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Domenica, 19 Marzo 2017 20:48

Sermone di domenica 19 marzo 2017 (2 Samuele 12,1-7a)

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Testo della predicazione: II Samuele 12,1-7a

Il Signore mandò Natan da Davide e Natan andò da lui e gli disse: «C’erano due uomini nella stessa città; uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva pecore e buoi in grandissimo numero; ma il povero non aveva nulla, se non una piccola agnellina che egli aveva comprata e allevata; gli era cresciuta in casa insieme ai figli, mangiando il suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Essa era per lui come una figlia. Un giorno arrivò un viaggiatore a casa dell’uomo ricco. Questi, risparmiando le sue pecore e i suoi buoi, non ne prese per preparare un pasto al viaggiatore che era capitato da lui; prese invece l’agnellina dell’uomo povero e la cucinò per colui che gli era venuto in casa». Davide, allora, si adirò moltissimo contro quell’uomo e disse a Natan: «Com’è vero che il Signore vive, colui che ha fatto questo merita di essere punito e pagherà quattro volte il valore dell’agnellina, per aver fatto una cosa simile e non aver avuto pietà. Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell’uomo!».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, cari bambini e bambine della SD, cari genitori, care monitrici, il profeta Natan pronuncia la parabola che abbiamo ascoltato davanti al re Davide, il più grande re d’Israele. Gesù sarà poi discendente di questo re.

Davide però ha sbagliato, si invaghisce di una bella donna, Betsabea, mentre la guarda dalla sua terrazza, mentre Betsabea faceva un bagno. Ma la donna è la moglie di un militare in alto grado del re, Uria. Davide manda a chiamare Betsabea e con lei ha dei rapporti, viola la sua integrità di donna e di moglie fedele. E quando la donna rimane incinta, il re cerca di rimediare sposandola. C’è però suo marito, Uria. Come fare? Così il re Davide ordina di esporre in battaglia Uria, di lasciarlo solo in prima linea perché così sia ucciso dal nemico. E così accadde. Uria, fedele servo del re, muore in battaglia.

Il profeta Natan va dal re Davide e gli racconta una storia: C’erano due uomini, uno ricco, l’altro povero. Per descrivere il ricco, Natan, non ci mette molto, non c’è alcun interesse in quell’uomo. Era ricco, aveva in gran numero pecore e buoi, aveva tutto quello che gli serviva per vivere, anzi, molto di più.

Il povero, invece, attira la nostra attenzione: aveva una piccola agnellina che aveva comprato e allevata, era cresciuta insieme a lui e ai suoi figli, era tutto ciò che possedeva, le voleva bene come a una figlia. L’agnellina mangiava con il suo padrone, beveva alla sua coppa, dormiva tra le sue braccia. Come un animale domestico, un gattino o un cagnolino che custodiamo con affetto.

Ma un giorno arrivò un ospite in casa dell’uomo ricco, e questi, per non uccidere nessuna tra le sue pecore e i suoi buoi, per preparare il pranzo all’ospite, «prende» l’agnellina del povero e la cucina.

Il ricco prese ciò che non era suo, prese l’agnellina del povero e ne fece un pranzo per sé e per il suo ospite. Il ricco ha trattato come sua proprietà ciò che non gli apparteneva.

È sbagliato, non deve mai succedere che il ricco viva alle spalle di chi è povero; chi è forte non deve schiacciare chi è debole, ma deve difenderlo e aiutarlo. Chi si trova in vantaggio non deve distruggere chi è svantaggiato.

Il verbo «prendere» è molto allusivo, come il ricco «prese» l’agnellina del povero, così il re Davide «prese» Betsabea, la moglie di Uria. Il verbo «prendere» è usato nella Bibbia anche per esprimere una violenza fisica e carnale: il re fece violenza al tesoro che per il povero era come una figlia.

Questa è una storia di egoismo, di cinismo, di distruzione. Il ricco si fa forte della sua ricchezza, si sente protetto da essa, la ricchezza gli conferisce potere e privilegi a cui egli non rinuncia, anzi li adopera per accrescere illegalmente la sua ricchezza, sfrutta la sua condizione di vantaggio alle spalle di chi non ha potere e privilegi da vantare. Il povero di potere diventa così vittima, vulnerabile, perché non ha modo di reclamare i suoi diritti.  

Il ricco non avrebbe alcun potere in sé, ma questo potere gli è conferito da chi lo onora e lo riverisce perché spera di ricevere qualcosa in cambio; in fondo la corruzione comincia da questo atteggiamento di riverenza nei confronti delle persone ricche, influenti e nei confronti del denaro.

Il re Davide capisce subito chi torto, la sua reazione indignata è giusta, Davide prova un sincero disgusto per quello che fa il ricco. Il re lo accusa severamente: quell’uomo deve pagare quattro volte il prezzo dell’agnellina e poi dovrà essere anche punito.

Davide comprende in modo corretto la storia/parabola, ma non si accorge che essa parla di lui. «Tu sei quell’uomo» dice il profeta Natan al re. Così, il re Davide sarà punito severamente.

Ma a tutti noi ci rimane quella parola troppo diretta del profeta Natan: «Tu sei quell’uomo».

Il profeta si rivolge a tutti quelli che leggono la storia, e dice: «Tu sei quella persona che ha sbagliato, che ha schiacciato il debole». Come dire che, oggi, tutti facciamo parte di un ingranaggio perverso per il quale ognuno pensa a sé e fa a gomitate per avvantaggiarsi di diritti particolari, conoscendo persone giuste, che favoriscano i propri interessi, anche a scapito degli altri.

Nessuno pensa al bene comune, ognuno pensa in che modo può essere scannata l’agnellina dell’altro piuttosto che la propria. Ma più cose abbiamo e più siamo addentro questo ingranaggio nel quale non riusciamo a rinunciare a nulla e a dare nulla.

Sì, forse non tutti riteniamo di essere ricchi come l’uomo della parabola, forse pensiamo di possedere solo un’agnellina che ci teniamo tanto stretta e quando ci è chiesto di partecipare e di contribuire cerchiamo di dare il minimo o ci convinciamo che non possiamo affatto.

Eppure, il profeta Natan parla oggi alla nostra coscienza di credenti e dice a ciascuno di noi: «Tu sei quell’uomo ricco». Perché, in fondo, ognuno di noi è partecipe di quella cultura della mano chiusa, e non capiamo che solo donando agli altri possiamo ricevere, donando ciò che abbiamo: le nostre ricchezze, il nostro tempo, il nostro affetto, il nostro sorriso, il nostro abbraccio, la nostra presenza per fare in modo che tutto attorno a noi diventi migliore.

Questa storia di Natan è un monito anche a noi che viviamo tanto lontani nel tempo, ma tanto vicini allo stesso ingranaggio che schiavizza la nostra anima e le nostre coscienze, le incatena al nostro egoismo e alla nostra distruttività.

Ci conceda il Signore la forza e la serenità di chi, liberato da ogni forma di schiavitù nei confronti di se stesso, apre le proprie mani per contribuire al bene comune e partecipare con la propria presenza affinché la legalità e il diritto diventino un bene comune di cui tutti potranno avvantaggiarsene. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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