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Domenica, 20 Luglio 2014 22:43

Sermone di domenica 20 luglio 2014 (I Corinzi 1,18-25)

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Testo della predicazione: 1 Corinzi 1,18-25

La predicazione della croce è pazzia per quelli che periscono, ma per noi, che veniamo salvati, è la potenza di Dio; infatti sta scritto: «Io farò perire la sapienza dei saggi e annienterò l'intelligenza degli intelligenti». Dov'è il sapiente? Dov'è lo scriba? Dov'è il contestatore di questo secolo? Non ha forse Dio reso pazza la sapienza di questo mondo? Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione. I Giudei infatti chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli stranieri pazzia; ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, il brano biblico che l’apostolo Paolo scrive e che abbiamo ascoltato è un discorso di rottura, un forte testo di contestazione. A noi possono suonare scontate le parole di Paolo: «Noi predichiamo Cristo crocifisso». Ma qui l’apostolo sta richiamando i credenti di Corinto affinché sia predicato il Cristo crocifisso e non un altro.

L’apostolo non sta semplicemente parlando della centralità della fede, ma di una centralità della fede perduta; l’apostolo è critico, pungente, sta cercando di intaccare e frantumare una immagine di Dio distorta che si erano fatta alcuni credenti di Corinto. Paolo sta restaurando la croce, sta facendo un’opera di restauro nel senso di ripristinare il valore della croce come fondamento della fede.

Nella chiesa di Corinto vi erano delle divisioni, alcuni si schieravano con la teologia di un predicatore, Apollo, altri con quella di Cefa, l’apostolo Pietro, altri ancora con Paolo stesso. L’apostolo ricorda invece che la fede non si fonda né sulla teologia di uno, né sulla filosofia di un altro, né sulla scienza, né su qualche persona, spirituale per quanto possa essere.

Una parte dei credenti di Corinto fondava la propria fede nei miracoli, annunciava l’evangelo di un Dio che interviene nella storia con opere potenti, che questo Dio c’è dove sono manifeste le sue opere e che non c’è dove non ci sono miracoli. «Dio ha fatto questa guarigione, vedete? Vuol dire che è dalla nostra parte».

Altri credenti si stupivano davanti a tale ingenuità e fondavano il loro cristianesimo su tesi filosofiche che spostavano la fede nell’ambito della ragione.

Ma a scompigliare le posizioni dei due gruppi giunge l’apostolo Paolo il quale critica e contesta con forza quelle tesi e quel tipo di cristianesimo che non aveva bisogno della croce di Cristo.

Per l’apostolo Paolo, l’annuncio dell’Evangelo non può essere fondato su altro fondamento che su Cristo crocifisso: non sul Cristo glorioso, non sul Cristo terapeuta e guaritore, non sul Cristo che pronuncia discorsi altamente filosofici. Perciò Paolo afferma: «Quando venni da voi, non venni ad annunciarvi la testimonianza di Dio con eccellenza di parola o di sapienza; poiché mi proposi di non sapere altro fra voi fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso… affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza, ma sulla potenza di Dio» (2,1.5).

Ma per i greci era una follia credere nell’annuncio di un uomo morto di morte violenta, era una pazzia fondare la fede su un segno infamante e umiliante quale era la croce; meglio era fondare la predicazione e la fede sull’immagine di un Dio glorioso, che è presente ovunque, che guarisce tutti, fondatore della sapienza e della scienza, e di tutto ciò che è comprensibile e intelligibile, perché lui stesso è sapienza.

Per l’apostolo è la croce di Cristo la sapienza di Dio, Paolo spiega che la predicazione non è un annuncio filosofico, non è l’annuncio miracolistico delle opere di Dio, ma è semplicemente l’annuncio della nuda croce dove Dio ha dato se stesso.

La croce è il luogo dove Dio si presenta al mondo. La croce è il luogo dove nessuno si sogna di andare.

La croce è una parola che evoca violenza e brutalità. Cicerone diceva di non nominarla mai perché “porta male”.

Eppure è là, sulla croce, che accade la rivelazione di Dio; sulla croce Dio rivela se stesso a noi, rivela la sua realtà più profonda, si rivela come il Dio d’amore.

I corinzi si erano impadroniti di Dio con la sapienza e la filosofia, con un dio nel cassetto che tiravano fuori nel bisogno. Ma Dio viene a noi nell’umiliazione di una croce e da quella croce ci dice: «Io sono qua, eccomi, nell’umiliazione e nello scherno della croce: non nelle filosofie umane, non negli eventi miracolistici in cui accorrono le masse per essere guarite nel corpo, non potrete possedermi con le vostre risorse umane, con la vostra intelligenza e la vostra sapienza; Io sono nel luogo dove l’amore si fa rinuncia a se stesso e diventa dono per l’altro».

L’unica predicazione possibile di Dio, dunque, è la croce. Predicare Dio lontano dalla croce, significa rendere inefficace il sacrificio di Cristo, significa predicare un altro Cristo, significa predicare se stessi.

Per i greci, predicare Cristo crocifisso significava sminuire il suo messaggio e la sua opera, perciò Paolo spiega che il messaggio dell’amore di Dio non si configura all’interno della nostra logica umana, anzi, ci appare follia. Perché Dio non realizza il suo Regno soppiantando con la sua potenza tutti i regni del mondo, distruggendo i malvagi e annientando i nemici. Questa è la nostra logica. Quante volte ci capita di gridare a Dio i nostri “perché?”, «perché, Dio, hai permesso questo?»; è come dire: «Se tu sei il Cristo scendi giù dalla croce!»

In effetti i corinzi annunciavano un Cristo che era sceso giù dalla croce.

La potenza di Dio risiede nel suo amore, esso non si impone, ma si propone. Contrariamente alla filosofia greca, l’apostolo predica un Dio che non mostra i muscoli della sua onnipotenza e della sua gloria distruggendo i suoi nemici, ma ci viene incontro con la sola forza dell’amore che si propone nella libertà e ci rende amici, fratelli e sorelle, proprio nell’amore.

Molti cristiani anche oggi non fondano la loro fede sul Cristo crocifisso ma si appoggiano su impostazioni scientifiche della fede per spiegare tutti i dubbi e le domande. Per molti cristiani, Dio c’è se esaudisce la loro richiesta di guarigione, Dio esiste perché fa miracoli, Dio è il mio Dio perché ha compiuto un miracolo per me. Come se Dio avesse bisogno di essere legittimato da loro per essere Dio, o dovesse per forza imporsi con opere miracolistiche per essere creduto. Al contrario, altri non credono in Dio perché non l’hanno mai visto compiere miracoli per loro.

Ma Dio non si lascia legare, non si lascia catturare dalle nostre logiche umane, dai nostri bisogni di divino e di ultraterreno.

Dio ci attende alla croce, nel luogo della rinuncia a al proprio dio su misura, nel luogo dove l’amore si compie nella sua più profonda espressività. Là, anche noi, saremo capaci di donarci a Dio e al prossimo, questo è l’effetto della croce, questo accade là dove c’è Dio: accade che ci si riconcilia con il prossimo, accade che si entra nell’orizzonte della solidarietà, della condivisione con gli altri, della comunione; ci si stringe insieme e si fa quadrato per un obiettivo comune, contro le forze del male, la violenza, la guerra, l’indigenza, ma anche l’illegalità, la corruzione che esercitano in modo subdolo, violenza, sopruso e prepotenza. Confidiamo, invece, nell’amore che si concretizza nel mondo proprio a partire dalla croce di Cristo. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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