Culto domenicale:
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Domenica, 19 Aprile 2015 12:21

Sermone di domenica 19 aprile 2015 (Giovanni 10,11-16)

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Testo della predicazione: Giovanni 10, 11-16

Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga, e il lupo le rapisce e disperde. Il mercenario [si dà alla fuga perché è mercenario e] non si cura delle pecore. Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me, come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. Ho anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, cari bambini e bambine della Scuola domenicale, care monitrici, Gesù ci dice di essere per noi un buon pastore. Il pastore generoso di un gregge, un pastore che non ha a cuore la lana delle pecore o il loro latte, non il profitto che può ricavare da ogni pecora, ma il rapporto di affetto, e di amore, con ciascuna pecora, agnellino, con ciascuno di noi.

Gesù è il “Buon pastore” perché si prende cura del suo gregge, delle sue pecore anche a costo della sua vita. E sappiamo che questo è vero proprio perché Gesù è morto per noi, suo gregge.

La regola per tutti gli altri pastori è salvarsi la vita quando giunge un pericolo: per esempio quando giunge un branco di lupi e le pecore diventano una preda, o quando arriva inaspettata una tempesta o quando frana la montagna e c’è il rischio di finire in un dirupo. Per qualsiasi pastore, tornare a casa vivi è la cosa più importante.

Per Gesù è diverso: il buon pastore non può permette che le sue pecore muoiano, che siano vittima di violenza distruttiva che le schiacci. Il buon pastore dà perfino la sua vita perché le sue pecore vivano, perché il gregge sia salvato dai lupi che rapiscono le pecore e disperdono il gregge.

Ecco, qui Gesù parla della sua morte, e quale significato ha per noi la morte di Gesù: Gesù ha dato la sua vita per darla agli altri; è perito perché nessuno perisca; Gesù ha subito violenza perché non ci fosse più violenza nel mondo; ha subito lo scherno perché non ci fosse più discriminazione, ma rispetto della dignità di tutti e della loro diversità. Gesù ha subito un giudizio ingiusto perché nessuno giudichi il fratello; è morto solo, abbandonato dai suoi, perché nessuno fosse mai più solo; Gesù non ha salvato se stesso per salvare tutti.

Gesù risuscita perché tutti possiamo risuscitare e trovare in lui una speranza nuova, un futuro, un orizzonte oltre il quale non c’è la notte, ma la luce che illumina il nostro buio per diradarlo ed eliminarlo: il buio delle nostre angosce, delle nostre paure, dei nostri sgomenti, delle nostre preoccupazioni, delle nostre sofferenze.

«Io sono il buon pastore» significa che la bontà di Gesù per tutti noi, suo gregge è senza fine; significa che ciascuno di noi è amato in un modo straordinario, significa che anche noi possiamo amare e avere, con Gesù e tra di noi, un amore che ci stupisce e che non sapevamo potesse esistere in un modo così bello e grande.

Questa bella relazione con Gesù ci permette di riconoscere la sua voce che è diversa da un altro pastore che non ama il suo gregge, perché è un mercenario, pensa solo alla sua paga e non gli importa nulla della vita delle pecore. Questi pastori credono di possedere le pecore come una proprietà esclusiva, che ci rende vittime e oppressi.

Gesù dice: «Io sono il buon pastore» perché vuole parlarci, consigliarci, guidarci, nella nostra vita di ogni giorno: quando andiamo a scuola, a lavoro, con gli amici, quando dobbiamo prendere delle decisioni importanti. Gesù è per noi il buon pastore: quando ci sentiamo feriti, confusi, offesi, colpiti da ogni disgrazia, Gesù viene, ci sta vicino e guarisce la nostra anima tormentata dal dolore.

Gesù non è quel pastore che ci perseguita e ci bastona perché abbiamo sbagliato, non vuole da noi doni e opere per ripagarsi della sua bontà o per perdonarci, ma egli ci accoglie così come siamo: con le nostre debolezze, le nostre fragilità, i nostri pregi e i nostri difetti; ci accoglie sempre perché il suo amore per noi è gratis.

«Io sono il buon pastore» significa che Gesù è un modello da seguire. Gesù ci vuole bene gratuitamente, così anche i nostri rapporti con gli altri siano fondati non sul pregiudizio, non sul pettegolezzo, ma sull'amore gratuito, sulla capacità che abbiamo ricevuto di donare noi stessi agli altri, ciò che siamo e ciò che possediamo. Ecco, Gesù invita alla condivisione, così come Lui ha condiviso con noi la sua vita e le sue risorse.

Dando non sarai impoverito di nulla, ma ti sentirai onorato dal senso di ricchezza di cui sarai ricolmato ogni volta che offri qualcosa di te agli altri. Gesù è un modello da seguire perché egli viene a ricucire ciò che il nostro peccato, la nostra incapacità di amare aveva strappato. Gesù viene a restituirci il vero senso della vita.

«Io sono il buon pastore» significa Gesù è il pastore di tutti, che il rapporto con lui non esclude gli altri che sono diversi da noi perché hanno il colore delle pelle diverso, o una cultura diversa o una chiesa diversa, una etnia diversa. Per questo Gesù dice: «Io ho anche altre pecore», e questo significa che nessuno può dirsi migliore di un altro, o che qualcuno non sia degno di essere considerato un essere umano con la sua dignità e al quale si deve rispetto.

Gesù avverte che c’è sempre il pericolo di sentirsi migliori di altri, di considerarsi le sole pecore del suo gregge. Tutti gli esseri umani sono raccolti nell’unico ovile di Gesù: ovile di solidarietà, di rispetto, di comunione e di condivisione reciproca, nessuno escluso.

«Io sono il buon pastore»: Gesù non ci abbandona mai a noi stessi, ma che ci cerca, come fa con la pecora che si smarrisce e non trova la strada del ritorno. Gesù va a cercare quella pecora nel luogo della sua solitudine, nel posto dove si trova in pericolo, la prende in braccio, la porta in salvo in «verdeggianti pascoli e acque quiete». Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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