Culto domenicale:
ore 10,00 Tempio dei Bellonatti

Numero di telefono del presbiterio: 0121.30.28.50

Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

Indirizzo: Via Beckwith 49, Luserna San Giovanni (TO), 10062, ITALIA

Tel/Fax: (+39) 0121/30.28.50

Mail: Per contattare il pastore via mail, clicca qui

 

Testo della predicazione: Romani 1,16-17

Io non mi vergogno del Vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco; poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com'è scritto: «Il giusto per fede vivrà».

Sermone

Cari fratelli e sorelle, qualche volta sarà capitato anche a voi di sentire tradita la nostra fiducia da un famigliare, parente o amico, oppure è capitato che un rapporto di amicizia si sia logorato perché è venuta meno la fiducia e quella fedeltà reciproca che teneva saldo quel rapporto. Non si sta affatto bene quando un legame si rompe, e allora ci difendiamo ripromettendoci di fidarci solo di noi stessi e di nessun altro.

Ecco, l'apostolo Paolo parla di questo rapporto tra Dio e noi, di un rapporto di fiducia che Dio vuole avere con noi.

Pensate, Lutero nella sua ricerca tormentata di risposte alle domande circa la salvezza, si è fermato sul testo di Romani 1,17 «Io giusto per fede vivrà» e da qui prese inizio la Riforma della chiesa.

L'apostolo Paolo, dice dell’Evangelo che esso è «potenza di Dio». Perché l'apostolo parla di potenza? Come protestanti abbiamo sempre contestato il potere della chiesa. Eppure, per l’apostolo l’Evangelo è potenza di Dio. Che significa dunque?

Per tutti noi l’Evangelo è un messaggio, un annuncio, una parola da dare, non una potenza, anche se di Dio. L'Evangelo non è semplicemente una parola che proclama un contenuto, l’Evangelo è una forza creatrice, la Parola dell’Evangelo è qualcosa che accade, si rea­lizza ciò che afferma.

Testo della predicazione: Esodo 33, 17-23

Il Signore disse a Mosè: «Farò anche questo che tu chiedi, perché tu hai trovato grazia agli occhi miei, e ti conosco personalmente». «Mosè disse: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!» Il Signore gli rispose: «Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà, proclamerò il nome del Signore davanti a te; farò grazia a chi vorrò fare grazia e avrò pietà di chi vorrò avere pietà». Disse ancora: «Tu non puoi vedere il mio volto, perché l'uomo non può vedermi e vivere». E il Signore disse: «Ecco qui un luogo vicino a me; tu starai su quel masso; mentre passerà la mia gloria, io ti metterò in una buca del masso, e ti coprirò con la mia mano finché io sia passato; poi ritirerò la mano e mi vedrai da dietro; ma il mio volto non si può vedere».

Sermone

Mosè vuole vedere il volto del Signore.

Cari bambini e bambine, sapete chi è Mosè?

Certo che sì, Mosè è quello che quando nasce doveva morire perché il Faraone d’Egitto voleva uccidere tutti i bambini maschi. Così sua madre lo mette in una cesta di vimini e lo lascia galleggiare sul fiume Nilo, sperando che, lontano dal Faraone, qualcuno lo avrebbe salvato e preso con sé.

E così succede davvero, ma non andrà lontano quel cesto col bimbo dentro, sarà la figlia del Faraone che lo noterà e lo prenderà con sé. Vivrà alla corte del Faraone, proprio lui, il bimbo che voleva morto.

Ma Mosè non era egiziano, era ebreo, e così difende gli ebrei schiavi in Egitto e costretti a lavorare per costruire i palazzi sontuosi del Faraone. Mosè non tollera l’ingiustizia e la prepotenza. Così scappa lontano, e lontano dall’Egitto, sul monte Sinai incontra Dio.

Prima non lo conosceva, neppure lo aveva mai sentito nominare, e ora Dio si presenta a Mosè per parlargli. Lo attira sul monte con un albero che bruciava, ma non si consumava mai. Così, Dio parla a Mosè per dirgli che lo aveva scelto per liberare il suo popolo schiavo degli egiziani e costretto ai lavori forzati.

Così, Mosè ha il grande coraggio di andare dal Faraone per dirgli di liberare il popolo schiavo, gli ebrei. Ma il faraone non voleva rinunciare a tanta manodopera gratis, non voleva rinunciare ai suo nuovi palazzi e si rifiuta. Ma poi Dio lo costringerà a cedere e a lasciare andare gli ebrei.

