Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti

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Domenica, 05 Febbraio 2017 17:00

Sermone di domenica 5 febbraio 2017 (Esodo 3,1-12)

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Testo della predicazione: Esodo 3,1-12

Mosè pascolava il gregge di Ietro suo suocero, sacerdote di Madian, e, guidando il gregge oltre il deserto, giunse alla montagna di Dio, a Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo a un pruno. Mosè guardò, ed ecco il pruno era tutto in fiamme, ma non si consumava.
Mosè disse: «Ora voglio andare da quella parte a vedere questa grande visione e come mai il pruno non si consuma!» Il Signore vide che egli si era mosso per andare a vedere. Allora Dio lo chiamò di mezzo al pruno e disse: «Mosè! Mosè!» Ed egli rispose: «Eccomi». Dio disse: «Non ti avvicinare qua; togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo sacro». Poi aggiunse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio d'Abraamo, il Dio d'Isacco e il Dio di Giacobbe». Mosè allora si nascose la faccia, perché aveva paura di guardare Dio.
Il Signore disse: «Ho visto, ho visto l'afflizione del mio popolo che è in Egitto e ho udito il grido che gli strappano i suoi oppressori; infatti conosco i suoi affanni. Sono sceso per liberarlo dalla mano degli Egiziani e per farlo salire da quel paese in un paese buono e spazioso, in un paese nel quale scorre il latte e il miele, nel luogo dove sono i Cananei, gli Ittiti, gli Amorei, i Ferezei, gli Ivvei e i Gebusei. E ora, ecco, le grida dei figli d'Israele sono giunte a me; e ho anche visto l'oppressione con cui gli Egiziani li fanno soffrire. Or dunque va'; io ti mando dal faraone perché tu faccia uscire dall'Egitto il mio popolo, i figli d'Israele».
Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire dall'Egitto i figli d'Israele?» E Dio disse: «Va', perché io sarò con te. Questo sarà il segno che sono io che ti ho mandato: quando avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, voi servirete Dio su questo monte».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, un giorno un pastore di pecore sconfina verso il deserto perché talvolta capita che anche lì qualche raro temporale produca dell’erba nuova, buona per le sue pecore. Oltre il deserto accade un fatto strano: un pruno, una pianta di poco valore nota per il fatto che bruci in un attimo, arde senza consumarsi, perciò il pastore diventa curioso e «devia» dal suo percorso, per dirigersi verso quella direzione. In ebraico Mosè dice: «Devio verso quella direzione; ¿perché il pruno non è mangiato dal fuoco?».

In fondo è proprio la curiosità di Mosè che lo conduce verso quella che sarà una vocazione, è strano, ma solo quando il pastore si lascia trascinare fuori dalla sua realtà, deviare fuori dalla sua normalità, proprio lì avviene l’insolita visione, lì avviene l’incontro con Dio.

Dio si rivela a Mosè mentre è intento a pascolare il suo gregge, e sarà il destino di tante persone nella Bibbia e non solo: come Amos chiamato a essere profeta mentre pascolava il suo gregge, Eliseo che arava il suo campo dietro ai buoi, Gedeone che trebbiava il grano, il re Davide che era a pascolare il gregge quando il profeta Samuele va a casa di suo padre per cercare un re per Israele; ma anche i discepoli di Gesù che erano a pescare. Come i pescatori di pesci diverranno pescatori di uomini, così il pastore delle greggi di Ietro è chiamato a diventare pastore dei figli d’Israele, liberatore dalla schiavitù, colui che li condurrà verso la terra promessa.

Ma perché ciò accada è importante una deviazione, un cambiamento di direzione, di rotta.

Mosè incontra Dio non in un Tempio o mentre sta pregando, ma in un momento qualsiasi della sua giornata, nella sua quotidianità, quando non lo cerca. Dio si rivela a un uomo che non lo conosce, e gli dice: «Io sono il Dio dei tuoi padri», ma Mosè è pieno di domande: «Chi sono io? Perché proprio io? Chi sei tu? Qual è il tuo nome?». Si tratta di domande vitali, importanti; potersi chiamare reciprocamente per nome significa avere una relazione stretta, personale, chiamare per nome rende la comunicazione possibile. Questa è la relazione tra Dio e Mosè, è fatta di un continuo reciproco interrogarsi e chiedersi: “chi sei?”, “chi sono?”.

Mosè riceve una chiamata da Dio, una missione da svolgere all’interno di tanti dubbi, domande, richieste di chiarimenti, tutto questo perché Dio non vuole persone che pensano di avere capito tutto, che non hanno dubbi, perché ricevere una vocazione non significa annullare la propria identità, ma significa metterla in dialogo, metterla in relazione con Colui che gli ha rivolto una chiamata.

