Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti

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Giovedì, 01 Gennaio 2015 17:00

Sermone di fine anno 2014

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Testo della predicazione: Luca 12,35-49

«I vostri fianchi siano cinti, e le vostre lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando tornerà dalle nozze, per aprirgli appena giungerà e busserà. Beati quei servi che il padrone, arrivando, troverà vigilanti! In verità io vi dico che egli si rimboccherà le vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. Se giungerà alla seconda o alla terza vigilia e li troverà così, beati loro! Sappiate questo, che se il padrone di casa conoscesse a che ora verrà il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi siate pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, l’anno che si conclude oggi segna anche il tempo in cui facciamo bilanci, valutazioni, stime, considerazioni circa il tempo trascorso e il valore che si è dato al tempo.

Cerchiamo di capire dove abbiamo sbagliato per non ripetere gli stessi errori, cerchiamo di vigilare sul tempo che scorre perché non passi in modo improduttivo, ma cercheremo di dare valore ad ogni giorno che passa.

Il brano biblico di oggi ci incoraggia a vigilare nell’attesa del Signore che torna. Un’attesa che la chiesa annuncia da duemila anni, ma che non si stanca di predicare perché il senso dell’attesa risiede innanzitutto nel senso che diamo alla nostra vita di oggi, del presente, in vista di un futuro che ci è promesso: il Regno di Dio.

Il Signore che attendiamo è Colui che instaurerà un Regno di giustizia e di pace, questa è la sua promessa, ma che è anche il nostro sogno di credenti che si guardano attorno e scoprono la realtà del male, della malattia, del dolore, della sofferenza, ma anche dell’ingiustizia, dell’illegalità, della corruzione.

Cosa facciamo noi di fronte a tutto ciò? Cosa facciamo mentre aspettiamo che tutto ciò finisca? Cosa facciamo mentre aspettiamo che il regno di Dio abbia il suo compimento? Quel regno che invochiamo quando preghiamo con le parole del Padre Nostro “Venga il tuo Regno”?

L’evangelista Luca è molto chiaro, ci chiede di essere vigili. Dobbiamo vigilare! Vigilare affinché la giustizia, la pace, la salvaguardia del creato siano rispettati, come i diritti umani di uomini, donne, bambini, vecchi: uomini che fuggono dalla guerra e dalla povertà; donne violate, stuprate e uccise perché donne; bambini costretti a lavorare o a impugnare delle armi e a sparare, bambine cui è negata l’istruzione, vecchi depredati e maltrattati.

Ci è chiesto di vigilare, di impegnarci, affinché l’umanità sia più umana e sempre meno disumana.

Sì, certo se ci guardiamo attorno possiamo vedere tutta la nostra impotenza, ma non certo la nostra rassegnazione: in Italia abbiamo scoperto quest’anno quanto la corruzione sia ramificata, radicata e diffusa: dagli scandali della corruzione della cosa pubblica relativa al Moses di Venezia, ma anche all’Expo di Milano, fino a Mafia Capitale. Avevamo considerato la Mafia, la ‘ndrangheta e la Camorra come realtà criminali dissociate dallo Stato. Ma è veramente terribile scoprire che perfino nello Stato ci sia una tale corruzione e cattivo esempio per i cittadini. A tal punto che il comandante del traghetto Norman Atlantic, il capitano Giacomazzi, per aver fatto semplicemente il suo dovere di comandante, coordinando l’evacuazione della nave e lasciandola per ultimo, è stato considerato un eroe. Ha fatto solo quello che è richiesto a tutti i comandati delle navi. Ma, evidentemente, altri ci hanno insegnato che non è così.

Fare il proprio dovere, questo significa vigilare: compiere il proprio dovere. Così, quando un dipendente pubblico non accetta le mazzette e le bustarelle non è un eroe, fa solo il proprio dovere, vigila sulla tentazione della corruzione.

Dunque, il 2014, è senz’altro un anno orribile da dimenticare?

Mai bisogna dimenticare, ma imparare dagli errori, perfino da ciò che ci desta disgusto ed orrore. Penso alle numerose teste tagliate dall’ISIS, filmate e caricate su Internet.

Tuttavia, vorrei prendere ad esempio due casi che ritengo importanti che ci insegnano a vigilare.

Il primo è il caso di Rahyaneh Jabbari, la donna che è stata impiccata in Iran a ottobre, condannata a morte perché ha ucciso il suo aggressore che tentava di stuprala mentre lei cercava di difendersi prendendo un coltello con il quale si è salvata la vita e dalla violenza. Rahyaneh è stata quasi sette anni in carcere, nel braccio della morte dall’età di 19 anni e, alla fine, è stata uccisa perché ritenuta colpevole di aver ucciso un uomo. È stata ritenuta una donna “leggera” perché aveva le unghie smaltate.