Essi partono, ma si trovano davanti al mare da attraversare, con gli egiziani che li inseguono per ucciderli, perché il Faraone non voleva più lasciarli andare, era molto arrabbiato.

Testo della predicazione: Matteo 4,12-17

Gesù, udito che Giovanni era stato messo in prigione, si ritirò in Galilea. E, lasciata Nazaret, venne ad abitare in Capernaum, città sul mare, ai confini di Zabulon e di Neftali, affinché si adempisse quello che era stato detto dal profeta Isaia: «Il paese di Zabulon e il paese di Neftali, sulla via del mare, di là dal Giordano, la Galilea dei pagani, il popolo che stava nelle tenebre, ha visto una gran luce; su quelli che erano nella contrada e nell'ombra della morte una luce si è levata». Da quel tempo Gesù cominciò a predicare e a dire: «Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, la predicazione di Gesù ha uno scopo particolare: all'umanità viene data una chiave di lettura nuova della vita e della storia, attraverso la quale, ci possiamo collocare, nel contesto umano, come uomini e donne che hanno la possibilità di sfuggire a un destino tragico, di paura e di morte. Ci è data la possibilità di essere riscattati dal giogo della vita umana intessuta di fallimenti, di discriminazioni, di intolleranze, emarginazioni, dal potere delle guerre, distruzioni, dal peso delle violenze inaudite come quelle che abbiamo appreso negli ultimi giorni a Berlino, in Turchia e non solo.

Ma quale risposta diamo come credenti a coloro che domandano: «perché Dio permette tutto questo?».

Gesù si è presentato all’umanità nascendo in una stalla e morendo su una croce, è stato vittima della scelleratezza e della malvagità umana, si è presentato con tutta la debolezza che umanamente ci è propria e l’ha vissuta fino in fondo. Dio non ha fatto improvvisamente irruzione nella storia del mondo con tutto il suo potere e la sua forza, deciso a risolvere lui tutti i problemi dell’umanità. No! Gesù, piuttosto, ci ha insegnato il modo di superarli, di accettarli, di sopravvivere ad essi con dignità.

Dio ha fatto parte della nostra storia, del nostro mondo, della nostra umanità debole, caduca, per dirci che, con noi, anche lui è partecipe del nostro destino umano; il suo essere presente nella nostra quotidianità è la nostra speranza, il nostro nuovo destino che si delinea con contorni sempre più netti.

È questo il Dio che conosciamo, il Dio che viene a noi: Dio ci è davvero vicino in ogni momento della vita, nella sofferenza e nel dolore, si fa solidale con noi, ci accompagna nelle difficoltà, ci tiene per mano quando si fa buio, quando rallentiamo il passo perché non riusciamo a vedere chiaramente dove poggiare in modo fermo il nostro piede. Quando siamo confusi e non sappiamo più capire il senso di quanto accade attorno a noi.

Domenica, 25 Dicembre 2016 12:49

Sermone di Natale 2016 (Michea 5,1-4a)

Testo della predicazione: Michea 5,1-4a

Da te, o Betlemme, Efrata, piccola per essere tra le migliaia di Giuda, da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele, le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni. Perciò egli li darà in mano ai loro nemici, fino al tempo in cui colei che deve partorire partorirà; e il resto dei suoi fratelli tornerà a raggiungere i figli d'Israele. Egli starà là e pascolerà il suo gregge con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. E quelli abiteranno in pace, perché allora egli sarà grande fino all'estremità della terra. Sarà lui che porterà la pace.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, un proverbio ebraico dice così: «Non sprezzare alcun uomo e non svilire alcun oggetto, poiché non vi è uomo che non abbia la sua ora e non vi è cosa che non trovi il suo posto» (Trattato dei princìpi).

Betlemme era un villaggio tanto insignificante e così privo di importanza che quando i profeti dell'Antico Testamento lo nominavano la gente si domandava: «Ma cosa può venire di buono da Betlemme?». Eppure, il profeta pone l'accento sull’insignificanza di questa cittadina come qualcosa di grande e importante.

     Facciamo un piccolo passo indietro di 2700 anni, e andiamo al 720 a.C. Il regno del Sud vive sotto l'incubo dell'invasione degli Assiri, ormai il Regno del Nord è già caduto nel 722 sotto i pesanti colpi inferti dall'Assiria; «A chi toccherà adesso?», si domandava con inquietudine il popolo.

