo, per questo Gesù dice a Tommaso «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Giov. 20,29).

I segni di cui parla Gesù accompagnano una Parola di Dio che diventa viva, intensamente attiva e produce conversione, ravvedimento, riconciliazione.

Ecco cosa produce la Parola di Dio, produce dei segni evidenti, che tutti possono constatare, che destano stupore e meraviglia tali da far pensare e credere:

Cacceranno i demòni: è ovviamente il segno della liberazione, liberazione da forze oscure che opprimo l’anima e lo spirito, liberazione da una vita di alienazione mortale e di paura del mondo e del futuro, dall'impossibilità di essere se stessi. Alle volte ci si sente appartenere ad altri e non a se stessi: a vivere, a vestirsi, a comprare e a essere secondo schemi culturali e sociali obbliganti, ci sentiamo come delle marionette i cui fili sono mossi da altri, ci si sente costretti a recitare, per paura o per costrizione, quello che altri hanno ci hanno ordinato. Quante volte ci sentiamo vittime di una cultura escludente, dell’economia, del potere, del denaro. La liberazione dai demòni è il segno che ci restituisce a noi stessi, perché ciascuno di noi non può che appartenere a Dio soltanto e a nessun altro.

Parleranno in lingue nuove è il segno della capacità che ci è donata di relazionarci con il prossimo, di annunciare l’amore di Dio, il suo Vangelo e di essere capiti; la Parola di Dio parla la lingua di tutti, non va al di là della nostra capacità di parlare e di comprensione, perché lo Spirito rende la Parola di Dio accessibile, comprensibile, chiara, accogliente. Tutti possono predicare non solo chi ha studiato teologia: «Tutti questi che parlano non sono Galilei? Come mai li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue?» (Atti 2,7b-8a. 11b)

Prenderanno in mano i serpenti significa essenzialmente non avere paura di ciò che può farci del male. Prendere in mano i serpenti è una parola che possiamo ricevere come immagine: noi preferiamo che tante cose restino nascoste o che stiano lontane da noi perché ci fanno paura, viviamo nella speranza che non accada mai ciò che temiamo; la Parola di Dio ci libera dalla nostra paura, ci permette di affrontare e di prendere in mano i nostri serpenti. Per i missionari del II secolo poteva essere anche la paura della persecuzione, della morte cui molti predicatori andavano incontro.

Perciò la missione dei discepoli poteva diventare un veleno mortale, dal quale però Gesù prometteva di liberarli.

Imporranno le mani sui malati ed essi guariranno. Il segno delle guarigioni per noi non è da intendersi nel senso di compiere, nel nome di Gesù, gesti miracolosi per stupire le persone. Il segno delle guarigioni che accompagna coloro che annunciano la Parola, è la capacità di dare fiducia in un mondo in cui diffidare di tutti è la regola; è la capacità di offrire un luogo di riparo e di protezione alle persone attorno a noi, di stendere su di loro le mani che le proteggano e di comunicare loro la sensazione di essere accettate con tutta la loro esistenza affinché le ferite della loro anima possano guarire.

«La domanda che si pone adesso non è più cosa fa l’altro, cosa possiede l’altro, come dovrebbe essere l’altro per trovare simpatia ai nostri occhi, la domanda ora è chi è l’altro, come vive, di cosa soffre, che cosa pensa e sente veramente. Stendere le mani sopra di lui significa accettarlo senza riserve» (E. Drewermann).

Oggi, Gesù invia anche a noi a compiere questi segni nel mondo ci invita ad andare ad annunciare l’amore di Dio per tutti, l’amore che ha cambiato la nostra vita, che ha permesso di vivere nell’orizzonte dell’accoglienza, dell’ascolto, della comprensione dell’altro, così come Dio ha fatto e fa, ancora oggi, per noi.

Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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