Culto domenicale:
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Testo della predicazione: Ebrei 4, 4-16

«A proposito del settimo giorno, è detto così: «Dio si riposò il settimo giorno da tutte le sue opere»; e di nuovo nel medesimo passo: «Non entreranno nel mio riposo!». Poiché risulta che alcuni devono entrarci, e quelli ai quali la buona notizia fu prima annunziata non vi entrarono a motivo della loro disubbidienza, Dio stabilisce di nuovo un giorno - oggi - dicendo per mezzo di Davide, dopo tanto tempo, come si è detto prima: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!». Infatti, se Giosuè avesse dato loro il riposo, Dio non parlerebbe ancora d'un altro giorno. Rimane dunque un riposo sabbatico per il popolo di Dio; infatti chi entra nel riposo di Dio si riposa anche lui dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue. Sforziamoci dunque di entrare in quel riposo, affinché nessuno cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza. Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore. E non v'è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto. Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno». 

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, l’autore della lettera agli Ebrei rivolge un lungo sermone ai suoi destinatari per incoraggiarli circa le difficoltà che vivevano nella società come credenti cristiani. Questi credenti trovavano umiliante credere in un Cristo come “uomo di dolore”, le persecuzioni che essi stessi subivano avevano provocato delusione, perché si aspettavano una salvezza che li liberasse dalle sofferenze umane.

Il predicatore però, cerca di rendere ragione dei testi biblici su cui si appoggiavano i credenti, spiegandone il senso autentico, non letterale, ma spirituale, per cui le Scritture dell’Antico Testamento diventano la prefigurazione di un nuovo Patto che Dio farà con l’umanità. Il nuovo Patto è perfetto perché non è stato compiuto con il sangue di animali, ma con il sangue di Cristo, che è la Parola vivente di Dio, Dio stesso che si offre all’umanità. Il nuovo Patto è per sempre, non servono altri olocausti, altre offerte a Dio, ma è accaduto una volta per tutte.

Testo della predicazione: Isaia 58,1-9a

«Grida a piena gola, non ti trattenere, alza la tua voce come una tromba; dichiara al mio popolo le sue trasgressioni, alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Mi cercano giorno dopo giorno, prendono piacere a conoscere le mie vie, come una nazione che avesse praticato la giustizia e non avesse abbandonato la legge del suo Dio; mi domandano dei giudizi giusti, prendono piacere ad accostarsi a Dio. "Perché", dicono essi, "quando abbiamo digiunato, non ci hai visti? Quando ci siamo umiliati, non lo hai notato?" Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi fate i vostri affari ed esigete che siano fatti tutti i vostri lavori. Ecco, voi digiunate per litigare, per fare discussioni, e colpite con pugno malvagio; oggi, voi non digiunate in modo da far ascoltare la vostra voce in alto. È forse questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l'uomo si umilia? Curvare la testa come un giunco, sdraiarsi sul sacco e sulla cenere, è dunque questo ciò che chiami digiuno, giorno gradito al Signore? Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si  spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo? Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne? Allora la tua luce spunterà come l'aurora, la tua guarigione germoglierà prontamente; la tua giustizia ti precederà, la gloria del Signore sarà la tua retroguardia. Allora chiamerai e il Signore ti risponderà; griderai, ed egli dirà: Eccomi!

Sermone

     Cari fratelli e care sorelle, è una promessa di salvezza che il profeta Isaia annuncia e l’ fa in un’epoca difficile, quando il popolo è reduce dall’esilio in terra straniera, Babilonia. Il re persiano Ciro nel 538 a.C. è vincitore su Babilonia ed emana un editto che pone fine all’esilio di Israele; così comincia il ritorno in patria dei profughi esiliati, e con difficoltà, si ripopolano le campagne, comincia una lenta ricostruzione di quanto era stato distrutto e raso al suolo, anche il tempio di Gerusalemme.

     Ma le ristrettezze economiche fanno vacillare quanti hanno compiuto questo atto di fede, spesso si fermano i lavori di ricostruzione, presto entra lo scoramento e la sfiducia, lo slancio di un nuovo inizio presto si affievolisce.

