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Domenica, 24 Agosto 2014 13:38

Sermone di domenica 24 agosto 2014 (Romani 11,25-32)

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Testo della predicazione: Romani 11,25-32

«Fratelli, non voglio che ignoriate questo mistero, affinché non siate presuntuosi: un indurimento si è prodotto in una parte d'Israele, finché non sia entrata la totalità degli stranieri; e tutto Israele sarà salvato, così come è scritto: «Il liberatore verrà da Sion. Egli allontanerà da Giacobbe l'empietà; e questo sarà il mio patto con loro, quando toglierò via i loro peccati». Per quanto concerne il vangelo, essi sono nemici per causa vostra; ma per quanto concerne l'elezione, sono amati a causa dei loro padri; perché i carismi e la vocazione di Dio sono irrevocabili. Come in passato voi siete stati disubbidienti a Dio, e ora avete ottenuto misericordia per la loro disubbidienza, così anch'essi sono stati ora disubbidienti, affinché, per la misericordia a voi usata, ottengano anch'essi misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti».

Sermone

Cari fratelli e sorelle, questo brano biblico che ci propone il nostro lezionario “Un giorno, una Parola”, è la conclusione di un discorso che l’apostolo Paolo inizia due capitoli prima. La riflessione dell’apostolo riguarda il rapporto fra Israele e quella parte di Cristianesimo proveniente dal mondo pagano.

     L’apostolo esordisce spiegando che i credenti sono davanti a un mistero che Dio ha rivelato all’apostolo ed egli, ora, lo rivela a sua volta.

     La domanda che i cristiani di Roma si ponevano era la seguente: «Israele che non ha riconosciuto Gesù come Figlio di Dio e come Messia, è stato estromesso dalla salvezza?». Ogni risposta avrebbe generato altre domande. Se si risponde di sì, che Israele è fuori dalla salvezza, allora l’elezione che Dio ha dato a Israele, appunto come popolo eletto privilegiato, passa ora ai cristiani, essi diventerebbero il popolo eletto, il nuovo Israele e Dio avrebbe rinnegato il vecchio Israele. Se si risponde di no, che Israele è il popolo di Dio eletto, allora che ruolo avrebbero i cristiani nel progetto di Dio? Non potrebbero essere loro fuori dalla salvezza?

     Il mistero di Dio che l’apostolo svela è il seguente: Dio ha progettato l’indurimento del cuore d’Israele per salvare i pagani, coloro che non sono ebrei, che non hanno una tradizione di conoscenza di Dio e della sua Parola.

     Dunque l’apostolo afferma con risolutezza: «Non sia mai!» che si pensi che Israele sia fuori sia estromesso dalla salvezza.  

     L’apostolo Paolo percorre una via di pensiero secondo la quale la disobbedienza di Israele, che non ha creduto nel Cristo, ha reso possibile che Dio rivolgesse la vocazione della fede anche ai pagani, a coloro che non conoscevano Dio, i quali, credendo, sono entrati in una nuova comunità di fede: la Chiesa.

     Paolo stesso, ebreo dalla nascita, ha perseguitato la Chiesa prima della sua conversione, eppure, egli stesso, da persecutore è diventato evangelizzatore nelle terre pagane.

     È chiaro che si tratta di un mistero di Dio, è tale perché sfugge alla nostra logica umana, ma non perché sia segreto. L’apostolo è riuscito a penetrare questo mistero e a capire che il progetto di Dio è un progetto di grazia e di misericordia, un progetto di gratuità per tutti.

     È sotto gli occhi di tutti che Israele non ha creduto nel Figlio inviato da Dio per la salvezza dell’umanità, quindi Israele vive nella disobbedienza, ma questa disobbedienza non cambia nulla circa l’elezione divina che raggiunge Israele attraverso la promessa di Dio fatta ai suoi padri: Israele resta il popolo amato da Dio, scelto e benedetto da Dio perché Dio non revoca mai i suoi doni e la sua chiamata.

     Dunque l’evangelo respinto dai giudei ha provocato l’annuncio della misericordia di Dio ai pagani. La fede in Dio e nel suo amore, prima circoscritta all’interno di un popolo, ora diventa una realtà del mondo intero, ora tutti possono ricevere la fede e possono vivere come persone da Dio salvate, elette.

     Questo, che per i pagani è tempo di misericordia, per i giudei è tempo i disobbedienza, ma anche per loro viene il giorno della misericordia.

     Perciò Paolo cita Geremia 31 in cui è detto che «Il liberatore verrà da Sion. Egli allontanerà l’empietà; e questo sarà un nuovo patto, quando toglierò via i loro peccati».

     Può sembrare strano, ma oggi, il dialogo religioso con Israele avviene proprio nell’interpretazione di questa parola del profeta Geremia. Infatti, Israele legge questa promessa nel senso della venuta del Messia e i cristiani nel senso del ritorno del Messia. In ogni caso, quello che accadrà è condiviso: egli sarà il liberatore di tutti per sempre; Egli è colui che fonderà il mondo futuro nel perdono, nell’amore e nella riconciliazione, come doni gratuiti di Dio.   

     È un disegno di Dio.

     Il Signore fa cadere tanto i pagani quanto i giudei nella disobbedienza per aver modo di manifestare a tutti loro la sua libera grazia.

     «Non c’è né giudeo né greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù» (Galati 3,28). L’eguaglianza degli esseri umani davanti al Signore sta alla base dell’amore e della grazia di Dio per tutti.

     «Dio ha rinchiuso tutti nella disubbidienza, per far misericordia a tutti» è la frase conclusiva di questa riflessione. Significa semplicemente che Dio tratta tutti noi per quello che siamo, con la nostra parzialità, la nostra finitezza, le nostre fragilità, il nostro peccato, affinché nei confronti di tutti manifesti la sua misericordia, la sua grazia e il suo amore.

     Questa è la nostra condizione umana, quella di disubbidienza causata dal nostro peccato; questa condizione ci rende tutti eguali, ebrei e pagani, neri e bianchi, del Sud e del Nord, dell’Est e dell’Ovest, uomini e donne, giovani e vecchi.

     Nella nostra realtà di peccato ci è permesso di poter intravvedere la libertà e la sovranità della grazia e della misericordia di Dio.

     Ecco il mistero di Dio svelato per la nostra comprensione, svelato per permetterci di comprendere che non c’è nessuna differenza di valore degli esseri umani davanti a Dio: non ci sono meriti, non ci sono culture che Dio accetta più di altre o teologie: tutti siamo rinchiusi nella nostra gabbia dorata della realtà umana nella quale viviamo la nostra condanna dalla quale il Signore ci salva.

     Questa è la grazia di Dio, questo è il mare nel quale sfocia tanto la storia di Israele quanto la storia dei pagani e di tutti i popoli della terra.

     La disobbedienza di tutti, il peccato di tutti scompare nella misericordia di Dio che abbraccia tutti. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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