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Lunedì, 05 Novembre 2018 23:59

Sermone di domenica 4 novembre 2018 - Domenica della Riforma (Galati 5,1-6)

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Testo della predicazione: Galati 5,1-6:

Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù. Ecco, io, Paolo, vi dichiaro che, se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. Dichiaro di nuovo: ogni uomo che si fa circoncidere, è obbligato a osservare tutta la legge. Voi che volete essere giustificati dalla legge, siete separati da Cristo; siete scaduti dalla grazia. Poiché quanto a noi, è in spirito, per fede, che aspettiamo la speranza della giustizia. Infatti, in Cristo Gesù non ha valore né la circoncisione né l’incirconcisione; quello che vale è la fede che opera per mezzo dell’amore.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, oggi è la Domenica della Riforma nella quale ricordiamo l’importanza che la Parola di Dio ha per la vita della chiesa e dei singoli credenti. Una Parola dalla quale la chiesa si era allontanata perseguendo propositi umani di potere e ricchezza. Quella del 31 ottobre del 1517 fu una scintilla che innescò dappertutto consensi perché la necessità di ritornare all’essenza della Parola di Dio era sentita dai più. Certo ci furono anche dissensi e opposizioni forti e la ricomposizione della chiesa “una” non fu più possibile fino ad oggi.

I movimenti di Riforma della chiesa erano nati secoli prima del gesto di Martin Lutero nel ‘500, e i valdesi del 1174 si inseriscono all’interno di uno di questi grandi movimenti, tutti soffocati sul nascere. Quello dei poveri di Lione (valdesi), fu l’unico a sopravvivere alle tempeste della repressione e alla Santa Inquisizione.

La stampa, che nel frattempo era stata inventata, aprì una nuova epoca dello sviluppo della comunicazione umana, fu una vera e propria rivoluzione che diede le ali al pensiero di Martin Lutero e di tutti riformatori. Non a caso il primo libro ad essere stampato fu la Bibbia.

Oggi non celebriamo un compleanno della Riforma Protestante, ma la concezione secondo la quale, sempre, siamo chiamati a riformarci, a non fermarci sul nostro cammino di ricerca, ma a guardare criticamente dove stiamo andando e su quali basi poggiamo la nostra fede, la nostra teologia, il nostro servizio, il nostro essere credenti. “Riforma” significa che sempre siamo in “Riforma”, come un cammino che abbiamo intrapreso e che dura tutta la vita.

Il brano biblico della lettera ai Galati che abbiamo letto è stato uno dei brani della Bibbia che ha fondato la riflessione dei riformatori.

    «Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi», afferma l’apostolo. E nei versetti seguenti spiega che nelle chiese della sua epoca vi era una disputa teologica: molti credenti provenienti dal mondo giudaico ritenevano che la circoncisione istituita da Mosè fosse da imporre anche ai convertiti provenienti dal mondo pagano. In questo modo, anche loro, come i giudei, sarebbero entrati a far parte del popolo di Dio da lui eletto, quindi nell’elezione.

    Ma perché sarebbe necessaria un’opera umana come la circoncisione per ricevere il favore di Dio? Questo era la domanda dell’apostolo Paolo. L’apostolo sottolineava con forza che la grazia di Dio è superiore alla circoncisione del corpo e alle nostre opere umane. Anzi, le rende superflue, inutili, quando fatte allo scopo di ricevere la grazia. Perché?

    Perché la grazia è un dono, e non sarebbe grazia se non fosse gratuita. L’apostolo sa bene che noi non possiamo aggiungere nulla al sacrificio di Cristo, solo Lui è morto per noi ed è risorto per darci una speranza, proprio a noi che non abbiamo alcuna capacità di riscattarci dal nostro peccato.

    Con Gesù, questo riscatto è possibile perché Dio ci offre gratuitamente la sua grazia, senza alcuna opera meritoria da parte nostra; Dio non ci chiede nulla in cambio, né di circonciderci o di pagare delle somme di denaro, né di fare del bene allo scopo di ottenere i suoi favori. Il dono della grazia di Dio non si può pagare né barattare: è gratis. Infatti l’amore di Dio è gratuito, così il suo perdono e la salvezza.

     Questa disputa è tornata a essere posta all’attenzione di tutti, come nella chiesa antica, all’epoca della Riforma Protestante del ‘500. La Chiesa romana affermava la necessità delle indulgenze quando le opere meritorie della gente non erano sufficienti e non avrebbero potuto compensare i propri peccati, pena il purgatorio: centinaia, migliaia di anni nelle fiamme purificatrici del purgatorio. Ma così non è, Dio non ci condona la pena da scontare, per i peccati commessi, perché siamo stati buoni o perché abbiamo pagato un’indulgenza, ma lo fa solo per grazia, gratuitamente.

    Dio era visto, sì, come colui che perdona, ma anche come colui che è giusto e perciò infligge la giusta pena come conseguenza dei peccati. Sarebbe una teologia corretta se la logica di Dio fosse uguale alla nostra, ma così non è perché la logica di Dio è quella della gratuità, dell’amore disinteressato che non chiede nulla in cambio del sacrificio di suo figlio, morto per amore, un amore che ha voluto manifestare perché tutti comprendessimo.  

Perciò Lutero poteva affermare con riconoscenza: «Dio non ci ama perché siamo belli, ma siamo belli perché Dio ci ama».

¿Dunque, se non servono le buone opere, se non serve la nostra partecipazione alla salvezza e alla grazia di Dio vuol dire che possiamo peccare tutte le vote che vogliamo? E riceveremo sempre il perdono di Dio? È questa la domanda di chi ritiene che siamo salvati per opere e non solo per grazia.

Ma la Riforma e, con essa i Riformatori, hanno riflettuto su questa domanda fino a rispondere che le nostre opere sono il frutto della grazia di Dio in noi che ci perdona, sono la conseguenza del perdono di Dio, sono la nostra risposta grata a tanto amore, a tanto perdono, a tanta grazia.

Chi non si pente, chi non si ritiene bisognoso/a del perdono di Dio, non lo vive, non l’accoglie, decide di vivere confidando in se stesso, nelle proprie capacità illudendosi così di poter costruire un futuro di riconciliazione, di costruzione di un domani fondato su rapporti umani solidali, fraterni, di condivisione.

La grazia di Dio produce invece tutto questo se noi ci mettiamo da parte e se lasciamo spazio all’amore di Dio. Dio agisce in noi, attraverso di noi, ma perché questo accada è necessario aderire al suo progetto per una umanità più fraterna e solidale; è necessario rispondere con il nostro “sì” al “sì” di Dio che ci offre tutto gratuitamente affinché, accogliendolo, lasciamo a lui lo spazio di agire nel mondo per amare, perdonare e offrire la sua grazia a tutti. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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