     È a questa gente che Isaia parla, gente che tuttavia si rivolge a Dio, e a lui domanda quale futuro si delinea davanti a loro. Il lamento che sale a Dio è collettivo. Il popolo si rivolge a Dio nel culto, rende a Lui sacrifici, pratica diversi riti e, in particolare, il digiuno.

Ma Dio se ne sta in silenzio.

Testo della predicazione: Atti degli Apostoli 16,6-15

Poi attraversarono la Frigia e la regione della Galazia, perché lo Spirito Santo vietò loro di annunciare la parola in Asia; e, giunti ai confini della Misia, cercavano di andare in Bitinia; ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; e, oltrepassata la Misia, discesero a Troas. Paolo ebbe durante la notte una visione: un macedone gli stava davanti, e lo pregava dicendo: «Passa in Macedonia e soccorrici». Appena ebbe avuta quella visione, cercammo subito di partire per la Macedonia, convinti che Dio ci aveva chiamati là, ad annunciare loro il vangelo. Perciò, salpando da Troas, puntammo diritto su Samotracia, e il giorno seguente su Neapolis; di là ci recammo a Filippi, che è colonia romana e la città più importante di quella regione della Macedonia; e restammo in quella città alcuni giorni. Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera; e sedutici parlavamo alle donne là riunite. Una donna della città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio, ci stava ad ascoltare. Il Signore le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo. Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: «Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore, entrate in casa mia, e alloggiatevi». E ci costrinse ad accettare.

Sermone

Care sorelle, cari fratelli,

per chi desidera annunciare l’evangelo cioè la buona notizia che da senso alla vita, percepire che c’è qualcuno che lo aspetta, che ne ha bisogno è una motivazione forte. Così è stato per noi nei decenni successivi al 1848. La missione delle chiese evangeliche in Italia era motivata dalla convinzione che oltre il ghetto valdese ci fossero persone che avevano bisogno dell’evangelo. Anche i nostri antenati avevano sognato come Paolo, un uomo, rappresentante di tutto un popolo, che diceva: “vieni a soccorrerci”.

La base di ogni evangelizzazione è la convinzione che c’è qualcuno che ha bisogno del soccorso dell’annuncio di Cristo. Paolo così parte, dall’Asia si trasferisce in Europa, in Macedonia (oggi Grecia del nord); finalmente, dopo un periodo di stasi nella missione, può ripartire, per giunta con una forte motivazione.

Ma giunto a Filippi, non si capisce immediatamente l’urgenza, l’attesa della predicazione. Dove è il popolo in attesa dell’evangelo? Per alcuni giorni Paolo e i suoi collaboratori girano per la città, vagabondano senza trovare un punto di aggancio per la loro predicazione. Non c’è nemmeno una sinagoga in città. Alla fine, di sabato (tradizionale giorno di riunione nelle sinagoghe) si dirigono fuori dalla porta della città e come in un estremo tentativo, cercano la sinagoga vicino al fiume (le sinagoghe avevano bisogno di fonti vicine per i riti di purificazione). Il macedone bisognoso della predicazione dell’evangelo rappresentava forse la comunità degli uomini ebrei di Filippi? Ma anche questa volta grande è la delusione. Lungo il fiume non c’è nessuna sinagoga. Ci sono solo delle donne probabilmente impegnate a lavorare. Il testo ci presenta una di loro, la capa, si chiama  Lidia, commerciante di porpora, una straniera (originaria di Tiatiri in Asia), simpatizzante  ebrea (il testo dice timorata di Dio). Il sogno dell’uomo macedone destinatario dell’annuncio dell’evangelo prende corpo in un gruppo di donne.

Testo della predicazione: Romani 12, 1-2

Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli,

"...quantunque la vostra situazione sia lungi dall'essere risolta, di fatto siete ormai emancipati e potete partecipare ampiamente a tutto ciò che accade intorno a voi. Con un impegno energico, la coscienza della propria responsabilità ed una volontà decisa, potreste compiere grandi cose; tutto dipende da voi stessi. […] Se avrete una forza intrinseca riuscirete, altrimenti finirete confusi nella massa e non si sentirà più parlare di voi […] le cose vecchie sono passate, le nuove stanno sbocciando. D'ora innanzi o siete dei missionari o non siete nulla […] il significato vostro in futuro dipende dal posto che otterete nella società piemontese e dall'atteggiamento morale e religioso che saprete assumere in essa […]. La scelta è restare nascosti nella propria oscurità o attirare su di sé l'attenzione della gente […]. Occorre avere piena convinzione  nella propria causa e coraggio di camminare innanzi sulla strada delle libertà civili e religiose senza secondi fini con perseveranza e rettitudine, altrimenti rischiate di essere sorpassati, annullati, cancellati".

