Culto domenicale:
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Domenica, 14 Giugno 2015 15:46

Sermone di domenica 14 giugno 2015 (Marco 10,13-16)

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Testo della predicazione: Marco 10,13-16

Gli presentavano dei bambini perché li toccasse; ma i discepoli sgridavano coloro che glieli presentavano. Gesù, veduto ciò, si indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano da me; non glielo vietate, perché il regno di Dio è per chi assomiglia a loro. In verità io vi dico che chiunque non avrà ricevuto il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà affatto». E, presili in braccio, li benediceva ponendo le mani su di loro.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, la Bibbia parla dei bambini come coloro a cui sono riservate le promesse del Signore, il Regno di Dio, la rivelazione stessa di Dio, la sua gloria.

L'autore del Salmo 8 che abbiamo ascoltato, scaturisce in una meditazione spontanea riconoscendo che l'espressione più grande per dare gloria a Dio è quella dei bambini che si mostrano sbalorditi e sorpresi davanti all'immensità della creazione, stupiti davanti a una minuscola formichina. Stupore che noi adulti abbiamo perduto. L’autore del Salmo chiede, quindi, al Signore quella capacità di sorprendersi ancora delle piccole cose.

Ma la Parola di Gesù va ancora oltre. Ci sono dei bambini festanti e urlanti, entusiasti, che corrono verso Gesù; i discepoli sgridano i loro genitori chiedendo loro di allontanarsi: Gesù non è qual taumaturgo o quel santone che basta toccare per ricevere miracoli. Solitamente, proprio per questo motivo, Gesù si allontanava dalla gente per stare in luoghi appartati, ma qui no, qui ci sono dei bambini, la chiusura e la superstizione dei grandi non devono penalizzare l'apertura e la fiducia dei piccoli. Così Gesù pronuncia una delle parole più belle del Nuovo Testamento: «In verità vi dico: chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino non vi entrerà».

Ogni bambino che viene al mondo, porta con sé quella fiducia di possedere il diritto di trovare, in ogni caso, attenzione e accoglienza. Per un bambino, non vale ciò che vale per gli adulti, cioè che l'altro possa essere stanco o occupato in cose più importanti. Un bambino si considera, istintivamente, la cosa più importante della terra. Quando chiama, vuole che qualcuno arrivi, e ha diritto a questa "cortesia", si ammalerebbe se nessuno rispondesse ai suoi richiami.

Quando un bimbo chiede dell'altro, ha il diritto che l'altro gli sia "accessibile". Per lui tutto il mondo è aperto e a portata di mano. Ogni bambino che viene al mondo, porta con sé questa fiducia originaria e deve poterla vivere. Per questo Gesù non si nega ai piccoli. È proprio nel senso di questa fiducia originaria che Gesù desidera che noi impariamo a considerare tutta la nostra vita in relazione a Dio. Nella visione di Gesù, Dio vuole che noi esistiamo, e la cosa che desidera di più è che noi crediamo nel suo amore.

Un bambino va amato semplicemente per il fatto che esiste; non ha ancora niente, non può ancora niente, per lui non contano le differenze sociali. Un bambino è e basta, e reclama, con tutta l'irruenza di un diritto naturale, che lo si accolga per il semplice fatto che esiste. La fiducia che ogni bambino ha verso la mamma e il papà rappresentano l'atteggiamento che noi adulti dovremmo avere nei confronti di Dio: con la stessa fiducia incondizionata, con la stessa sfacciataggine naturale, con la stessa mancanza di remore, possiamo rivolgerci a Dio, nostro padre.

Nel mondo della gente adulta è impossibile credere di essere accettati per il solo fatto di esistere; è vero invece che tutti abbiamo imparato che la simpatia e la benevolenza dell'altro dobbiamo guadagnarcele dimostrando particolari capacità e qualità. E questo atteggiamento lo trasferiamo anche nei confronti di Dio, in fondo, anche noi pensiamo che bisogna guadagnarsi il cielo, la benevolenza di Dio, il suo favore.

Gesù invece dice: «Se non diventate come questi piccoli...». Come dire: «Guardate questi piccoli, non hanno nulla, non hanno fatto nulla, non sono neppure in grado di difendersi». Proprio per questo sono beati, non hanno nulla da mettere avanti, nessuna opera da calcolare all'attivo, per essere apprezzati e accettati: sono simili alla mano vuota del mendicante.

Gesù aggiudica il Regno di Dio a quelli la cui fede è simile a questa mano vuota di mendicante, perché nessuna opera buona che rivendi un qualche diritto o merito si frapponga fra loro e Dio. Per questa ragione si parla soltanto di "ricevere" il Regno o di "entrare" in esso; non di possederlo o di guadagnarlo. È tutto gratuito, e non ci sono inganni o clausole capestro. Gesù promette ora la comunione con Dio e, in avvenire, il Regno di Dio a coloro che non hanno nulla da esibire in cambio. È la gratuità dell’amore e della grazia di Dio.

Diventare come bambini significa, dunque, non esibire nulla per essere accettati e, allo stesso tempo, non aspettarsi nulla dall'altro che meriti le nostre attenzioni, la nostra fiducia o la nostra accoglienza. Il fratello, la sorella, va accettato e accolto da noi, a lui/lei va data tutta la nostra fiducia, solo e unicamente per il fatto che sono esseri umani, figli di Dio.

È vero, questo significa correre dei rischi, significa che la nostra fiducia è esposta al rischio di essere tradita, significa che possiamo restare delusi, o addirittura feriti. E per non soffrire preferiamo mantenere distanze, alzare muri, fissare steccati fino a quando non siamo al sicuro e al riparo dai rischi.

Ma il Signore ci dice: «Se non diventate come questi piccoli...», come dire che ne vale la pena, che diventare fiduciosi, possedere ancora quella fiducia originaria dei bambini, permette una vita libera da pregiudizi, libera dall'assillo continuo di scegliere se e quando aprirsi all'altro/a; significa essere liberati dal giudizio sulla dignità dell'altro/a.

Essere amati e accolti, nella logica di Dio, è un diritto naturale. Noi l’abbiamo perduto, ma perché non re-impossessarcene e chiedere a Dio la capacità di amare tutti per il solo fatto che esistono?

Ecco, cari fratelli e sorelle, Dio ci chiede la fiducia dei bambini, la capacità di meravigliarci ancora di ciò che ci circonda, delle esperienze che facciamo, degli incontro e delle relazioni che stringiamo, dei ponti che gettiamo verso coloro che prima ritenevamo lontani dalla nostra sensibilità.

Gesù ci chiede di guardare con gli occhi dei piccoli, occhi che non valutano attraverso criteri legati ai meriti dell'altro/a. Dio ci ama per quello che siamo, per il solo fatto che di esistere: impariamo ad aver fiducia in Dio, nel suo amore che ci accoglie non a partire dalle nostre qualità, ma per il solo fatto che siamo creature.

Impariamo a vivere in questa fiducia incondizionata di Dio osservando ogni giorno lo sguardo di stupore dei nostri bambini e scopriremo anche noi l’amore soverchiante di Dio per ognuno. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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