Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti

Numero di telefono del presbiterio: 0121.30.28.50

Martedì, 13 Dicembre 2016 23:49

Sermone di domenica 11 dicembre 2016 (Genesi 19,1-11)

Scritto da

Testo della predicazione: Genesi 19,1-11

I due angeli giunsero a Sodoma verso sera. Lot stava seduto alla porta di Sodoma; come li vide, si alzò per andare loro incontro, si prostrò con la faccia a terra, e disse: «Signori miei, vi prego, venite in casa del vostro servo, fermatevi questa notte, e lavatevi i piedi; poi domattina vi alzerete per tempo e continuerete il vostro cammino». Essi risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». Ma egli fece loro tanta premura, che andarono da lui ed entrarono in casa sua. Egli preparò per loro un rinfresco, fece cuocere dei pani senza lievito ed essi mangiarono. Ma prima che si fossero coricati, gli uomini della città, i Sodomiti, circondarono la casa: giovani e vecchi, la popolazione intera venuta da ogni lato. Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono venuti da te questa notte? Falli uscire, perché vogliamo abusare di loro». Lot uscì verso di loro sull'ingresso della casa, si chiuse dietro la porta, e disse: «Vi prego, fratelli miei, non fate questo male! Ecco, ho due figlie che non hanno conosciuto uomo: lasciate che io ve le conduca fuori, e voi farete di loro quel che vi piacerà; ma non fate nulla a questi uomini, perché sono venuti all'ombra del mio tetto». Essi però gli dissero: «Togliti di mezzo!» E ancora: «Quest'individuo è venuto qua come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a quelli!» E, premendo Lot con violenza, s'avvicinarono per sfondare la porta. Ma quegli uomini stesero la mano, tirarono Lot in casa con loro e chiusero la porta. Colpirono di cecità la gente che era alla porta della casa, dal più piccolo al più grande, così che si stancarono di cercare la porta.

Sermone

Il testo biblico, al capitolo che precede il nostro brano, ci dice che gli abitanti di Sodoma erano persone violente e brutali; era cioè una società che si opponeva a Dio e al suo progetto di fraternità, di accoglienza, ospitalità dichiarato fin dal primo capitolo della Genesi. I profeti Isaia e Zaccaria parleranno di quella città come di luogo in cui si praticava l’ingiustizia e la corruzione; gli abitanti peccavano d’orgoglio e d’indolenza; erano indifferenti verso i bisognosi.

Avevano cioè trasformato quella che doveva essere l’immagine di Dio in noi, in qualcosa di diabolico, malvagio e spietato. 

Il mondo, di nuovo, come ai tempi di Noè, si dirigeva verso la sua autodistruzione. Il testo biblico, al capitolo precedente, riporta una vivace discussione tra Abramo e Dio, nella quale Dio stesso dichiara di voler distruggere la città di Sodoma ma che, per amore di uno sparuto numero di persone giuste, 10 persone, non l’avrebbe fatto.

Non si troveranno neppure 10 persone giuste a Sodoma, perciò le sorti della città erano segnate.

Qui, risulta chiaro lo scopo dell’autore biblico, egli vuole descrivere la severità del giudizio che Dio può pronunciare sul mondo: fuoco e zolfo pioveranno sulla città. Il senso è allegorico, il linguaggio è descrittivo e serve per farci provare un momento molto drammatico, profondamente ed emotivamente forte.

Ai lettori poteva sembrare esagerata l’interpretazione che la Bibbia dava sull’aggressività degli abitanti di Sodoma, come assurda poteva sembrare la sorte della città. Dunque, l’autore del brano riporta un esempio di vita quotidiana che avrebbe permesso al lettore, e a noi oggi, di capire meglio.

Partiamo dal personaggio principale: Lot. È uno straniero che abita a Sodoma con la moglie e le due figlie. Una sera, accoglie delle persone straniere, le ospita a casa sua secondo le regole dell’ospitalità.

A quel tempo, l’ospitalità era sacra, lo si dice ancora oggi: “l’ospite è sacro”, perché? Perché nell’antica Grecia, si pensava che gli dèi potessero assumere sembianze umane cercando ospitalità. Ecco perché tutti gli ospiti erano ritenuti sacri.

Tuttavia, secondo la Bibbia, ospitare un viandante era necessario perché, diversamente, sarebbe stato esposto ai pericoli del freddo della notte e dei predoni, ma anche perché il mondo di allora si fondava sull’ospitalità dei viaggiatori che si spostavano, per esempio, per motivi di lavoro, sull’ospitalità dei viandanti e dei pellegrini. Senza ospitalità si sarebbe fermato il mondo: gli affari, il lavoro, i negozi, i contatti… tutto.

