Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti

Numero di telefono del presbiterio: 0121.30.28.50

Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

Tel/Fax: (+39) 0121/30.28.50

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Testo della predicazione: Giacomo 2,14-26

A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve? Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». Tu credi che c’è un solo Dio, e fai bene; anche i demoni lo credono e tremano. Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore? Abraamo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull’altare? Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa; così fu adempiuta la Scrittura che dice: «Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia»; e fu chiamato amico di Dio. Dunque vedete che l’uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto. E così Raab, la prostituta, non fu anche lei giustificata per le opere quando accolse gli inviati e li fece ripartire per un’altra strada? Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, l’autore della lettera di Giacomo non sta cercando di correggere la teologia dell’apostolo Paolo come alcuni hanno ritenuto nel passato. In effetti, noi protestanti siamo abituati a fondare la nostra teologia sulle affermazioni dell’apostolo che, in Galati 2,16, afferma:

«Sappiamo che l'uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù … perché dalle opere della legge nessuno sarà giustificato».

         In realtà, Paolo e Giacomo, nelle loro lettere, affrontano temi diversi: Paolo affronta il tema della circoncisione nelle chiese i cui membri provengono dal paganesimo e non dall’ebraismo, mentre Giacomo riflette sul rapporto tra la fede e l’obbedienza, ritenute tutte e due essenziali. Così può affermare che l’obbedienza è una conseguenza della fede, è lei che la genera, dunque la fede soltanto sarebbe inutile senza l’obbedienza alla Paola del Signore.

Testo della predicazione: Isaia 58,1-9a

Grida a piena gola, non ti trattenere, alza la tua voce come una tromba; dichiara al mio popolo le sue trasgressioni, alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Mi cercano giorno dopo giorno, prendono piacere a conoscere le mie vie, come una nazione che avesse praticato la giustizia e non avesse abbandonato la legge del suo Dio; mi domandano dei giudizi giusti, prendono piacere ad accostarsi a Dio. «Perché», dicono essi, «quando abbiamo digiunato, non ci hai visti? Quando ci siamo umiliati, non lo hai notato?». Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi fate i vostri affari ed esigete che siano fatti tutti i vostri lavori. Ecco, voi digiunate per litigare, per fare discussioni, e colpite con pugno malvagio; oggi, voi non digiunate in modo da far ascoltare la vostra voce in alto. È forse questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l’uomo si umilia? Curvare la testa come un giunco, sdraiarsi sul sacco e sulla cenere, è dunque questo ciò che chiami digiuno, giorno gradito al Signore? Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo? Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne? Allora la tua luce spunterà come l’aurora, la tua guarigione germoglierà prontamente; la tua giustizia ti precederà, la gloria del Signore sarà la tua retroguardia. Allora chiamerai e il Signore ti risponderà; griderai, ed egli dirà: «Eccomi!».

Sermone

            Cari fratelli e care sorelle, è una promessa di salvezza che il profeta Isaia annuncia e la fa in un’epoca difficile, quando il popolo è reduce dall’esilio in terra straniera, Babilonia. Il re persiano Ciro nel 538 a.C. è vincitore su Babilonia ed emana un editto che pone fine all’esilio di Israele; così comincia il ritorno in patria dei profughi esiliati, e con difficoltà, si ripopolano le campagne, comincia una lenta ricostruzione di quanto era stato distrutto e raso al suolo, anche il tempio di Gerusalemme.

         Ma le ristrettezze economiche fanno vacillare quanti hanno compiuto questo atto di fede, spesso si fermano i lavori di ricostruzione, presto entra lo scoramento e la sfiducia, lo slancio di un nuovo inizio presto si affievolisce.

         È a questa gente che Isaia parla, gente che tuttavia si rivolge a Dio, e a lui domanda quale futuro si delinea davanti a loro. Il lamento che sale a Dio è collettivo. Il popolo si rivolge a Dio nel culto, rende a Lui sacrifici, pratica diversi riti e, in particolare, il digiuno.