Queste parole scrive Beckwith al pastore, vice moderatore, Lantaret, e in lui egli scrive a tutta la chiesa valdese un mese prima della promulgazione delle lettere patenti di re Carlo Alberto. Le conosciamo bene queste parole, così intrise di praticità inglese eppure così profetiche ed urgenti. Ora il ghetto non c'è più e davanti al popolo valdese c'è il Piemonte, e poi qualche anno dopo ci sarà l'Italia. Essi, che fino a ieri erano stati fisicamente e psicologicamente limitati alle valli, ora hanno davanti ai loro occhi, usando un lignaggio ottocentesco, una messe del Signore ben più ampia, e sicuramente questo li spaventa, Beckwith lo sa e li esorta ad avere il coraggio della missione, ad uscire dal limite psicologico del ghetto.

Testo della predicazione: Romani 9, 15-20

Dio dice a Mosè: «Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione». Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. La Scrittura infatti dice al faraone: «Appunto per questo ti ho suscitato: per mostrare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra». Così dunque egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole. Tu allora mi dirai: «Perché rimprovera egli ancora? Poiché chi può resistere alla sua volontà?» Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio? La cosa plasmata dirà forse a colui che la plasmò: «Perché mi hai fatta così?» 

Sermone

     Cari fratelli e care sorelle, cari bambini e care bambine, sapete, l’apostolo Paolo era un pastore che cercava di spiegare alla chiesa che Dio si dà da fare per il bene di tutti. Anche quando sembra che le cosa vadano male, in realtà Dio è vicino a quelle persone, li vuole ancora più bene e li aiuta a superare le difficoltà.

     Ricordate tutti la storia del popolo in Egitto e del cattivo faraone che lo rendeva schiavo, vero? Ecco, Dio mostra al popolo, Israele, quanto gli vuole bene, facendo diventare il faraone ancora più cattivo, ancora più testardo. Infatti il faraone non voleva lasciare partire Israele per abitare in una terra tutta sua. Allora, Dio si dà da fare, fa partire il popolo, apre le acque del Mar Rosso per farlo attraversare dal popolo e gli egiziani che lo inseguivano per catturalo e farlo tornare indietro restano a guardare perché le acque si richiudono,torna il mare, e non possono attraversarlo.

Ritorniamo a Paolo, questo, pastore che ci spiega che Dio fa le cose per il nostro bene, senza chiedercene il permesso, come quando la mamma vi dà la medicina per guarire, e ci spiega che Dio è libero e che vuole per noi la libertà.

Questa sera, se la pioggia lo permette, accenderemo un grande fuoco su un grande prato, un falò per ricordare che Dio, tanti anni fa, si è dato da fare per rendere liberi i valdesi, che prima non lo erano, furono liberi di poter andare a studiare e a lavorare anche fuori da queste Valli. Quindi, stasera, faremo una grande festa attorno al fuoco per dire “grazie” al Signore che ci ha aiutati a renderci liberi. 

Testo della predicazione: II Pietro 1,16-19

Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. Egli, infatti, ricevette da Dio Padre onore e gloria quando la voce giunta a lui dalla magnifica gloria gli disse: «Questi è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto». E noi l'abbiamo udita questa voce che veniva dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo. Abbiamo inoltre la parola profetica più salda: farete bene a prestarle attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, fino a quando spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori». 

Sermone

     Care sorelle e cari fratelli, la seconda lettera di Pietro è scritta da un credente molto preoccupato per Chiesa del Signore. Siamo nel secondo secolo e si avverte una grande stanchezza, la promessa del ritorno di Cristo si fa attendere e molti credenti hanno cominciato a sostenere che il suo ritorno non accadrà, che in fondo neppure la venuta di Cristo ha cambiato nulla nel mondo. Dunque alcuni cominciano a dire: «Dov’è la promessa della sua venuta? I nostri padri sono morti e nulla è cambiato fin dalla creazione» (3,4). Tutto è come prima, non ci sono segni che attestino la realizzazione di una promessa e neppure che qualcosa, in futuro, cambierà. Nulla è cambiato da quando il mondo è stato creato.

