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Domenica, 08 Maggio 2016 12:22

Sermone di domenica 8 maggio 2016 (Giovanni 15,26-16,4)

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Testo della predicazione: Giovanni 15, 26 - 16,4

«Quando sarà venuto il Consolatore, che io vi manderò da parte del Pa­dre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli testi­monierà di me e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal princi­pio.
Io vi ho detto queste cose affinché non siate scandalizzati. Vi espelleran­no dalle sinagoghe; anzi l’ora viene che chiunque vi uccide­rà crederà di offri­re un servizio a Dio. E faranno questo perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose affinché quando sia giunta l’ora in cui avverranno, vi ricordiate che ve l’ho dette»
.

Sermone

Il brano del vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato, fa parte di un discorso che Gesù rivolge ai suoi di­scepoli. L’argomento è quello dell’«odio del mondo», verso i credenti, i cristiani dell’epoca.

Volendo, possiamo dare anche un’occhiata al contesto del nostro brano e scopriamo subito che, pochi versetti prima, Gesù contrappone a questo brano che parla di odio, l’amore: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi». Appare chiaro il dualismo di Giovanni: da una parte c’è l’amore, che tiene viva la comuni­tà dei cre­denti, e dall’altra l’odio di coloro che non credono in Cristo; da una parte la luce, dall’altra le tenebre. La luce splende nelle tenebre, così come l’amore ama in un mondo d’odio.

Eppure Gesù aveva detto: «conosceranno che siete miei discepoli se avete amore gli uni per gli altri», cioè che la testimonianza dell’a­more porterà i non credenti verso Cristo. Ma nel testo che abbiamo udito sembra invece che l’amore dei discepoli non faccia che inasprire l’odio dei non cre­denti verso la comunità dei cre­denti. Come si spiega questa contraddizione biblica?

Per capire meglio le parole di Gesù è necessario aprire uno squar­cio nella situazione della chiesa al tempo in cui l’evangelista Gio­vanni scrive. Egli ha davanti a sé una realtà concreta, una situa­zione particolare che la comunità dei credenti stava attraversando. Una situazione di persecuzione, di odio, di violenza. Certamente molto difficile da sopportare.

     «Dov’è il Regno di Dio annunziato e promesso? Dov’è quel regno di pace, di giusti­zia, di solidarietà, d’amore?», questa e altre domande simili i credenti cominciava­no a porsi! Essi attendevano che nel mondo irrompesse della pace, della felicità, della giustizia di Dio, invece incontrarono la guerra con il mondo. La fede dei più era scossa!

A questa comunità provata si rivolge l’evangelista e le annuncia che Gesù aveva previsto gli avvenimenti che ora la comunità attra­versava. Egli ricorda che Gesù aveva parlato di persecuzioni e che è inevitabile che esse avvengano a causa dell’atteggiamento naturale del mondo che è quello di ribellione contro Dio. Non bisogna vacillare nella fede, né scandalizzarsi, ma essere forti e avere fiducia in Gesù che rende la fede salda.

«Se il mondo vi odia - disse Gesù - sapete bene che prima di voi ha odiato me».

Questo discorso, però, può portare alla rassegnazione, alla rinuncia, all’arresa.

L’evangelista Giovanni però non ci invita a rassegnarci. Anzi, ci chiede di reagire e a non lasciarci tra­volgere dalla prova.

Ma dove possiamo trovare tanta forza e coraggio per non soccombere o arrenderci?

Gesù era consapevole che, neppure per i credenti, la vita sarebbe stata “rose e fiori”, anzi, spesso il loro cammino sarebbe stato davvero arduo e faticoso. Perciò Gesù ha parlato di un sostegno e di un difensore che avrebbe inviato in soccorso dei credenti: lo Spirito di verità. Si tratta di un intercessore, di un avvocato, un difensore che sta dalla parte dei credenti, proprio quando le difficoltà sono maggiori.

Dopo la morte di Gesù, i discepoli non dovranno restare orfani del loro maestro, ma con il dono dello Spirito potranno essere sostenuti nella vita e nella testimonianza. Anzi, sarà lo Spirito stesso che testimonierà attraverso di loro. La testimonianza dei di­scepoli sarà vana e vuota senza lo Spirito. Per questo Gesù, prima di salire al Padre, disse: «Riceverete forza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e allora mi sarete testimoni...» (Atti 1,8).

Lo Spirito manda dunque i discepoli a testimoniare, manda noi, la Chiesa che siamo, al seguito di Cristo, del suo insegnamento, della sua Parola. Oggi come allora la promessa di Gesù si compie: la Chiesa non è sola nella sua testimonianza, lo Spirito dà la Parola di Cristo a chi lo te­stimonia con parole e con atti concreti. È questa la cosa più importante: l’azione dello Spirito muove e guida le azioni dei credenti.

Ma qual è la testimonianza dello Spirito Santo?

La sua testimonianza è quella di rendere evidente Cristo, l’amore di Cristo nel mondo. È la testimo­nianza stessa della chiesa. L’azione della comunità cristiana è quella di portare Cristo nella società umana, là dove è be­stemmiato con l’ingiustizia, con la violenza, il compromesso, la discriminazione, i respingimenti di esseri umani disperati, con l’ideologia della guerra.

L’azione della comunità cristiana è quella di portare Cristo e il suo amore attraverso gesti concreti di solidarietà, cura, rispetto, condivisione ed è quello che facciamo con la nostra diaconia leggera o pensante, ma anche diaconia personale, di singoli, come volontari o come dipendenti. Perdere il senso della testimonianza dello Spirito nella diaconia significherebbe perdere il dono dello Spirito e non sarà più possibile rendere evidente l’amore di Cristo per l’umanità. 

La presenza dello Spirito che Gesù promette significa che non dobbiamo arrenderci quando saremo stanchi, quando la testimonianza diventa faticosa, impegnativa, pesante; quando i conti non tornano, quando i problemi sembrano diventare più grandi delle nostre forze: appunto, la nostra forza non siamo noi stessi, ma la nostra forza è lo Spirito che Gesù ci promette. Credere in questa promessa significa non arrendersi, mai.

“Lo Spirito testimonierà di me e anche voi mi renderete testimonianza”: per Gesù non è contemplata la possibilità di tirarsi indietro e di rinunciare, c’è invece l’indicazione di proseguire; sì certo, con fatica, ma senza la paura di restare mai soli, di sentirsi abbandonati e senza forze. Questo ci dice Gesù con la sua promessa dello Spirito: ci sarà data la forza e il coraggio di rendere evidente, nella nostra realtà umana, l’amore di Cristo che rende sostenibile e gioiosa la vita nonostante malattie, sofferenze, vecchiezza e prove. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

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