Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti
Numero di telefono del presbiterio: 0121.30.28.50
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Testo della predicazione: Luca 6,36-42
Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate, e non sarete giudicati; non condannate, e non sarete condannati; perdonate, e vi sarà perdonato. Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi». Poi disse loro anche una parabola: «Può un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più grande del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell’occhio tuo? Come puoi dire a tuo fratello: “Fratello, lascia che io tolga la pagliuzza che hai nell’occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nell’occhio tuo? Ipocrita, togli prima dall'occhio tuo la trave, e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello.
Sermone
Care sorelle e cari fratelli, l’evangelista Luca, a differenza di Matteo, preferisce far pronunciare a Gesù il suo discorso programmatico, non sul Monte, ma su un pianoro, nel luogo, cioè, della riflessione e della preghiera. In Matteo, si sottolinea, invece, il Monte che raffigura il Sinai, dove Mosè ricevette la legge di Dio, dunque Gesù è, per Matteo, il nuovo Mosè che annuncia la nuova legge di Dio, la legge dell’amore che non chiede nulla in cambio. Entrambi fanno un uso teologico della geografia.
Il brano alla nostra attenzione ha come tema il giudizio. Il giudizio contiene in sé il tema della giustizia: quella di Dio e quella umana; tanto diverse tra loro che, talvolta, ancora oggi, facciamo fatica ad averne una corretta comprensione.
L’evangelista Luca propone ai suoi ascoltatori di praticare una giustizia che affonda le radici nella misericordia e nel perdono. Per questo dice: «Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro».
L’evangelista afferma che nessun discepolo di Gesù deve contraccambiare al comportamento dell’altro. Cioè, non devi risponde all’odio con l’odio e all’amore con l’amore perché Dio non rende male per male e bene per bene; Dio è buono verso tutti, verso «gli ingrati e i malvagi» (v. 35), Dio «fa piover sui giusti e sugli ingiusti» (Mt. 5,45). La grazia di Dio non si fonda sui meriti delle persone, ma è pura bontà gratuita, amore autentico che non è determinato dai meriti di chi lo riceve, Dio ama a prescindere dal valore delle persone.
È difficile da capire e da accettare l’imparzialità di Dio nei confronti di tutti, imparzialità che noi consideriamo, il più delle volte, ingiusta: come può accadere che un lavoratore della vigna, chiamato fin dall’alba, percepisca la stessa paga di chi ha lavorato solo un’ora? E cosa c’è di giusto nell’organizzare una festa per un figlio che ha sperperato la metà dei beni del padre? Il fratello maggiore riceve una risposta singolare dal padre: «Vedi tu di mal occhio che io sia buono?».
Qui, per noi, la disponibilità di Dio è un problema, Dio dovrebbe negarsi in certe situazioni, invece egli agisce con favore verso coloro che non meritano il suo favore e le sue attenzioni. Talvolta il trattamento misericordioso di Dio ci appare esagerato, a noi sembra che la giustizia rimanga incompiuta e così preferiamo gestirla noi, la prendiamo nelle nostre mani.
Ma questa giustizia di Dio appare incompiuta solo agli occhi di chi non si trova a proprio agio in un Regno dove i posti sono assegnati ai dissipatori di beni, e dove gli esattori delle tasse, i peccatori e le prostitute sono benvenuti a tavola.
Perciò Gesù dice «Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro». I discepoli di Gesù non sono chiamati a giudicare né a condannare, ma ad accogliere l’altro con le sue fragilità, e le sue incapacità, con i suoi difetti. Anzi, Gesù dice con forza che non è con il giudizio e la condanna che si attua la giustizia, perché la giustizia di Dio è la sua misericordia. Essere giusti non significa giudicare nel modo più obiettivo possibile, ma essere misericordiosi verso il fratello e la sorella.
Mia madre mi diceva spesso: «Le persone che parlano con te male degli altri, parlano agli altri male di te».
