Culto domenicale:
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Domenica, 30 Ottobre 2016 14:15

Sermone di domenica 30 ottobre 2016 - Domenica della Riforma (Romani 3,21-28)

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Testo della predicazione: Romani 3,21-28

Ora però, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di Dio, della quale danno testimonianza la legge e i profeti: vale a dire la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo, per tutti coloro che credono - infatti non c'è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio - ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, al tempo della sua divina pazienza; e per dimostrare la sua giustizia nel tempo presente affinché egli sia giusto e giustifichi colui che ha fede in Gesù. Dov'è dunque il vanto? Esso è escluso. Per quale legge? Delle opere? No, ma per la legge della fede; poiché riteniamo che l'uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge

Sermone

     Care sorelle e cari fratelli, la Riforma protestante del ‘500 ha sottolineato questa parola dell’apostolo Paolo: «Siamo giustificati gratuitamente per la Grazia di Dio mediante la fede».

     La grazia è quindi il presupposto della nostra salvezza, ne è il fondamento, il fulcro attorno a cui ruota l’esistenza umana. Ma dobbiamo domandarci che cosa è questa grazia di cui parla l’apostolo! La chiesa dell’epoca, certo non escludeva la grazia di Dio, ma escludeva la gratuità della grazia di Dio. La grazia andava, dunque, comprata, anche attraverso le indulgenze.

     E tutti abbiamo bisogno della grazia perché essa è donata a chi ha subìto una condanna, ciò vuol dire che tutti siamo rinchiusi nella condanna dovuta al nostro peccato, come scrive l’apostolo Paolo: «Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per far misericordia a tutti» (Rom. 11,32). Nessuna differenza quindi, ma tutti “uno in Cristo” (Gal. 3,28), nessuna religione, nessuna confessione religiosa, nessun peccato, nessuna condizione umana, possono diminuire la grazia di Dio.

     Per noi protestanti, la grazia è, dunque, il punto di partenza di un cammino di fede, non il punto di arri­vo, non la meta, non il nostro obiettivo. Non accade che dopo una serie di buone opere arriviamo a guadagnarci l’agognata grazia, dopo una serie di sacrifici e di rinunce riusciamo a meritarci quella grazia che ci porta in salvo. Al contrario, consapevoli che la grazia è solo un dono di Dio, che ci è data senza averla meritata, possiamo incamminarci portando i frutti che la grazia produce in noi.

     Ma com’è questa cosa, che il Paradiso non bisogna meritarlo? Che non va suda­to con duri sacrifici? Anche se umanamente funziona così per tutte le cose, la logica di Dio no, e segue criteri diversi dai nostri.

     Grazia vuol dire, appunto, dono gratuito, non meritato, perché diversamente diventa baratto, scambio, acquisto.

     La grazia è quella per la quale Gesù ha dato la sua vita, affinché l’umanità potesse avere la possibilità di riscatto dal proprio peccato, dalla paura della punizione; l’opportunità di scoprire l’amore di Dio.

     Il pastore Dietrich Bonhoeffer definiva due modi diversi per vivere la grazia: grazia a buon prezzo e grazia a caro prezzo.

     La grazia a buon prezzo è intesa come principio: “siamo salvati per grazia”. Qui la gente vede cancellati, a poco prezzo, i peccati di cui non si pente e dai quali tanto meno vuole essere liberata. Grazia a buon prezzo è perdono senza pentimento, è giustificazione del peccato piuttosto che del pecca­tore; è quella che ci permette di auto-assolverci; è quella grazia che noi concediamo a noi stessi. Grazia a buon prezzo è grazia senza seguire Cristo, è grazia senza la croce di Cristo, è quella di chi dice: «lo faccio perché tanto lo fanno tutti».

     Grazia a caro prezzo, invece, è il tesoro nascosto nel campo, per amore del quale l’uomo va e vende tutto ciò che ha, e con gioia compra tutto il campo; è quella perla preziosa che, per acquistarla, il commerciante dà tutti i suoi beni; grazia a caro prezzo è la chiamata di Gesù che spinge il discepo­lo a lasciare le sue reti e a seguirlo. È cara perché condanna il peccato, è grazia perché perdona il peccatore. È cara perché è costata cara a Dio che ha preferito rinunciare a se stesso e diventare un uomo, la cui vita gli è costata cara: il prezzo della croce. Per questo l’aposto­lo Paolo può dire: “Siete stati comperati a caro prezzo” (I Cor. 6,23).

La grazia è, dunque, a caro prezzo perché è costata la morte di Gesù, e Gesù ci invita a seguirlo, a essere suoi discepoli, cioè a imparare da lui quanto Dio ci ama e a saperlo dire agli altri: è tutta qui la scoperta dell’Evangelo, è scoprire l’amore di Dio, viverlo e donarlo.

Possiamo parlare di grazia perché Gesù dice «Il mio giogo è dolce e il mio peso è leggero». La grazia ti invita ad agire, ad andare incontro al prossimo, a seguire Gesù. Ecco il segreto del Vangelo della Riforma, per questo Lutero nelle sue 95 tesi contro le indulgenze diceva: «Vero tesoro della Chiesa di Cristo è il sacrosanto Vangelo, gloria e grazia di Dio» (Tesi 62), ecco il segreto della giustizia di Dio, è quella di rendere giusto il peccatore con il suo perdono, un perdono che ci invita a perdonare; con il suo amore, che ci invita ad amare; egli ci riconcilia a sé e ci invita  a riconciliarci con gli altri, ci invita alla solidarietà; per questo Lutero parlava della gra­zia, ma anche dell’obbedienza e del discepolato.

     La grazia è una possibilità nuova che si apre davanti a noi: è la possibilità di dare un senso alla nostra vita; perché il risultato della vera grazia di Dio sarà un cammino sulla via della giustizia, della pace, della solidarietà, della fraternità, della comunione, della condivisione, del­l’amore concreto verso coloro che incontreremo lungo la nostra strada. Grazia significa vivere per realizzare non noi stessi, ma l’amore di Dio per tutti.

     E c’è di più: per i più grandi sostenitori del fare, la grazia ci libera anche dalla nostra ansia da prestazione, ci libera dall’essere all’altezza, efficienti, capaci in ogni cosa.

Infatti, grazia significa capacità di affidare a Dio la nostra pochezza; significa permettere a Dio di agire e realizzare dei cambiamenti che tanto aborriamo perché ci danno insicurezza.

Dunque, la Grazia ci insegna a guardare oltre noi stessi, essa non è auto-referenziale; la grazia ci dà la capacità di guardare con altri occhi, quelli della fede e della speranza.

Sì, perché la grazia ci inserisce all’interno di un orizzonte nuovo e ci permette di fare l’esperienza di un amore che non guarda gli altri a partire dalle loro differenze, ma pone tutti sullo stesso piano, senza distinzioni dovute al sesso, al genere, all’etnia, al colore della pelle, alle inclinazioni affettive.

     La grazia di Dio ci restituisce a noi stessi, alla nostra umanità, al nostro essere figli e figlie di Dio.

La grazia ci impegna a vivere una vita attiva e partecipe. Ogni giorno siamo chiamati ad accettare le sfide che la grazia di Dio ci presenta: la possibilità, sempre nuova, di offrire gratuitamente, senza nulla in cambio, quello siamo per grazia di Dio: l’amore che abbiamo ricevuto e la proposta di libertà che rompe le catene dell’egoismo del mondo e permette a tutti di essere più fraterni, solidali, umani.

Ecco questo è l’evangelo della grazia che la Riforma 500 anni fa ha voluto predicare e annunciare con forza. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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