Culto domenicale:
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Martedì, 30 Maggio 2017 12:39

Sermone di domenica 28 maggio 2017 (Giovanni 7,37-39)

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Testo della predicazione: Giovanni 7,37-39

Nell'ultimo giorno della festa, il più solenne, Gesù si alzò ed esclamò a voce alta: «Se uno ha sete si avvicini a me, e chi ha fede in me beva! Come dice la Scrittura: da lui sgorgheranno fiumi d'acqua viva». Gesù diceva questo, pensando allo Spirito di Dio che i credenti avrebbero poi ricevuto. A quel tempo lo Spirito non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora stato innalzato alla gloria.

Sermone

Cari fratelli e sorelle, il breve discorso di Gesù relativo ai fiumi d'acqua viva si inquadra nell'ambito della Festa ebraica delle Capanne che ricordava al popolo d'Israele il periodo in cui aveva vagato a lungo nel deserto, prima di raggiungere la terra promessa, dopo che Dio li aveva fatti uscire dal paese della schiavitù: l'Egitto. Perciò, la gente costruiva delle capanne con canne e rami di alberi, e vi abitava per ricordare, con gratitudine, che il paese in cui abitavano era quello che Dio aveva donato loro dopo averlo promesso ad Abramo e prima ancora che fossero erranti nel deserto.

Non solo, ma la Festa delle capanne indicava anche il trionfo di Dio, per questo il profeta Zaccaria descrive il re Messia che giunge a Gerusalemme vittorioso (12,10) per la festa delle Capanne, in quel giorno il Signore farà zampillare una sorgente per purificare Gerusalemme (13,1), la Festa delle Capanne, quindi, portava anche il messaggio della venuta del Messia.

L'acqua era un simbolo importante della Festa delle Capanne: se durante la settimana della festa pioveva, questo significava “piogge abbondanti” per i campi e le messi. Ancora oggi gli arabi della Giordania, guardano se piove durante la celebrazione della Festa delle Capanne in Israele come segno del tempo che farà.

In ciascuna delle sette mattine della Festa, una processione scendeva alla fonte di Gihon sul fianco della collina del Tempio, qui un sacerdote riempiva d'acqua una brocca d'oro, mentre il popolo ripeteva in coro il versetto di Isaia (12,3) che dice: «Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza»; poi la processione saliva al Tempio attraverso la porta dell'Acqua e le persone portavano in mano i simboli della festa: nella mano destra il lulab una fascio di ramoscelli di mirto e salice legati con una palma (i rami usati per costruire le capanne dentro cui abitavano gli israeliti durante i sette giorni della Festa) e nella mano sinistra l'ethrog, un limone, segno del raccolto. Anche qui, in questa fase della Festa si cantavano i Salmi da 113 a 118: «Quando Israele uscì dall'Egitto… i monti saltellarono come montoni e i colli come agnelli. Trema o terra alla presenza del Signore che mutò la roccia in lago, il macigno in una sorgente d'acqua (114). Celebrate il Signore perché egli è buono, perché la sua bontà dura in eterno».

Allora la folla festante raggiungeva l'altare degli olocausti che era davanti al Tempio, girava intorno all'altare e agitava i lulab, il fascio di ramoscelli, e pronunciava alcuni versetti del Salmo 118: «Questo è il giorno che il Signore ci ha preparato, festeggiamo e rallegriamoci. Oh Signore, dacci la salvezza, oh Signore facci prosperare!». Allora i sacerdoti proseguivano: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore; noi vi benediciamo dalla casa del Signore» e il popolo rispondeva: «Tu sei il mio Dio, io ti celebrerò; tu sei il mio Dio io ti esalterò».

Poi il sacerdote saliva gli scalini dell'altare e versava dell'acqua in un imbuto d'argento, e l'acqua scorreva per terra. Poi, il settimo giorno, il popolo girava attorno all'altare per sette volte.

