Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti

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Domenica, 29 Novembre 2015 22:40

Sermone di domenica 29 novembre 2015 (II Samuele 13,1-22)

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Testo della predicazione: II Samuele 13,1-22

Absalom, figlio di Davide, aveva una sorella di nome Tamar, che era bella; Amnon se ne innamorò. Si appassionò a tal punto per Tamar da diventarne malato; perché lei era vergine e gli era difficile fare qualche tentativo con lei. Amnon aveva un amico, Ionadab, un uomo molto accorto. Questi gli disse: «Come mai tu, figlio del re, sei ogni giorno più deperito? Non me lo vuoi dire?» Amnon gli rispose: «Sono innamorato di Tamar». Ionadab allora gli disse: «Mettiti a letto e fingiti malato. Quando tuo padre verrà a vederti digli: "Fa', ti prego, che mia sorella Tamar venga a darmi da mangiare e a prepararmi del cibo». Amnon dunque si mise a letto e si finse ammalato; e quando il re lo venne a vedere, Amnon gli disse: «Fa', ti prego, che mia sorella Tamar venga e prepari un paio di frittelle davanti a me». Allora Davide mandò a dire a Tamar: «Va' a casa di Amnon, e preparagli qualcosa da mangiare». Tamar andò a casa di Amnon, preparò delle frittelle e le fece cuocere davanti a lui. Poi gli servì le frittelle. Ma mentre gliele porgeva perché mangiasse, egli l'afferrò e le disse: «Vieni a unirti a me, sorella mia». Lei gli rispose: «No, fratello mio, non farmi violenza; questo non si fa in Israele; non commettere una tale infamia! Dove potrei andare piena di vergogna? Parlane piuttosto al re, egli non ti rifiuterà il permesso di sposarmi». Ma egli non volle darle ascolto e la violentò. Poi Amnon ebbe verso di lei un odio fortissimo; a tal punto che l'odio per lei fu maggiore dell'amore di cui l'aveva amata prima. Le disse: «Àlzati, vattene!» Lei gli rispose: «Non mi fare, cacciandomi, un torto maggiore di quello che mi hai già fatto». Ma egli non volle darle ascolto. Anzi, chiamato il servo che lo assisteva, gli disse: «Caccia via da me costei e chiudile dietro la porta!» Il servo la mise fuori e le chiuse la porta dietro. E Tamar si sparse della cenere sulla testa, si stracciò di dosso la tunica con le maniche e mettendosi la mano sul capo, se ne andò gridando. Absalom, suo fratello, le disse: «Forse che Amnon, tuo fratello, è stato con te? Per ora taci, sorella mia; egli è tuo fratello; non tormentarti per questo». Tamar, desolata, rimase in casa di Absalom, suo fratello. Il re Davide udì tutte queste cose e si adirò molto. Absalom non disse una parola ad Amnon né in bene né in male; perché odiava Amnon per la violenza che aveva fatta a Tamar, sua sorella.

Meditazione di Lidia Maggi - tratta da: Le donne di Dio - Claudiana

È una storia come tante altre, quella di Tamar.
Una vicenda co­mune a molte vittime innocenti, vite segnate per sempre dallo stu­pro e dal disprezzo.
Gli abusi domestici sono tra le violenze più terribili, perché av­vengono proprio nei contesti dove i più deboli dovrebbero essere tutelati, protetti e amati. Abusare di un familiare significa tradire un rapporto intimo di fiducia, approfittare della vulnerabilità del­la persona per i propri fini malvagi e scardinare per sempre la sti­ma necessaria per affrontare la vita.

Piccola principessa violata, sapevi che non sarebbe bastato il tuo status regale a proteggerti? Sapevi che il pericolo più grande, il nemico da temere, non veniva dall'esterno ma abitava con te, aveva il tuo stesso sangue, era parte della tua stessa genealogia?

Tuo fratello, Tamar, tuo fratello! Si era invaghito di te, di una passione insana, un'ossessione malata. Amnon, il primogenito del re, l'erede al trono, per te rifiutava il cibo. Di te aveva fatto la sua malattia. Possibile che nessuno in casa notasse quanto stava acca­dendo?