È solo il nostro atteggiamento di misericordia verso tutti che paga veramente; per questo Gesù parla di equità: «Con la misura con cui misurate sarà misurato a voi», dunque chi tratta con misericordia riceverà misericordia, chi perdona riceve perdono: date e vi sarà dato abbondantemente: «vi sarà versata in seno buona misura pigiata, scossa, traboccante», era la grande tasca contenuta nei vestiti di allora, un capiente contenitore che non sarà sufficiente a contenere le continue benedizioni, pigiate, scosse, traboccanti che riceveranno, ogni giorno, coloro che agiscono con misericordia e bontà.
La grazia senza giustizia degenera nella permissività, ma la giustizia senza misericordia diventa crudeltà. I discepoli devono imparare ad agire imitando l’agire di Dio. Così è anche per noi.
Non è facile, perché noi viviamo comunque la nostra debolezza umana, non ci è facile uscire dal nostro senso, distorto, semplicemente umano, di giustizia e di bene. Per questo siamo chiamati a riconoscere le nostre imperfezioni e a chiedere l’aiuto di Dio per imitare il suo agire. Come dice l’apostolo Paolo: «Siate miei imitatori, come anch’io lo sono di Cristo» (I Cor. 11,1).
Perciò Gesù parla contro coloro che sono ciechi, «guide cieche di ciechi», sono coloro che credono di vedere chiaramente, di avere la padronanza dei valori e dell’etica, della morale e del buon esempio.
Gesù non ha nulla contro le loro imperfezioni, non sono le nostre imperfezioni umane che squalificano coloro che cercano di vivere concretamente l’ideale di vita di Gesù; per Gesù non è squalificante l’imperfezione umana, ma lo è la cecità verso le proprie imperfezioni, il fatto di non riconoscerle, di non accettarle. Per Gesù si tratta di una voluta incapacità di essere autocritici e onesti verso se stessi. Gesù ci chiede di accettarci come siamo.
Gesù tratta costoro con ironia, li presenta come una persona che ha una trave nel proprio occhio che cerca di aiutare un’altra persona che ha una pagliuzza nel suo occhio. Che buffo!
Spesso si tratta di persone che cercano di aiutare tutti, persone altruiste, ma si ingannano perché pensano che guardare sempre gli altri sia il modo giusto per non guardare se stessi, i propri limiti, le proprie imperfezioni.
Essere misericordiosi come lo è il Padre nostro, non è una nostra prerogativa, ma di Dio, è Dio che è così, misericordioso, non noi! Allora, Gesù ci dice che qualcosa possiamo fare, innanzitutto essere coscienti dei nostri limiti e imperfezioni, e poi porci al suo servizio come suoi strumenti, benché inadeguati.
La giustizia si attua non perché noi diventiamo giusti, ma perché lo è Dio che si serve di strumenti inadeguati come noi: la sua misericordia viene messa in atto, quando ci riconosciamo incoerenti e imperfetti; allora Dio ha il suo spazio in noi e nel mondo. Allora possiamo agire con il suo aiuto, il suo sostegno, come agisce Dio, che è misericordioso nei confronti di chi non merita misericordia; che accoglie chi se ne va per la sua strada, che riceve chi non merita ospitalità.
Per noi sono persone da respingere, lontano dalla nostra vita, fuori dalla porta, oltre i nostri confini, anche se sono in mare aperto. La nostra giustizia è fatta di punizioni, condanne, ritorsioni, allontanamenti, discriminazioni; quella di Dio è fatta di misericordia, di comprensione, di umanità, di compassione, di rispetto e tolleranza, di perdono.
Impariamo a guardare noi stessi, come ci chiede Gesù, a vedere le nostre travi nei nostri occhi, i nostri limiti, il nostro razzismo, la nostra incapacità di perdonare, di capire in profondità, per poter finalmente praticare la misericordia e il perdono che abbiamo ricevuto da Dio. Amen!
Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.
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