Perché ho spiegato tutto questo? Per l’evangelista Giovanni colloca proprio qui, all’interno di questo momento, il più solenne della festa, il discorso di Gesù che proclama, con altrettanta solennità, di essere lui la sorgente di acqua viva: «Se qualcuno ha sete venga a me e beva».

Le preghiere per l'acqua rivolte a Dio durante la festa vengono ora esaudite in un modo del tutto inatteso.

Noi tutti sappiamo quanto sia importante l'acqua per la sopravvivenza umana, preghiamo e lottiamo perché tutti sulla terra abbiamo accesso all’acqua potabile, è un bene primario e comune per tutti, ricchi e poveri, grandi e piccoli, vecchi e giovani, Tutti vi devono poter accedere. Sappiamo bene che l’acqua è vita e dove essa scorre, là vi è vita.

Con potenti e grandi sistemi di irrigazione, abbiamo fatto rinverdire perfino terre aride e desertiche sulle quali nessuno avrebbe più scommesso; le popolazioni antiche, ma anche quelle moderne, si sono sempre insediate là dove c’erano pozzi d’acqua, fiumi, laghi per poter coltivare la terra, e vivere in modo dignitoso. In altre parole, noi dipendiamo dall’acqua, come dall’aria.

Così, Gesù si presenta a noi come colui che può dare acqua viva. Ci insegna, cioè, che la nostra esistenza è legata alla bontà e all’amore di Dio.

Gesù, nel vangelo di Giovanni, parla dello Spirito che è come l’aria, come il vento che la muove, e fa vivere le nostre esistenze. Spirito è Pneuma, in greco; Ruah, in ebraico, e significa proprio aria, vento alito vitale. Così parlando dell’acqua come vita, Gesù parla dello Spirito della vita, che è come la linfa nutre l’albero, come il nostro respiro, il bicchier d’acqua nel deserto.

Così noi attendiamo lo Spirito, senza di esso la nostra anima è arida, i nostri pensieri insensati e i nostri discorsi incomprensibili.

Quando il Signore invia il suo Spirito, allora la nostra vita prende colore, il nostro orizzonte si allarga, la nostra vista diventa meno miope, il prossimo assume contorni più netti, il dialogo con gli altri si fa intenso, il confronto più serrato, svanisce la paura come il vapore, e una forza sempre più vigorosa rende possibile il nostro impegno per la pace e la giustizia, una pienezza che sovrabbonda di amore che ci radica in modo irremovibile affinché il mondo sia attraversato dall’amore di Dio.

«Da lui sgorgheranno fiumi d’acqua viva»: si tratta di ricevere ciò che non abbiamo e che non potremmo mai avere senza il dono e l’intervento dello Spirito, un tale vigore e una tale forza per dare al mondo quello che abbiamo ricevuto da Dio.

Troppo spesso ci commiseriamo per le nostre incapacità, per essere poco incisivi all’interno delle nostre chiese e nella nostra stessa società. Ma forse, siamo soltanto increduli, pigri, perché è una fatica riuscire a vedere l’azione dello Spirito anche nelle piccole cose.

Perciò Gesù ci dice: «Chi crede in me…», perché la fede, caro fratello, cara sorella, la fede non è un optional del credente, ma il fondamento del tuo essere credente e della tua stessa vita, anche quando le forze ti abbandonano e sei sicuro di non farcela, e ti arrendi, o limiti il tuo impegno. Tu sei chiamato/a a confidare nell’azione dello Spirito di Dio e non sulle tue capacità, né sulle tue forze. L’acqua che ti dà il Signore è la tua forza, un’acqua non data con il contagocce, ma abbondante, un fiume possente, che non puoi solo tenere per te. Per questo Gesù dice, da lui/lei usciranno fiumi di acqua viva. Anche noi diventiamo come sorgenti che danno dell’acqua attraverso la quale anche chi è attorno a noi possa vivere e credere nell’amore di Dio che ci sostiene sempre. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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