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Domenica, 15 Giugno 2014 23:45

Sermone di domenica 15 giugno 2014 (Efesini 5,22-33)

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Testo della predicazione: Efesini 5, 21-33

Sottomettendovi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, lui, che è il Salvatore del corpo. Ora come la chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli devono essere sottomesse ai loro mariti in ogni cosa. Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato sé stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l'acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile. Allo stesso modo anche i mariti devono amare le loro mogli, come la loro propria persona. Chi ama sua moglie ama sé stesso. Infatti nessuno odia la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diverranno una carne sola. Questo mistero è grande; dico questo riguardo a Cristo e alla chiesa. Ma d'altronde, anche fra di voi, ciascuno individualmente ami sua moglie, come ama sé stesso; e altresì la moglie rispetti il marito.

Sermone

Care sorelle e fratelli, il discorso della lettera agli efesini che abbiamo ascoltato può sembrare povero e limi­tato se lo isoliamo dal suo insieme, dal suo contesto più largo; alla nostra mentalità moderna, che apprezza i valori della libertà e della dignità della persona umana, può dare anche l’impressione di un discor­so che opprima l’altro: «Mogli., siate sottomesse…». Dobbiamo, però, ricordarci che l’ordine sociale del mondo antico si reggeva sulla gerarchia dei ruoli. Di qui deriva il primo dovere: ognuno deve rispettare il proprio ruolo, e il ruolo della moglie di una famiglia a struttura patriarcale è di stare sotto­messa al marito, di rispettarlo e obbedirgli. Questa è una concezione che fa parte di una cultura antica. E nella Bibbia rimane riprodotto l’ordinamento piramidale e autoritario della famiglia antica, ma l’au­tore della lettera agli efesini, sebbene non cambi l’ordinamento fami­liare, vi apporta una novità veramente speciale.

Infatti il verbo “stare sottomesso” (gr. hypotassesthai) indica la sottomissione volontaria di Cristo a Dio e dei cristiani tra loro per mezzo della fede e dell’amore. Quindi l’essere sottomesso, qui non indica l’uno sotto l’altro e basta, ma vicendevolmente sottomessi, così come dice lo stesso autore al v. 21: “Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo” che corrisponde a quello che dice l’apostolo Paolo nella lettera ai Galati “Siate al servizio gli uni degli altri” (5, 14).

È su questa strada della sottomissione reciproca tra i fratelli e le sorelle della chiesa che si prosegue parlando della famiglia. La famiglia diventa la riproduzione in piccolo della chiesa: da una parte l’amore di Cristo verso la sua Chiesa fa sì che anche gli sposi trovi­no la ragione profonda per un corretto rapporto tra loro e, dall’altra parte, l’amore fraterno nella chiesa che invita a rispettarsi e a sot­tomettersi tutti vicendevolmente, diventa il confronto e la pietra di paragone per vivere una vita familiare serena e benedetta dal Signore.

Ecco dunque la novità, la sottomissione delle mogli ai mariti non è più un restare sotto l’altro e soggetto all’altro perché si ha una dignità inferiore, ma si tratta della dedizione pronta e generosa al servizio che è caratteristica di ogni cristiano liberato dall’egoismo. Ecco la novità dell’Evangelo: nella famiglia questo “servizio vicende­vole” si traduce in impegno: impegno della moglie a una dedizione rispettosa verso il marito e impegno del marito a un amore generoso e disinteressato verso la moglie.

È questo il segreto, non ce ne sono altri: il segreto si fonda sul nuovo rapporto a cui i cristiani sono chiamati, un rapporto fondato sull’amore di Dio. Dio agisce e opera a partire dal suo amore, per questo salva, perdona, accoglie, riconcilia… E tutto si fonda sull’amore di Dio, anche il nostro essere credenti, il nostro essere chiesa di Cristo, la nostra famiglia,  la nostra vita.

Lo stesso vale per il rapporto di coppia, per voi cari sposi, Ramona e Manuel: l’amore di Dio permette il vostro amore e non cesserà mai nei vostri confronti, potrete contarci sempre, così anche voi potrete supe­rare prove, difficoltà e intemperie. In Gesù Cristo l’amore diventa una promessa di Dio, la promessa di una vita degna di esser vissuta, che ha uno scopo, un senso.

Anche a voi questa parola è indirizzata a voi che siete una famiglia. La Bibbia non promette ai credenti una vita tutta di rose e fiori ma vi promette che il Signore vi accompagnerà, sempre, qualunque scelta farete e qualunque strada voi intraprenderete.

Vi sosterrà quando dovrete ricominciare daccapo, quando dovrete tornare indietro, quando sbaglierete, quando farete bene, quando farete male, quando sarete confusi e quando sarete lucidi.

Dio promette che vi sarà vicino, sempre! Egli non vi abbandonerà mai a voi stes­si, al vostro destino, nelle difficoltà e nelle prove, ma vi sor­reggerà e vi darà la forza di cui avrete bisogno.

Il vostro amore all’interno di un orizzonte in cui non saranno le vostre risorse umane su cui confiderete, ma sarà il Signore che vi promette di amarvi e di donarvi la forza del suo amore che permette di superare le difficoltà. Siete chiamati a vivrete l’uno con l’altra e l’uno per l’altra in una unione che riguarda la totalità della vostra vita nel prendere anche gli impegni e le decisioni.

Se concepi­rete la vostra vita come un com­pletarvi e un arricchirvi reciprocamen­te in pari dignità e responsabi­lità, così come l’Evangelo ci indica, allora nessuna paura incomberà nella vostra vita di coppia. Questo è vero anche per tutti i credenti nel loro rapporto con il prossimo

È l’amore il fondamento stabile della vostra unione e di ogni vostro rapporto. Amore non inteso solo come un vo­lersi bene perché l’amore di cui parla la Bibbia è di più, significa dare e non ricevere. Il dare è la più alta espressione dell’amore; nello stesso atto di dare si prova la propria ricchezza perché si dà quello di cui si è ricchi.

«Chiunque sia capace di dare se stesso è ricco» (Eric Fromm). Dunque l’amore vero non è un vivere dell’altro, ricevendo dall’altro, ma è un vivere con l’altro, insieme all’altro e per l’altro, in un’armonia che paradossalmente fa vivere i due come una sola persona. Proprio come ci insegna la Parola di Dio.

Dunque cari Ramona e Manuel, vi dia il Signore di poter vivere in modo pieno, vero e autentico l’amore che oggi avete promesso di mantenere tra voi in ogni circo­stanza della vostra vita. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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