Ma Dio se ne sta in silenzio.

Testo della predicazione: Genesi 1,1 fino a 2,3. Passim.

«In principio Dio creò il cielo e la terra. Dio disse: «Vi sia la luce!». E apparve la luce. Dio vide che la luce era bella e separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce “Giorno” e le tenebre “Notte”. Dio disse: «Vi sia una grande volta. Divida la massa delle acque». E così avvenne. Dio chiamò la grande volta “Cielo”. Dio disse: «Siano raccolte in un sol luogo le acque che sono sotto il cielo e appaia l’asciutto». E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto “Terra” e chiamò le acque “Mare”. Dio disse: «La terra si copra di verde, produca piante con il proprio seme e ogni specie di albero da frutta. E così avvenne. Dio disse: «Vi siano luci nella volta del cielo: saranno segni per le feste, i giorni e gli anni. Risplendano nel cielo per far luce sulla terra». E così avvenne. Dio fece due grosse luci: il sole, la luna e poi anche le stelle. Dio disse: «Le acque producano animali che guizzano, e sulla terra e nel cielo volino gli uccelli». E così avvenne. E disse: «Produca la terra varie specie di animali: domestici, selvatici e quelli che strisciano». E così avvenne. Poi disse: «Facciamo gli esseri umani: siano la nostra immagine». Li benedisse con queste parole: «Siate fecondi, diventate numerosi, popolate la terra. Governatela e abbiate cura dei pesci, degli uccelli e di tutti gli animali». Dio disse: «Vi do tutte le piante con il proprio seme, e tutti gli alberi da frutta. Così avrete il vostro cibo. Dio vide che tutto quel che aveva fatto era davvero molto bello. Terminata la sua opera, Dio si riposò.»

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato il brano biblico che racconta della creazione della terra, quanto in essa è contenuto, ma anche della creazione dell’universo intero.

«In principio…». Cosa accadde prima che tutte le cose esistessero?

Dio crea!

Cosa crea Dio?

Dio crea la vita! Dio chiama, cioè, all’esistenza.

E cosa c’era prima?

Il nulla! O meglio, il caos primordiale ricordato dalle “acque” sulla cui superfice aleggiava lo Spirito di Dio, o, secondo studi recenti, un vento impetuoso. Tutto era vuoto, deserto e buio, perché non c’era vita. Non esisteva ancora la luce. Non si vedeva nulla, ma tanto non c’era nulla da vedere, proprio nulla, ma neppure c’era qualcuno che avrebbe voluto vedere qualcosa.

Ma qualcuno però c’era, chi?

Domenica, 01 Settembre 2019 10:58

Sermone di domenica 1 settembre 2019 (Salmo 24)

Testo della predicazione: Salmo 24

Del Signore è la terra con le sue ricchezze, il mondo con i suoi abitanti. Lui l’ha fissata sopra i mari, l’ha resa stabile sopra gli abissi.

Chi è degno di salire al monte del Signore? Chi entrerà nel suo santuario?

Chi ha cuore puro e mani innocenti; chi non serve la menzogna e non giura per ingannare.

Egli sarà benedetto dal Signore e accolto da Dio, suo salvatore.

Così sono quelli che lo cercano, quelli che lo vogliono incontrare: questo è il popolo di Giacobbe!

Alzate, porte, i vostri frontoni, alzatevi, porte antiche: entra il re, grande e glorioso!

Chi è questo re grande e glorioso?  È il Signore, valoroso e forte, è il Signore che vince le guerre!

Alzate, porte, i vostri frontoni, alzatevi, porte antiche: entra il re, grande e glorioso!

Chi è questo re grande e glorioso?  È il Signore, Dio dell’universo: è lui il re grande e glorioso!