«Toccherà a noi», risponde il profeta Michea, toccherà ad Israele che non pratica più il diritto e la giustizia! «I suoi Capi giudicano per ottenere regalie (3,11); opprimono di deboli (2,1); dice: «Strappate le vesti addosso a chi passa tranquillo… cacciate le donne dalle case… togliete per sempre la gioia ai loro figli. Voi capi e magistrati del popolo: non dovreste occuparvi della giustizia? Ma voi… spellate la gente, anzi le strappate la carne dalle ossa. Voi divorate il mio popolo… lo fate a pezzi… come fosse carne da buttare nella pentola» (2,8-9; 3,1-3).

Michea solo condanna le ingiustizie e tuona contro chi crede di avere pure la protezione di Dio. Molti dicono al profeta: «Zitto, smettila di annunziare che saremo colpiti dal Signore! Chi l'ha detto che sarà così? Sarebbe questo il modo paziente di agire di Dio?» (2,6).

Testo della predicazione: Genesi 19,1-11

I due angeli giunsero a Sodoma verso sera. Lot stava seduto alla porta di Sodoma; come li vide, si alzò per andare loro incontro, si prostrò con la faccia a terra, e disse: «Signori miei, vi prego, venite in casa del vostro servo, fermatevi questa notte, e lavatevi i piedi; poi domattina vi alzerete per tempo e continuerete il vostro cammino». Essi risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». Ma egli fece loro tanta premura, che andarono da lui ed entrarono in casa sua. Egli preparò per loro un rinfresco, fece cuocere dei pani senza lievito ed essi mangiarono. Ma prima che si fossero coricati, gli uomini della città, i Sodomiti, circondarono la casa: giovani e vecchi, la popolazione intera venuta da ogni lato. Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono venuti da te questa notte? Falli uscire, perché vogliamo abusare di loro». Lot uscì verso di loro sull'ingresso della casa, si chiuse dietro la porta, e disse: «Vi prego, fratelli miei, non fate questo male! Ecco, ho due figlie che non hanno conosciuto uomo: lasciate che io ve le conduca fuori, e voi farete di loro quel che vi piacerà; ma non fate nulla a questi uomini, perché sono venuti all'ombra del mio tetto». Essi però gli dissero: «Togliti di mezzo!» E ancora: «Quest'individuo è venuto qua come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a quelli!» E, premendo Lot con violenza, s'avvicinarono per sfondare la porta. Ma quegli uomini stesero la mano, tirarono Lot in casa con loro e chiusero la porta. Colpirono di cecità la gente che era alla porta della casa, dal più piccolo al più grande, così che si stancarono di cercare la porta.

Sermone

Il testo biblico, al capitolo che precede il nostro brano, ci dice che gli abitanti di Sodoma erano persone violente e brutali; era cioè una società che si opponeva a Dio e al suo progetto di fraternità, di accoglienza, ospitalità dichiarato fin dal primo capitolo della Genesi. I profeti Isaia e Zaccaria parleranno di quella città come di luogo in cui si praticava l’ingiustizia e la corruzione; gli abitanti peccavano d’orgoglio e d’indolenza; erano indifferenti verso i bisognosi.

Avevano cioè trasformato quella che doveva essere l’immagine di Dio in noi, in qualcosa di diabolico, malvagio e spietato. 

Il mondo, di nuovo, come ai tempi di Noè, si dirigeva verso la sua autodistruzione. Il testo biblico, al capitolo precedente, riporta una vivace discussione tra Abramo e Dio, nella quale Dio stesso dichiara di voler distruggere la città di Sodoma ma che, per amore di uno sparuto numero di persone giuste, 10 persone, non l’avrebbe fatto.

Non si troveranno neppure 10 persone giuste a Sodoma, perciò le sorti della città erano segnate.

Testo della predicazione: Filippesi 2,1-5

Se dunque v’è qualche incoraggiamento in Cristo, se vi è qualche conforto d’amore, se vi è qualche comunione di Spirito, se vi è qualche tenerezza di affetto e qualche compassione, rendete perfetta la mia gioia, avendo un medesimo pensare, un medesimo amore, essendo di un animo solo e di un unico sentimento. Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a sé stesso, cercando ciascuno non il proprio interesse, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, dal carcere di Efeso l’apostolo Paolo scrive questa lettera alla chiesa della città di Filippi. Da lì rivolge un appello a quella comunità che ha visto nascere e crescere, una comunità alla quale era molto legato.