Rahyaneh lascia un piccolo testamento, una lettera rivolta alla madre che vi invito ad ascoltare:

«Mia dolce madre, sei la persona che mi è più cara della vita, non voglio marcire sottoterra. Non voglio che i miei occhi o il mio giovane cuore divengano polvere. Accuserò gli ispettori, il giudice e i giudici della Corte Suprema di fronte al tribunale di Dio.
Non voglio che tu ti vesta di nero per me. Fai di tutto per dimenticare i miei giorni difficili. Dammi al vento perché mi porti via.
Il mondo mi ha concesso di vivere per 19 anni. Quella orribile notte io avrei dovuto essere uccisa. Il mio corpo sarebbe stato gettato in qualche angolo della città e dopo qualche giorno la polizia ti avrebbe portata all'obitorio per identificare il mio corpo e là avresti saputo che ero anche stata stuprata. L'assassino non sarebbe mai stato trovato, dato che noi non siamo ricchi e potenti come lui.
Con quel maledetto colpo la storia è cambiata. Il mio corpo non è stato gettato da qualche parte, ma nella tomba della prigione di Evin. Ma tu sai bene che la morte non è la fine della vita. Tu mi hai insegnato che si arriva in questo mondo per fare esperienza e imparare una lezione: che ad ognuno che nasce viene messa una responsabilità sulle spalle. Ho imparato che a volte bisogna lottare.
Prega perché venga disposto che, non appena sarò stata impiccata, il mio cuore, i miei reni, i miei occhi, le mie ossa e qualunque altra cosa che possa essere trapiantata venga presa dal mio corpo e data a qualcuno che ne ha bisogno, come un dono».

Ed ora, un secondo caso, diverso, ma sempre una storia di donne. È il caso di Malala Yousafzai, ferita in un attentato in Pakistan mentre si recava a scuola. Malala è divenuta ora il simbolo mondiale della lotta delle bambine per il diritto all’istruzione.

Malala ha deciso di sostenere la campagna Because I am a Girl, (Perché sono una ragazza) un gesto simbolico di richiesta alle Nazioni Unite e ai Governi di tutto il mondo di fare dell'educazione delle bambine una priorità globale.

Per la prima volta Malala sostiene un'organizzazione non governativa mondiale che si batte per il diritto all'istruzione da quando è stata ferita in un attentato in Pakistan.

Il 12 luglio 2013, Malala ha compiuto 16 anni. Per lei e per altre 600 giovani ragazzine provenienti da tutto il mondo questo giorno è stato molto di più. Per la prima volta nella storia, dei giovani hanno simbolicamente occupato l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e Malala ha pronunciato un discorso pubblico memorabile a favore del diritto all'istruzione per tutti.

«Sono qui in piedi davanti a voi: una ragazza tra le tante, per parlare a nome di coloro che si sono battuti per i loro diritti: il diritto di vivere in pace, di essere trattati con dignità, di avere le stesse opportunità, di essere istruiti.
La pace è la condizione necessaria per l’istruzione; in molte parti del mondo, in particolare in Pakistan e Afghanistan il terrorismo e i conflitti impediscono ai bambini di andare a scuola.
In India bambini poveri sono vittime del lavoro minorile; in Nigeria molte scuole sono state distrutte; in Afghanistan le bambine sono state costrette a lavorare e a sposarsi.
Chiedo a tutti i leader politici che i diritti delle donne e dei bambini siano rispettati.
Scuole e istruzione daranno un futuro luminoso ad ogni bambino.
Dobbiamo credere nella forza delle nostre parole che possono cambiare il mondo. (...) Impegniamoci contro l’analfabetismo, la povertà e il terrorismo e prendiamo in mano le nostre penne e i nostri libri. Sono molto più potenti delle armi.

Nel 2014 a Malala viene assegnato il premio nobel per la Pace ad Oslo, era il 10 dicembre 2014. Malala ha concluso così il suo discorso a Oslo:

Cari fratelli e sorelle, dobbiamo diventare la prima generazione a decidere che è l’ultima volta che accade questo.
Le aule vuote, i bambini abbandonati, il potenziale sprecato: tutto questo deve finire con noi.
Che questa sia l’ultima volta che un ragazzo o una ragazza trascorra l’infanzia in una fabbrica.
Che questa sia l’ultima volta che una bambina venga costretta a sposarsi.
Che questa sia l’ultima volta che un bambino innocente venga ucciso in guerra.
Che questa sia l’ultima volta che una classe rimanga vuota.
Che questa sia l’ultima volta che l’Istruzione sia considerata un crimine per le ragazze, e non un diritto.
Che questa sia l’ultima volta che un bambino rimanga fuori dalla scuola.
Che questa sia l’ultima volta.
Costruiamo il finale, costruiamo un futuro migliore, proprio qui, ora.

Costruire un finale, costruire un futuro migliore, qui e ora.

Vigilare significa dunque non lasciarsi corrompere, significa rispettare dei diritti di tutti, soprattutto dei più deboli. Il Signore ci ha promesso che ritorna, ma si attende che ciascuno di noi sia vigile nell’attesa. L’attesa contiene già la promessa del suo ritorno. La nostra attesa è già riempita del Regno di Dio che attendiamo. Dobbiamo solo fare in modo che emerga, che prevalga, sul vuoto, sul deserto, sul male, sull’odio, sulla distruzione di ogni umanità. Per questo siamo chiamati a vigilare, cioè a costruire un futuro, quello nostro, quello del mondo, quello di tante persone che non hanno più speranza.

La nostra attesa sia vigile, sapendo che il Signore ci accompagna e non ci lascia soli nella costruzione del suo Regno, un Regno che ci è promesso e che verrà presto. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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