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Domenica, 02 Luglio 2017 14:09

Sermone di domenica 2 luglio 2017 (Luca 15,1-7)

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Testo della predicazione: Luca 15,1-7

Tutti i pubblicani e i peccatori si avvicinavano a lui per ascoltarlo. Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova? E trovatala, tutto allegro se la mette sulle spalle; e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta". Vi dico che, allo stesso modo, ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento».

Sermone

Care sorelle, cari fratelli, Gesù si rivolge ai farisei e agli scribi, dottori delle Scritture, che ritenevano sconveniente il comportamento di Gesù il quale si presentava come un Rabbi, un maestro. Per questi teologi era necessaria una separazione netta tra buoni e cattivi, giusto e sbagliato, bianco e nero, per non perdere il senso della giustizia; quindi le due categorie opposte non vanno trattate allo stesso modo: i buoni vanno premiati, i cattivi puniti. Per i farisei era in gioco l’educazione dei giovani che non traevano un buon esempio da un maestro come Gesù che, invece, andava a mangiare a casa di malfattori, di prostitute, di peccatori come i pubblicani, cioè gli esattori delle tasse per conto dei Romani.

Agli occhi dei pii farisei, che avevano l’incarico di educare il popolo alla fede e a una corretta morale, Gesù doveva sembrare pericolosamente distruttivo, perché legittimava le persone moralmente dubbie, sedendosi a tavola con loro, condividendo, così, con loro non solo il cibo, ma anche la loro stessa vita, la loro storia, quindi i loro malaffari. In altre parole, era come diventare come loro.

Gesù risponde con tre parabole:

  • con quella della pecora smarrita e ritrovata (quella alla nostra attenzione),
  • con quella della moneta perduta e ritrovata
  • con quella del figlio perduto e ritrovato (il figliol prodigo).

Nella nostra parabola, Gesù dice: «Chi di voi non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché la ritrova?». Nessuno! La risposta è che nessuno lo farebbe, nel senso che si andrebbe alla ricerca della pecora perduta solo se le novantanove sono al sicuro, dentro un ovile, non certo nel deserto pieno di pericoli e di animali predatori!

Cos’è che spinge, invece, un pastore a rischiare, lasciando il gregge in una situazione di pericolo, per una sola pecora perduta?

Potrebbe essere considerato un pazzo, uno sconsiderato, oppure ama a tal punto la pecora smarrita che decide di rischiare tutto per lei, finché non l’abbia ritrovata.

Così il brano conclude il suo messaggio invitando a rallegrarsi per un solo peccatore che si converte, piuttosto che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento.

Noi, possiamo trovare diversi posti all’interno di questa parabola. Possiamo collocarci, ora accanto a Gesù che critica i farisei e gli scribi, ora accanto ai farisei stessi contro i quali Gesù si rivolge. Ma chi siamo noi veramente per Gesù?

Possiamo predicare questo brano, e metterci al posto di coloro che si reputano persone perbene, e lo sono davvero, ma poi non hanno comprensione e misericordia per chi è traviato o è su una strada di ricerca, o è diverso da loro.

Oppure, possiamo porci contro di loro con forza invitandoli ad aggiornare le loro posizioni a favore di un’accoglienza e una solidarietà opportune per camminare insieme verso un orizzonte sempre più ampio. Per testimoniare concretamente questa convinzione, possiamo anche assumere un carattere dirompente come le dichiarazioni radicali a favore degli omosessuali, dei migranti, del testamento biologico, della ricerca sulle staminali, dell’aborto, dei contraccettivi, ecc…

Oppure, al contrario, possiamo sentirci criticati da Gesù perché, in fondo, agiamo da farisei quando facciamo delle nette distinzioni fra buoni e cattivi, appoggiando chi la pensa come noi e condannando chi protesta, senza fare un’analisi e senza approfondirne i motivi, restando, così, superficiali nel giudicare delle realtà oltremodo complesse.

Chissà, forse la migliore collocazione per noi non è né con Gesù, né con i farisei, ma con i peccatori, le prostitute, gli esattori delle tasse che si ritrovano accolti e perdonati da Gesù. Noi siamo senz’altro tra coloro che hanno bisogno delle attenzioni di Gesù per essere guariti dal nostro egoismo, dalla ricerca dei soli nostri interessi personali, dal nostro individualismo che ci fa restare in disparte, sicuri di farcela da soli senza la solidarietà e la condivisione, senza la partecipazione alle decisioni comuni, senza la società, senza la comunità.

C’è poi chi vive più facilmente senza gli altri, senza le novantanove, perché fa fatica a trovare il proprio spazio, c’è sempre chi viene a brucare nel suo spiazzo, chi gli toglie l’aria parlando e respirando rumorosamente, chi gli riempie la testa di chiacchiere, chi non si comporta come si aspetterebbe e allora si aliena, criticando le novantanove che sono pettegole, o che non gli riserva un posto speciale.

Il Signore viene dentro il nostro spazio isolato e ci porta nel luogo della condivisione, della fraternità, del dialogo rispettoso, del confronto sereno, nel luogo in cui possiamo crescere e maturare, nel luogo in cui la nostra anima può sentirsi accolta e amata e il nostro cuore riscaldato dall’abbraccio delle novantanove che esprime l’amore e la gioia di Dio.

Una gioia che nel Vangelo di Luca è determinante perché esprime la salvezza di Dio; è la gioia che prova Zaccheo quando Gesù si autoinvita a casa sua, è quella che prova il padre quando il proprio figlio che era andato via di casa, torna; è la stessa gioia che prova quella donna della parabola quando trova i suoi risparmi smarriti; è la stessa gioia del pastore che porta sulle spalle la pecora smarrita dopo averla ritrovata.

La gioia è talmente grande che diventa incontenibile, e va condivisa e non tenuta per sé: va data perfino una festa.

Gesù invita tutti a unirsi alla festa, alla gioia che tutti devono provare, come un fatto proprio, quando qualcuno che era perduto, smarrito, è stato ritrovato, o si è ritrovato, scoperto come figlio, come pecora del gregge e si unisce alle novantanove.

Questa gioia è il cuore dell’Evangelo!

È il senso della venuta di Gesù sulla terra, è il senso della chiesa nel mondo, è il senso del nostro essere credenti, è il senso della nostra testimonianza di persone che amano condividere con gli altri, dopo essere stati smarriti, il perdono e l’amore che hanno ricevuto da Dio. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

Tel/Fax: (+39) 0121/30.28.50

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