L’apostolo dice in tono paterno: «rendete perfetta la mia gioia: abbiate un medesimo pensare, un medesimo amore, siate di un animo solo e di un unico sentimento».

Per lui, quella era la sua famiglia, la comunità dei credenti, perché questo in fondo è la chiesa: una famiglia, essa si fonda sull’affetto, sull’amore reciproco e sui legami che questo crea.

Dunque, l’apostolo fa appello all’amore, quello che lega questi due sposi tra loro, Irene e Dennis, l’amore sta alla base di ogni legame, ogni affetto, ogni tipo di famiglia.

Chi ama non sbaglia mai.

Mercoledì, 30 Novembre 2016 19:22

Lezione 2: La cristologia giovannea

La cristologia giovannea

Fin dai primi anni del movimento, i cristiani cercarono di giungere a visioni comuni sulla natura di Gesù di Nazareth, tale lavoro si concluse nel Concilio di Nicea nel 325 d.C. Nel Nuovo Testamento vi sono molti sforzi atti a formulare quello che i cristiani volevano dire su Gesù, sulla sua persona e sulla sua opera: essi cercano parole adeguate ad esprimere la loro fede in Cristo. Il Vangelo di Giovanni dà un contributo alla visione che i credenti del primo secolo avevano di Cristo.

La cristologia del Logos

Leggiamo di nuovo il prologo di Giovanni (1,1-18) ponendo attenzione a quanto in esso è affermato circa la natura e l’opera della “Parola”:

1 Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. 3 Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. 4 In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. 5 La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno sopraffatta.

6 Vi fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per render testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Egli stesso non era la luce, ma venne per render testimonianza alla luce. 9 La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo. 10 Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l'ha conosciuto. 11 È venuto in casa sua e i suoi non l'hanno ricevuto; 12 ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome; 13 i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma sono nati da Dio.

14 E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre. 15 Giovanni gli ha reso testimonianza, esclamando: «Era di lui che io dicevo: "Colui che viene dopo di me mi ha preceduto, perché era prima di me. 16 Infatti, dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia"». 17 Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo. 18 Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere.

Lunedì, 28 Novembre 2016 22:37

Sermone di domenica 27 dicembre 2016

Testo della predicazione: Vangelo di Giovanni 8,3-11

Gli scribi e i farisei gli condussero una donna colta in adulterio; e, fattala stare in mezzo, gli dissero: «Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. Or Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare tali donne; tu che ne dici?» Dicevano questo per metterlo alla prova, per poterlo accusare. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra. E, siccome continuavano a interrogarlo, egli, alzato il capo, disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva in terra. Essi, udito ciò, e accusati dalla loro coscienza, uscirono a uno a uno, cominciando dai più vecchi fi no agli ultimi; e Gesù fu lasciato solo con la donna che stava là in mezzo. Gesù, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: «Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?» Ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neppure io ti condanno; va' e non peccare più».

Sermone a cura di Lidia Maggi (tratto da: L’evangelo delle donne, figure femminili nel Nuovo Testamento – Claudiana 2010)

Una donna viene portata a Gesù che, seduto per terra, giudica e ammaestra nel cortile del Tempio. Una donna usata per incastrarlo. A nessuno sembra interessare la sua vita. È solo un’adultera, colta in flagrante e destinata alla lapidazione. Sola contro quegli uomi­ni che si appellano alla durezza della loro legge per farla morire; sola senza colui che ha amato, colpevole come lei, eppure latitan­te. Sola con tutti gli occhi puntati su di lei, sguardi pesanti come macigni che la scrutano, la invadono e la colpiscono prima ancora delle pietre. Sguardi insistenti e morbosi.

Eccola davanti a Gesù. L’unico con il capo chinato; il solo che le risparmia anche la sofferenza di occhi giudicanti.

Ci sono situazioni dove lo sguardo infiamma, come nell’incon­tro con il giovane ricco: «e Gesù guardatolo negli occhi l’amo»; e altre in cui lo sguardo spegne, diventa tortura.

Gesù, con il capo chino, scrive sulla sabbia. Traccia segni che in pochi istanti svaniranno. Intorno a lui, uomini pronti a lanciare sassi, a uccidere. Nel mezzo, la donna.