Sermone

È solo da pochi anni che abbiamo visto, per la prima volta nella storia dell'umanità, il nostro pianeta dallo spazio: una sfera con più di due terzi d'acqua, terre e continenti, miliardi di persone. E sappiamo bene che questo globo può trasformarsi, in meno di un secolo, in un paesaggio spettra­le e desertico. La tecnica che abbiamo sviluppato e messo in opera ha già provocato danni che possiamo definire irreversibili o che potranno essere sanati solo dopo diverse centinaia di anni (Chernobyl), la lacerazione dello strato di ozono; l’innalzamento delle temperature, dovuto all’inquinamento dell’atmosfera, scioglie i ghiacciai (una volta detti “perenni”) e delle calotte polari provocando l’innalzamento dei mari e l’arretramento di enormi lembi di terra: a breve scompariranno molte città costiere. Siamo solo all’inizio, ma già in Puglia il mare ha coperto oltre 15 metri di terra asciutta.  E continua il processo di desertificazione del globo terre­stre, continua la distruzione del grande polmone della terra costituito dalle foreste tropicali.

Oggi non possiamo più vivere inerti davanti alla distruzione dell'ambiente in cui viviamo perché tra noi e l'ambiente c'è una interdipendenza che risulta oggi fatale: distruggere il creato significa autodistruggersi.

Testo della predicazione: Luca 6,36-42

«Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate, e non sarete giudicati; non condannate, e non sarete condannati; perdonate, e vi sarà perdonato. Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi». Poi Gesù disse loro anche una parabola: «Può un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più grande del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell’occhio tuo? Come puoi dire a tuo fratello: “Fratello, lascia che io tolga la pagliuzza che hai nell’occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nell’occhio tuo? Ipocrita, togli prima dall’occhio tuo la trave, e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello».

Sermone

            Care sorelle e cari fratelli, l’evangelista Luca colloca il discorso programmatico di Gesù, il Sermone sul Monte, non, appunto, su un Monte come fa Matteo, ma su un pianoro, perché il pianoro rappresenta il luogo della riflessione e della preghiera. L’evangelista Matteo invece, colloca il discorso di Gesù su un Monte perché raffigura il Sinai, dove Mosè ricevette le tavole della legge di Dio.

Dunque Matteo presenta Gesù come il nuovo Mosè che annuncia la nuova legge di Dio, la legge dell’amore per la quale Dio non chiede nulla in cambio e Luca presenta Gesù come Colui che permette di rasserenarci con la sua Parola che ispira la nostra meditazione e la nostra preghiera. Entrambi fanno un uso teologico della geografia.

         Il brano alla nostra attenzione ha come tema il giudizio e la giustizia: giustizia di Dio e giustizia umana.

         Gesù, in Luca, ci propone di praticare una giustizia che si fondi sulla misericordia e sul perdono. Per questo dice: «Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro con voi». Il messaggio è che nessun credente deve mai contraccambiare al comportamento dell’altro, ripagarlo con la stessa moneta. Gesù vuole insegnarci che all’odio non dobbiamo rispondere con l’odio (occhio per occhio), ma neppure dobbiamo aspettare di essere amati per contraccambiare con l’amoreperché Dio non rende male per male e bene per bene.

Testo della predicazione: Genesi 12,1-4a

Il Signore disse ad Abramo: «Va' via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va' nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra». Abramo partì come il Signore gli aveva detto.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, la Bibbia, quasi ad ogni pagina, è intrisa di argomenti relativi a persone che si pongono in cammino. Si tratta di persone migranti come Abramo nel brano di oggi, come Giacobbe che scappa dal fratello violento, che poi lascia Labano con le mogli Rachele e Lia, che andrà poi incontro al fratello Esaù per riconciliarsi, come Mosè che va via dall’Egitto, Israele stesso che attraversa il Mare e poi il deserto, e una lunga schiera di personaggi che si pongono in cammino per far visita a persone care come Maria ad Elisabetta, Gesù a Lazzaro ormai morto, persone che hanno tutte le ragioni per viaggiare come quella tanto importante che è annunciare il Vangelo di Gesù come fa l’apostolo Paolo.

