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Domenica, 08 Novembre 2015 14:20

Sermone di domenica 8 novembre 2015 (Matteo 6,24)

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Testo della predicazione: Matteo 6,24

«Nessuno può servire due padroni, perché odierà l’uno e amerà l’altro, o avrà riguardo per l’uno e disprezzo per l’altro. Voi non potete servire Dio e Mammona».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, a nessuno di noi piacerebbe avere un padrone, essere servi di qualcuno. Spesso i capi dell’ambiente lavorativo che si comportano da padroni sono sempre un po’ invisi, se non odiati. A volte, non sono neppure padroni dell’azienda, ma solo dei superiori a cui si deve obbedienza. Qui Gesù, addirittura, deve sottolineare con forza che nessuno deve avere due padroni, ma che ce ne basta uno solo.

Voi sapete che c’è chi dice che la poligamia nella Bibbia non è stata mai proibita e che neppure Gesù l’abbia fatto. Quando, dunque, un protestante incontrò un mormone che insisteva sul fatto che non esiste un’imposizione della monogamia nella Bibbia, il protestante rispose: «Certo che Gesù proibisce la poligamia, proprio là dove dice che un uomo non può servire due padroni».

È una battuta!

Tornando seriamente al nostro testo, dobbiamo constatare che la Bibbia non propone mai l’antitesi tra servire qualcuno oppure essere liberi; la scelta non è tra porsi al servizio di Dio, o al servizio del peccato, o per proprio conto, come se ci fosse una terra di nessuno, una zona neutrale dove collocarsi. L’apostolo Paolo è chiaro, non sono tre le scelte, ma due: servire chi conduce alla morte, e cioè il peccato, oppure servire Dio che dona la libertà: Israele, che è liberato dalla schiavitù dell’Egitto, si pone al servizio di Dio, ed ecco i Dieci comandamenti, ed ecco la Terra promessa, ma il deserto non è un luogo adatto per vivere.

Il servizio, dunque, è il nostro destino, a noi sta la scelta di chi servire. Ma la condizione del servire non è mai un peso impossibile che ci viene posto sulle spalle, è semmai conseguenza dell’amore di Dio per noi che ci offre la possibilità di amare il prossimo e amare il prossimo significa servire il prossimo: con il nostro lavoro, la nostra professionalità, le nostre competenze, la nostra sensibilità gentile, accogliente…

Dunque, per Gesù, il cuore non può essere diviso, il cuore si orienta verso ciò che è interessato, attaccato; il cuore sceglie ciò che è importante, ciò che lo fa star bene e che diventa un tesoro, che gli dà sicurezza: per quel tesoro, che sia una persona o un bene materiale, il cuore avrà riguardo.

È a questo punto che Gesù intende fare chiarezza, perché sa bene che, come esseri umani, abbiamo bisogno di certezze, di sicurezze riguardo al presente, ma anche riguardo al futuro che ci sta davanti. Gesù ci mette in guardia affinché non cadiamo nell’illusione, di credere che tutto sia a posto, che tutto sia sicuro e che siamo riparati dai pericoli. Gesù conosce la tendenza umana ad accumulare ricchezza, di mettere la propria fiducia nel proprio patrimonio, ma non soltanto di ciò che denaro, ma anche di ciò che per noi ha peso, importanza, valore.

Gesù chiama questo pericolo per nome, lo chiama “Mammona”, qualsiasi genere di ricchezza che non fa vedere oltre, al di là di essa, ma piuttosto se stessi. Ma a quale pericolo può portare Mammona?

Mammona fa leva sul nostro ego, sui nostri bisogni in modo esclusivo, bisogni che si impongono su di noi con la necessità di affermarci personalmente per la scalata del potere, piccolo o grande che sia, per pesare sulle persone o sulle loro scelte. Ma si tratta di una condizione che fa a pugni con il servizio verso il prossimo cui tutti siamo chiamati: Mammona non si pone al servizio, non è uno strumento del servizio, ma è un fine, uno scopo, Mammone conquista sempre il ruolo di protagonista, ha più peso ed è più importante di tutto il resto.

Perciò Gesù lo identifica con il denaro, il capitale, le ricchezze per i quali molte persone diventano importanti, di valore, pesano. Per Gesù, quando il denaro prende l’esclusività della nostra vita diventa idolo, diventa un dio e ci signoreggia, prende possesso di noi. E noi non ce ne siamo neppure accorti perché abbiamo sempre continuato a pregare, a leggere la Bibbia, a reputarci credenti.

Il denaro è un signore molto esigente: quando il denaro e i tesori si accumulano non per servirsene, ma per servirli, allora diventano idolo e come tale ci separa dagli altri, crea privilegiati e diseredati, differenze razziali, rivalità, lotte intestine e guerre. Provate a investigare il motivo per il quale si litiga tra fratelli della stessa famiglia!

In realtà, per Gesù, non è necessario essere ricchi e avere tanto denaro per diventarne schiavi, è anche solo il desiderio di averne che ce lo fa idolatrare; in fondo Gesù si rivolgeva anche ai suoi discepoli che, pure, avevano lasciato tutto per seguirlo, ma non erano immuni dal pericolo.

Gesù riconosce invece che tutto ciò che abbiamo non è mai un nostro possesso, ma tutto è di Dio, noi siamo solo amministratori di tutto questo patrimonio, dobbiamo solo avere cura di amministrarlo per il bene di tutti e non esclusivamente per il proprio bene, escludendo, appunto, gli altri. Amministrare fedelmente ogni bene ricevuto significa servire Dio, il prossimo, nell’amore che abbiamo ricevuto; è questo il dovere a cui tutti i discepoli sono chiamati sia ricchi che poveri.

I beni materiali vanno e vengono, non sono certo il bene supremo, mentre c’è qualcosa che rimane sempre come bene supremo e certezza della nostra esistenza: Dio e il suo amore per noi; noi con il nostro servizio a Dio e al prossimo.

Ecco, dunque, una domanda importante: è possibile servirsi del denaro senza servilo?

In effetti, Gesù non dice che il denaro vada soppresso o eliminato, perché può essere un utile strumento di scambio di valori e di servizi. Quindi è possibile servirsi del denaro senza che diventi un idolo, senza che ne diventiamo schiavi. Tuttavia, Gesù ci avverte che mai dobbiamo minimizzarne il pericolo, ci mette in guardia circa la nostra capacità di padroneggiare il denaro con facilità, ci avverte, invece, che è davvero facile diventarne, inavvertitamente, schiavi; ci avverte che è facile cadere nei desideri dell’avere, mentre dichiara che servire Dio e amare il prossimo è sempre la strada giusta per allontanarci da una schiavitù rivolta verso noi stessi, i beni materiali, il denaro, Mammona.

Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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