«Sono innamorato di Tamar, la sorella di mio fratello Assalonne» (II Sam. 13,4), aveva confessato al cugino Jonadab. Fu que­st'ultimo a suggerirgli quel folle piano: «Mettiti a letto e fingiti malato. Quando tuo padre verrà a trovarti digli: se venisse mia so­rella Tamar a farmi da mangiare e vedessi con i miei occhi quel che prepara, mangerei volentieri il cibo dalle sue mani» (v. 6).

Tuo padre, il re, venuto a conoscenza dello stupro, si è molto indignato senza però intervenire. Ma come ha potuto essere così cieco, non accorgersi di quella passione perversa, dell'ambiguità della richiesta fatta, che tu e solo tu cucinassi e lo nutrissi con le tue mani?

Il re ti ha «consegnato» al tuo carnefice, quando ti ha ordinato di andare ad accudire tuo fratello malato. Anche lui è responsabi­le: non ti ha protetta come avrebbe dovuto.

Questa storia squallida sarebbe rimasta nascosta, sepolta nei segreti di famiglia, se tu non avessi urlato il tuo dolore, strap­pandoti le vesti e reclamando visibilità. Il narratore biblico, e con lui Israele, ha osato rompere il silenzio, raccogliendo la tua storia e denunciando l'abuso subito. Tu, invece, non hai potuto narrare la tua vicenda. Sei stata condannata al silenzio e alla de­solazione, relegata in casa di Absalom, figlio della tua stessa ma­dre. Anche lui ha abusato di te quando ti ha costretta a tacere e ha usato la tua tragedia come pretesto per uccidere il primoge­nito tanto odiato.

La tua storia, tuttavia, è giunta ugualmente fino a noi. La co­scienza di Israele ha osato raccontare, fare memoria. Non c'erano testimoni nella camera dove avvenne l'abuso: sei stata lasciata sola nelle mani del tuo aguzzino.

Ma la voce narrante di Israele forza i lettori di ogni generazione a entrare in quella stanza. E il corag­gio della Bibbia, la quale racconta e riflette anche sulle ombre di una storia della salvezza che troppo spesso appare irredenta. Il narratore dà così, voce alle grida inascoltate e conduce nel luogo dove la vittima è stata lasciata sola.

Piccola principessa violata, chi legge è forzato ad ascoltare come Amnon ti abbia afferrata, come ti abbia chiesto di giacere con lui. Insieme udiamo la tua voce saggia. Lo esorti a non com­mettere un'infamia così grande. Suggerisci anche una soluzione pratica: che lui ti chieda in sposa. All'erede al trono non si nega nulla! Ma lui non ti ascolta, è più forte di te e ti afferra; poi… la lot­ta: lui ti butta sul letto e ti stupra.

Siamo ancora lì, in quella stanza, costretti a osservare come tuo fratello, dopo averti violentata, ti abbia scacciata. Prova ora un odio più forte della passione che prima l'aveva mosso. Ora ricevi da lui disprezzo e disgusto, piccola principessa violata. Ancora una volta udiamo le tue sagge parole. Gli chiedi di non aggravare ulteriormente la situazione, cacciandoti e facendoti un torto maggiore di quello già subito. Lui, per tutta risposta, chiama un servo e ti sbatte fuori.

La violenza subita da Dina, figlia di Isacco, violentata dal prin­cipe Sikem, non arrivò a tanto. Dopo l'abuso, Sikem scoprì di amarla e cercò in tutti i modi di riparare al torto commesso, chie­dendola in sposa e cercando le giuste parole per parlare al cuore ferito della giovane vittima.

Tu, invece, hai conosciuto il disprezzo; sei stata usata e gettata via.

Piccola principessa violata, eccoti urlante nei corridoi regali.

«E Tamar si strappò la tunica, si sparse polvere sul capo, e con le mani nei capelli andò via urlando» (v. 20).

Il tuo grido oggi giunge fino a noi, e dà voce a tante altre grida di vittime innocenti abusate, umiliate, disprezzate nel segreto del­le mura domestiche. La fede di Israele fa memoria delle tue paro­le, della tua storia per denunciare e condannare gli abusi in fami­glia, anche se questi dovessero riguardare i potenti: i prìncipi e il re.

Meno coraggiose sono state le chiese. Non hanno denunciato con altrettanto vigore gli abusi sessuali. Si sono comportate piut­tosto come Davide, Assalonne, Amnon, tutti uniti in un assordan­te silenzio. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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