Non si capisce proprio come fa la Bibbia a parlare a popoli, nazioni, chiese, religioni e persone, tutte così diverse tra loro: a persone ricche, povere, di alto e di basso rango, di culture, etnie e colore della pelle tanto disparati. Ma così è! Per la Bibbia la fede si fonda nell’accogliere e condividere le diversità di ciascuno e ciascuna di noi: che si tratti di persone con diversità abili, di persone intellettualmente agli antipodi, di persone povere e persone ricche. La Bibbia ci racchiude, tutti, in un’unica categoria: siamo tutti stranieri e pellegrini e invita tutti all’accoglienza reciproca perché tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri, come i disabili che hanno la necessità che qualcuno si prenda cura di loro, così anche noi che riteniamo di star bene e di non aver bisogno di nessuno, anche noi abbiamo bisogno attenzioni, di ascoltare e di essere ascoltati.  

Testo della predicazione: Luca 16,19-31

«C’era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e di bisso, e ogni giorno si divertiva splendidamente; e c’era un mendicante, chiamato Lazzaro, che stava alla porta di lui, pieno di ulceri, e bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; e perfino i cani venivano a leccargli le ulceri. Avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abraamo; morì anche il ricco, e fu sepolto. E nell’Ades, essendo nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abraamo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: “Padre Abraamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché sono tormentato in questa fiamma”. Ma Abraamo disse: “Figlio, ricòrdati che tu nella tua vita hai ricevuto i tuoi beni e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato. Oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di là si passi da noi”. Ed egli disse: “Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli, affinché attesti loro queste cose, e non vengano anche loro in questo luogo di tormento”. Abraamo disse: “Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli”. Ed egli: “No, padre Abraamo; ma se qualcuno dai morti va a loro, si ravvedranno”. Abraamo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita”».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, Gesù rivolge questa parabola a dei farisei che erano osservanti della legge e molto religiosi. Tuttavia si trattava di una religiosità di facciata, e Gesù li tocca nel loro punto più debole: il denaro. Essi affermavano che la loro condizione di ricchezza fosse la prova del favore di Dio, che Dio stesse dalla loro parte. I farisei si appoggiavano su quelle scritture secondo le quali il giusto prospera e il malvagio soffre: «Se ubbidisci al Signore, egli ti moltiplicherà di beni» (Deut. 28); Dio e denaro diventavano, così, indissolubilmente uniti; così anche la malattia e la povertà erano ritenuti conseguenza del peccato; infatti diceva la legge: «se non ubbidisci alla voce del Signore …non prospererai…» (Deut. 28).  

Gesù, però, contesta questa interpretazione della legge antica e separa Dio da mammona (16,13), chiedendo di scegliere tra i due. Gesù afferma che la ricchezza può avere conseguenze devastanti nel rapporto con Dio e con il prossimo, perciò Maria canta il suo Magnificat dicendo: «Ha mandato a mani vuote i ricchi» (1,53); e Gesù dirà: «Guai a voi, ricchi perché avete già la vostra consolazione» (6,24), ma ai poveri dirà: «Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati» (6,21).

Gesù capovolge quella interpretazione delle Scritture che genera ingiustizie, prepotenze, diseguaglianze e sofferenze.

Testo della predicazione: Efesini 3,14-21

«Per questo motivo piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome, affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore, e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, perché, radicati e fondati nell’amore, siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio. Or a colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo, a lui sia la gloria nella chiesa, e in Cristo Gesù, per tutte le età, nei secoli dei secoli. Amen».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, il nostro brano è una sintesi di quello che può essere la vita dei cristiani. L’autore esprime, in poche parole, un’esperienza con Dio che ha segnato la sua vita. La vera fede è vivere in comunione d’amore fraterna, reciprocamente, e con Dio. «Io piego le mie ginocchia», significa: «rivolgo a Dio la mia preghiera chiedendogli che il vostro essere credenti non sia formale, non sia solo un nome scritto su un registro di membri di chiesa, ma forti nell’animo per vivere la fede cristiana con coerenza, senza paura di ritorsioni, di ricatti, di rassegnazione al male, all’ingiustizia sociale».