I Vangeli di Matteo e Luca riportano il racconto della nascita di Gesù e una genealogia, quello di Marco parte dal ministero di Gesù. Il Vangelo di Giovanni inizia con un prologo teologico e con la predicazione di Giovanni Battista, non vi troviamo nessuna narrazione della natività e nessuna genealogia. L’intenzione dell’autore è dare rilievo a Gesù come Parola, Logos, che era con Dio fin dall’inizio, partecipa alla creazione e poi diventa un essere umano. In Giovanni, Gesù non nasce neppure per un intervento straordinario dello Spirito Santo, perché egli esisteva da sempre; è la manifestazione incarnata della Parola eterna.

Nei Vangeli, Gesù si rapporta a Dio chiamandolo “Padre”, nel quarto, Gesù parlando di sé dice “Io sono”, un termine che, nell’Antico Testamento, è riferito a Dio: “Io sono colui che sono” (Esodo 3,14).

Nei Vangeli, la festa di Pasqua, durante il ministero di Gesù, passa una sola volta, nel quarto viene richiamata in tre occasioni deducendone che il ministero di Gesù si sia svolto nel tempo di tre Pasque, mentre, secondo i vangeli sinottici nell’arco di un solo anno. È probabile, tuttavia che Giovanni dia un significato teologico alla Pasqua, infatti Giovanni anticipa la passione di Gesù di un giorno, rispetto agli altri vangeli, affinché la crocifissione coincida con il momento in cui gli ebrei scannavano l’agnello pasquale.

I vangeli sinottici parlano dell’ultima cena come una Cena pasquale, e questa non c’è in Giovanni che riporta, invece, la lavanda dei piedi.

Che Gesù sia crocifisso proprio mentre si uccidono gli agnelli per la Pasqua, significa che egli è davvero «L’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» come dice il Battista in 1,29. Solo Giovanni paragona Gesù all’agnello immolato, gli altri Vangeli, no!

Nel quarto vangelo mancano i seguenti episodi: il battesimo di Gesù; le tentazioni nel deserto; la confessione di Pietro che dice: «Tu sei il Cristo, il Figlio dell’Iddio vivente»; la trasfigurazione, l’agonia nel Getsemani, l’istituzione dell’ultima cena; il grido di abbandono sulla croce. I seguenti elementi sono contenuti solo in Giovanni: le nozze di Cana, il dialogo con Nicodemo, l’incontro con la donna samaritana, la risurrezione di Lazzaro, la lavanda dei piedi ai discepoli.

Testo della predicazione: Apocalisse 21,1-7

Vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi, e il mare non c’era più. E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scender giù dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate». E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». Poi mi disse: «Scrivi, perché queste parole sono fedeli e veritiere», e aggiunse: «Ogni cosa è compiuta. Io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita. Chi vince erediterà queste cose, io gli sarò Dio ed egli mi sarà figlio.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, l’apocalisse è un libro scritto durante le difficili persecuzioni della chiesa da parte dei romani e in particolare dell’imperatore Domiziano. Ci sono scritte parole di conforto e di consolazione per poter superare tempi difficili e duri; si poteva morire per la propria fede, solo per il fatto di essere cristiani, come accade ancora oggi, in alcune parti del mondo dove le chiese sono incendiate e i credenti uccisi.

L’autore dell’Apocalisse, allora, vede un tempo nuovo, addirittura un nuovo mondo, una nuova terra, una nuova città da abitare, una nuova città santa, Gerusalemme, un mondo dove non ci sarà più il dolore, la sofferenza, il piano e il lutto.

Per certi versi, qui ci è detto che ci sarà una fine del mondo, ma che dopo non ci sarà il nulla, ma un mondo nuovo, finalmente felice.

     Nel Medioevo si credeva che l’anno 1000 sarebbe stato il limite del tempo, oltre il quale ci sarebbe stata la fine. Tutti si preoccupavano e si domandavano: “Cosa succederà, alla fine dei tempi?” È una grande domanda che, ancora oggi, molti si pongono. Alcuni credono perfino di avere la risposta. Da sempre, in tutti i tempi e in tutte le culture, questa domanda ha suscitato angoscia e turbamento e sono state date risposte estremamente diversificate.

     Anche la Bibbia si pone la stessa domanda e ci dà una risposta: dopo la fine di questo mondo ci sarà un nuovo cielo e una nuova terra dove quelli che sono stati perseguitati e condannati ingiustamente per la loro fede vivranno felici: non ci sarà più la sofferenza, il dolore, il pianto e neppure la morte.