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Domenica, 07 Dicembre 2014 23:54

Sermone di domenica 7 dicembre 2014 (Luca 21,25-33)

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Testo della predicazione: Luca 21,25-33

Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle; sulla terra, angoscia delle nazioni, spaventate dal rimbombo del mare e delle onde; gli uomini verranno meno per la paurosa attesa di quello che starà per accadere al mondo; poiché le potenze dei cieli saranno scrollate. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole con potenza e gloria grande. Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina». Disse loro una parabola: «Guardate il fico e tutti gli alberi; quando cominciano a germogliare, voi, guardando, riconoscete da voi stessi che l’estate è ormai vicina. Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità vi dico che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, l’autore biblico, oggi, ci propone un brano in cui inserisce elementi apocalittici della tradizione giudaica. Questi hanno lo scopo di dare un messaggio che abbia un impatto visivo forte, come vedere un film che desta tutta la nostra attenzione e che alza il nostro livello di emotività, perché spesso le immagini parlano più delle parole.

L’argomento è l’avvento del Regno di Dio, il Signore che torna sulla terra per regnare. E, sebbene le immagini siano, per certi versi, terrificanti, il messaggio è un messaggio di gioia e di liberazione, di speranza e di vigile attesa.

     I segni nel cielo – sole, luna, stelle – sono parte integrante del linguaggio dei profeti come Isaia e Gioele (Isaia 13,9-16; Gioele 2,10.30-32); il giorno del Signore è presentato come un avvenimento cosmico, esso rappresenta la fine di un mondo e dell'inizio di un ordine nuovo. Una promessa di Dio che comincia a realizzarsi.

     Il vecchio ordine se ne va con gran rumore, come i rantoli di una bestia che sta per morire, per lasciare spazio al nuovo mondo di Dio.

Sulla terra, gli spettatori di questo nuovo evento sono dominati dallo smarrimento: angoscia, spavento per il fragore del mare e dei flutti scatenati che non sono più «placati» dal Signore, come nel racconto della tempesta sedata di Mc 4. La paura e il timore per ciò che sta per accadere domina le persone: le potenze dei cieli saranno scrollate, squassate completamente.

Ed ecco l'evento finale, espresso con le parole del profeta Daniele (7,13): gli esseri umani, le nazioni, vedranno il Figlio dell'uomo «venire sulle nuvole».

     Per i credenti, non è un evento di cui aver paura, ma un evento di cui gioire, perciò l’evangelista riferisce: «Levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina».

Non c’è immagine più bella per definire la speranza dei credenti che alzano la testa mentre c’è chi l’abbassa a motivo della paura e dell’angoscia.

Questa bella esortazione di Gesù ai credenti è un invito alla gioia, un appello alla speranza. In mezzo all'angoscia e alla paura che attanagliano gli esseri umani e le nazioni negli ultimi tempi, i credenti sono chiamati a guardare in alto e cioè a riprendere animo, a sollevare la testa, e cioè ad aprirsi alla speranza. Perché i segni che incutono angoscia sono per loro i segni della vicinanza della liberazione.

     Apolùtrosis è una parola esclusiva che si trova solo nel Nuovo Testamento; contiene la radice di lùtron, il prezzo di riscatto, e significa liberazione mediante il pagamento di un riscatto. Ecco, qui vi è l'immagine forte della liberazione attraverso il riscatto, la liberazione di uno schiavo, di un prigioniero di guerra.

     Anche se troviamo un riferimento relativo il tempo in cui avverrà tutto ciò – «non passerà questa generazione» – tuttavia la Bibbia rifiuta sempre di stabilire il tempo dell’evento finale.

Certo, molto presto accadde che la comunità primitiva ebbe una forte ansia circa la tensione che creava l’attesa degli ultimi tempi e ha cercato di dare un termine temporale all'apparizione di Gesù nella gloria e alla venuta del Regno di Dio come qualcosa di imminente.

     Si tratta di una promessa di Dio confortante che fonda la speranza dei credenti in ogni generazione. La speranza, che riempie di significato l'attesa, non si fonda su segni fisici, né tantomeno su calcoli temporali, ma si fonda sulle parole eterne del Cristo, sulla promessa di liberazione che resta ferma e incrollabile di fronte al «passare» della terra e dei cieli.

     Gesù parla di imparare a leggere i segni dei tempi: «Quando queste cose cominceranno ad avvenire...». Quali cose? Gli sconvolgimenti profondi di cui è costellata la storia dell'umanità.

     Anche il nostro tempo è sconvolto da una crisi economica quale non si è mai vista, perché è globale. È come il frastuono di un mare in tempesta sentito non da una riva riparata, ma da una fragile imbarcazione sbattuta dalle onde. E noi siamo dentro quella imbarcazione, e il mare in tempesta fa paura anche a noi.

     Angoscia e paura sono i sentimenti dominanti nel nostro tempo; si ha paura degli immigrati, si ha paura di chi ha una religione diversa. Si innesca spesso un atteggiamento ostile nei confronti di chi è diverso per il colore della pelle, per la sua cultura, per la sua religione. Così accade che ci costruiamo una fortezza dentro la quale rifugiarci e difenderci. Ci costruiamo la nostra torre di Babele con possenti mura a difenderla, ma sarà sempre una sorta di prigione, una gabbia dorata. Restiamo prigionieri di noi stessi, delle nostre paure provocate dalla nostra barchetta nel mare in tempesta.

     Ma Gesù dice «Rialzatevi, levate il capo». State in piedi e guardate oltre voi stessi, oltre le vostre angosce, oltre ciò che vi incute paura; guardate oltre il mare in tempesta, oltre la vostra fragilità sbattuta violentemente dalle onde.

Levate il vostro capo in mezzo a tante persone che chinano il capo nella rassegnazione o pensano di ripararsi affondando la testa nelle spalle; là dove tanti sono stesi dalla furia della bufera, proprio là voi siete chiamati ad alzarvi, a levare il capo e ad aprirsi alla speranza.

Gesù non ci dice che riceveremo un riparo maggiore, ma di farci forza, quella forza che ci viene dalla consapevolezza che non siamo soli, ma ci sostiene colui che ci ricorda che la nostra liberazione è vicina.

     La liberazione di cui parla il Nuovo Testamento è la liberazione attraverso il pagamento di un riscatto.

     Ebbene, noi viviamo in un tempo che rappresenta il lungo intervallo che sta tra il pagamento del riscatto, avvenuto sulla croce di Cristo, e l'effettiva liberazione che sta per avvenire.

     Per questo possiamo vivere qualsiasi momento di crisi con un atteggiamento di forza e di apertura alla speranza.

     Ci è richiesta di dare una testimonianza in questo tempo, ci è richiesto di indicare il motivo della nostra speranza: la croce di Cristo è il «pagamento del riscatto» e la sua risurrezione è pegno della nostra liberazione.

     Non possiamo che essere riconoscenti a Dio per questo, e anche se infuria la tempesta della crisi e la paura del futuro diventa sempre più intensa, noi possiamo essere sostenuti dalla forza di Dio e dalla speranza che ci fanno levare il capo, che ci fanno andare oltre noi stessi, vedere al di là delle apparenze che mostrano tutta la crudeltà e l’atrocità della realtà umana; la speranza di Dio ci permette di vedere, già nell’oggi, che non dobbiamo temere i segni evidenti delle catastrofi, ma gli stessi segni che ci indicano un mondo nuovo nel quale Dio regnerà per sempre con la sua pace. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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