L’autore biblico rivolge la sua preghiera a Dio affinché il Vangelo di Cristo e il suo messaggio sia davvero il fondamento dei credenti della chiesa di Efeso, e oggi lo dice a noi, credenti della chiesa di Luserna San Giovanni.

Testo della predicazione: Giovanni 16,23b-28. 33

In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Fino ad ora non avete chiesto nulla nel mio nome; chiedete e riceverete, affinché la vostra gioia sia completa. Vi ho detto queste cose in similitudini; l'ora viene che non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi farò conoscere il Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome; e non vi dico che io pregherò il Padre per voi; poiché il Padre stesso vi ama, perché mi avete amato e avete creduto che sono proceduto da Dio. Sono proceduto dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio il mondo, e vado al Padre. Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, il brano del Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato è inserito all'interno dei discorsi di addio che Gesù rivolge ai suoi discepoli. Gesù anticipa loro che essere credenti può anche essere una strada in salita, ma che la vita stessa può riservare prove difficili da sopportare, situazioni nelle quali diventa impossibile andare avanti e siamo tentati di cedere, di rinunciare, di tornare indietro.

Gesù insegna a pregare perché la preghiera ci rende consapevoli delle nostre fragilità, sì, ma allo stesso tempo ci impegna ad affrontare la vita e ci riempie della consapevolezza che in ogni circostanza, non siamo soli.

In particolare, Giovanni si riferisce alla difficile situazione in cui i cristiani si erano venuti a trovare all'epoca, essendo considerati pericolosi perché si rifiutavano di adorare l'Imperatore; dicevano: «Cristo è il Signore dei signori e Re dei re» anche dell'imperatore che si autodefiniva «Dominus et deus noster».

Per questo Gesù ricorda ai discepoli dicendo loro: «Nel mondo avrete tribolazione».

Testo della predicazione: Giovanni 10,11-16

Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga (e il lupo le rapisce e disperde), perché è mercenario e non si cura delle pecore. Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me, come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. Ho anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, nel Vangelo di Giovanni, Gesù si presenta come il buon pastore, generoso, che ha a cuore non tanto la lana delle sue pecore o il loro latte, non il profitto, ma la salute e il bene del suo gregge.

Gesù “Buon pastore” significa che il suo obiettivo è unicamente quello di prendersi cura del suo gregge e di ogni singola pecora, anche a costo della sua vita; anzi, egli dà perfino la sua vita per le sue pecore.

La regola per tutti gli altri pastori è salvarsi quando giunge un pericolo: quando giunge un branco di lupi o una tempesta o quando frana la montagna, tornare a casa vivi è la priorità, se poi capita che il gregge sia preda dei lupi o finisce in un dirupo a causa di una tempesta, anche questo è messo in conto dagli altri pastori.

Ma non dal “Buon pastore”: qui “buono” è, in greco, “Kalòs” cioè generoso, perfetto; egli non può permettere che il suo gregge soccomba, che sia vittima di violenza distruttiva che lo annienti. Il Buon pastore dà perfino la sua vita perché le sue pecore vivano, perché il gregge sia salvato dai lupi che rapiscono le pecore e le disperdono.

Qui, il riferimento alla morte di Gesù qui è chiaro, anzi, di più: qui è spiegato il significato della morte di Gesù: Gesù perde la sua vita per darla agli altri; Gesù perisce perché nessuno perisca più; Gesù subisce violenza perché non vi sia più violenza nel mondo; Gesù subisce lo scherno perché nessuno sia più schernito né discriminato, ma rispettato della dignità; Gesù subisce un giudizio ingiusto perché nessuno sia più giudicato a motivo del colore della sua pelle, appartenenza etnica o religione; Gesù muore solo, perché nessuno sia mai più solo; Gesù è abbandonato dai suoi perché nessuno si senta più abbandonato; Gesù non salva se stesso per salvare noi, da noi stessi, dai nostri egoismi, dalla nostra auto-distruttività.