Appena arrivati, i viandanti si recavano alla piazza del villaggio dove, in genere, c’era un pozzo, e lì avrebbero ricevuto acqua per sé, gli animali con cui viaggiavano e ospitalità per la notte.

Il servo di Abramo in cerca di una moglie per Isacco, entra nella casa di Rebecca che ha incontrato al pozzo, ed è accolto dalle parole del padre: «Entra, benedetto dal Signore, perché te ne stai fuori? Io ho preparato la casa e un luogo per i tuoi cammelli» (Gen. 24,31).

Così, Lot accoglie in casa sua, con tutti gli onori, i suoi ospiti stranieri. Ma gli abitanti di Sodoma sono contrari all’ospitalità, e per questo vanno davanti alla sua casa per strapparli alla sua protezione e fare loro violenza. Gli stranieri non sono tollerati a Sodoma e vanno, quindi, respinti e allontanati dalla città.

La loro aggressività è delirante, pura follia. La protezione verso qualcosa di profondamente giusto e, quindi, sacro, suggerisce a Lot un diversivo per placarla: concedere le sue figlie agli aggressori.

Ma quale padre arriverebbe a tanto? Quale madre accetterebbe un tale compromesso? Quale sacrificio si può chiedere ai propri figli in nome di ciò che abbiamo di più sacro?

Lot non ha dubbi e accetta che la violenza sia trasferita lontano dai suoi ospiti, per salvarli. Perché?

Perché salvare gli ospiti significava salvare il mondo; significava salvare le fondamenta della fraternità, della solidarietà, dell’amore su cui si regge, anche oggi, la dignità, l’onore e la stessa vita umana. Lot voleva che il mondo si salvasse dalla propria aggressività, da se stesso, dalla violenza reciproca che lo avrebbe annientato per sempre; Lot voleva che si salvasse dalla propria disumanità.

Ma nulla!

Nulla ha convinto gli abitanti di Sodoma a desistere: nessun senso di umanità era più rimasto in loro.

La loro sorte è dunque segnata.

Questa è una storia che non vorremmo fosse mai stata scritta, ma la Bibbia non ha paura di dire la verità, e così anche noi non dobbiamo tacere la verità di quei tanti stranieri che non ricevono accoglienza, subiscono violenza, sono scacciati, umiliati, respinti.

Questa è una storia biblica di violenza orribile, una storia che deve permetterci di non dimenticare che ancora oggi c’è chi vive queste di disumanità. Sono le storie che raccontano le persone che attraversano la Libia e il Mediterraneo, persone che lavorano nelle nostre campagne sottoposte a violenze, difficili perfino da raccontare da loro stessi o dai testimoni di quelle violenze.

Gli abitanti di Sodoma, che nel nostro racconto saranno puniti, ci sono anche oggi. Sono persone che credono che esistano esseri umani che valgono poco e delle cui vite si può disporre. Sono persone che pensano che gli stranieri, le donne, gli omosessuali, i minori siano, in quanto più deboli, persone da assoggettare e asservire, violando la loro dignità.

Il brano di Genesi 19 è stato scritto perché imparassimo a denunciare ogni ingiustizia nei confronti di chi è fragile, costi quel che costi, anche contro interessi di parte, alle volte anche i nostri.

Purtroppo, c’è anche chi legge questo testo biblico per giustificare l'omofobia e ogni violenza di genere. Diverse chiese ancora oggi, lo usano contro gli omosessuali. Non usano questo brano contro i violenti, non contro chi fa della violenza sessuale la forma più terribile di sopraffazione dei fragili, ma contro chi quella violenza la subisce culturalmente e psicologicamente.

Il brano di Genesi 19, invece, interroga le persone violente e coloro che giustificano la violenza: quella verso le donne, i bambini, gli omosessuali, quella verso gli stranieri, quella di chi fa tutto ciò attraverso il loro sfruttamento e la loro sottomissione. Ci dia il Signore la forza e la capacità di saper scegliere di stare dalla parte giusta, come ha fatto Lot, nella difesa dei più fragili e i più deboli della società, dalla parte dei minimi con i quali Gesù stesso si è identificato. Amen!

Letto 2967 volte
Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

Tel/Fax: (+39) 0121/30.28.50

Mail: Per contattare il pastore via mail, clicca qui