Mosè copre il suo volto sottolineando così che la santità di Dio non è uno scherzo, che Dio, al quale egli dà del “tu”, rimane il totalmente altro, Colui il quale stimola una serie di interrogativi che forse mai avranno risposta.

Tutto ciò crea certo una distanza, ma che però non conduce alla passività. Alla presenza di Dio si può e si deve restare attivi, operosi, dinamici. Il disaccordo, l’argomentazione, la sfida svolgono un ruolo importante nel dialogo.

La santità di Dio provoca più interrogativi che risposte; essa invita Mosè a un dialogo autentico. Mosè non annulla se stesso e non si accontenta di una splendida visione che parla da sé. Non si sente appagato da tanti effetti speciali, come avremmo fatto noi oggi.

L’incontro con Dio non tende ad annullarci e a sottometterci, ma ad essere autentici. Perciò Mosè resiste a Dio dicendo “Chi sono io…?”. E sarà proprio questa resistenza di Mosè a permettergli una maggiore pienezza della rivelazione di Dio.

Le domande umane trovano ascolto presso Dio e portano ad una conoscenza più piena.

 

Mosè incontra Dio, devia dalla solita strada e va in una direzione nuova. Non scappa, non si spaventa, anzi, risponde a Dio: «eccomi!» come se fosse la cosa più naturale al mondo.

Dio dice il suo nome: «Io sono colui che sono», Dio dà una definizione di sé, non dice il suo nome, e si definisce come uno che è in rapporto alla persona umana e alla sua storia: una storia passata, presente, ma soprattutto una storia futura. Dio si presenta come colui che agisce, che parla e mantiene ciò che promette. Dio promette a Mosè: «Io sarò… con te».

Dio affida una missione a Mosè, ma anche a tutti noi; Dio ti affida un compito, ma non ti manda allo sbaraglio, ti accompagna, ti dà la forza e la capacità per portare adempiere il tuo compito. Per questa missione che ci affida, Dio ci dà un equipaggiamento: è la promessa che sarà sempre con noi: «Io sarò… con te». Dall’incontro con Dio nasce una esperienza di libertà, libertà per chi incontra Dio, e libertà per chi riceve la parola da parte di chi è inviato da Dio: perfino libertà per un popolo intero.

A volte mi domando quante volte, anche noi, reagiamo come Mosè. ¿Abbandoniamo il nostro solito percorso per avvicinarci a qualcosa che attira la nostra attenzione? Mosè è curioso, non si chiude nei confronti di ciò che gli è estraneo.

Dio chiama tutti i credenti alla vocazione, chiama anche noi! Ma noi come reagiamo noi? Siamo curiosi dall’insolita voce del pruno che non si consuma? O confondiamo la voce dal pruno con le mille altre voci insignificanti di ciascuno che dice la sua? Forse siamo troppo occupati per dare seguito alla nostra curiosità, occupati dal lavoro, dallo stress. Spesso abbiamo la mente tanto piena da non reagire agli stimoli esterni, tale da non deviare minimamente dal nostro percorso prestabilito.

Dio ci chiama, ci chiama a libertà, ci chiama a uscire dalle nostre chiusure, e ci invia verso gli ultimi, gli emarginati, i nuovi schiavi di una società umana impietosa e disumana.

Dio si presenta a Mosè con un nome, e cioè l’IO SONO, perché “IO SONO colui che sono”. Questa strana frase significa semplicemente che Dio si identifica con l’essere, con ciò che è vivo per eccellenza, Dio è vita, ma non intesa in senso biologico, ma in senso biografico, cioè una vita che è resa tale dall’incontro, dalla relazione con l’altro e là, in quello spazio, Dio entra nella vita e nella storia umana come colui che libera. Perché la relazione autentica con l’altro non è sottomissione, non è schiavitù, non è asservimento, ma è fondata sulla libertà.

L’incontro con Dio porta a legami e rapporti, provoca l’incontro con il prossimo. Da domenica prossima si apre la settimana della libertà che, come valdesi, festeggiamo a partire dal 17 febbraio 1848.

Secoli di persecuzioni e di privazioni, di massacri e di eccidi, ci hanno fatto apprezzare di più e meglio il senso della libertà. Ma attenzione: non releghiamo nel passato l’adempimento dell’opera di liberazione di Dio. Essa continua oggi e nel futuro, ci permette di dialogare e confrontarci con uno spirito di autentica costruzione di un mondo nuovo. È una vocazione che riceviamo e che si fonda sulla promessa di Dio che dice anche a noi: «Io sarò con te». Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

Tel/Fax: (+39) 0121/30.28.50

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