Affermazione che rivela una grande disillusione e soprattutto una affermazione che invita a non illudersi ancora ingannando se stessi. Cristo è morto, è risuscitato, è salito al cielo per chi, per cosa? Si domandavano alcuni. Noi siamo qui a subire un mondo violento e ostile, sopportiamo persecuzioni e soprusi, ci contrapponiamo a una morale persa nella disonestà e nella licenziosità, ma senza un riconoscimento, senza che il nostro impegno scalfisca nulla, senza che cambi qualcosa, senza che questo mondo migliori davvero. Tanto vale comportarsi come tutti gli altri, vivendo e godendosi la vita.

Culto a cura del gruppo giovani "Il Grappolo".

Simona: Che cos'è un muro?

Monica: Mah, cercando sul dizionario la prima voce è quella del termine edilizio, cioè un insieme di mattoni che è fondamento strutturale di edifici. In latino, per esempio, il "murus" indica una costruzione per difendere, come una muraglia che difende una città. In contrapposizione al vocabolo "pàries", la parete di una casa. Il termine inglese invece, WALL, deriva dal VALLUM, il Vallo di Adriano, che oltre ad essere un elemento difensivo, segnava un netto confine tra due zone di dominio.

Simona: Dunque i muri sono di mattoni, pietre, calce...?

Monica: No! Ci sono muri di filo spinato, di barili...

Sara: Sì, però non tutti i muri sono materiali. Spesso ci costruiamo barriere che ci alterano la percezione della realtà esterna, che ci impediscono di riconoscere le cose come sono realmente.

Simona: Ah, mi fai degli esempi?

Sara: Beh, non hai mai sentito parlare del muro dell'indifferenza? È l'espressione con cui si intende quell'atteggiamento di omertà che incontriamo con la Mafia, con la Zona Grigia di cui Levi parlava ne "I sommersi e i salvati", quelli che sanno, sono a conoscenza dei fatti, ma preferiscono tacere, per paura, per vergogna, per disinteresse, ma anche perché finché questa cosa non li tocca direttamente, non si sentono chiamati in causa, in dovere di intervenire o agire.

Monica: Beh, allora mi stai facendo venire in mente quei muri che ci creiamo per nascondere una parte di noi di cui ci vergogniamo, di cui siamo insicuri. È vero, magari sono paturnie, ma sempre muri sono!

Simona: Beh, ma persino qua davanti al nostro Tempio dei Bellonatti c'era un muro nel 1800! Pareva che i 40 parrocchiani della chiesa cattolica venissero disturbati dalla vista dei valdesi che venivano al culto!

Sara: Ah beh, ma se allora vogliamo addentrarci in questioni spinose si può parlare dei muri che si erigono per paura dell'altro, del diverso, per diffidenza, ma anche per odio. Nel mondo, il muro di Berlino è quello più conosciuto, ma dopo la sua caduta, si sono costruiti molti altri muri, di cui generalmente non si parla, ma che hanno un forte peso per le comunità che dividono.

Testo della predicazione: Atti 10,23b-28

Il giorno seguente andò con loro; e alcuni fratelli di Ioppe l’accompagnarono. L’indomani arrivarono a Cesarea. Cornelio li stava aspettando e aveva chiamato i suoi parenti e i suoi amici intimi. Mentre Pietro entrava, Cornelio, andandogli incontro, si inginocchiò davanti a lui. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati, anch’io sono uomo!» Conversando con lui, entrò e, trovate molte persone lì riunite, disse loro: «Voi sapete come non sia lecito a un giudeo di aver relazioni con uno straniero o di entrar in casa sua; ma Dio mi ha mostrato che nessun uomo deve essere ritenuto impuro o contaminato».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, la lettura biblica di oggi ci fa assistere a un fatto singolare che dà inizio all’apertura della chiesa verso il mondo, verso le persone che non facevano parte d’Israele. Il fatto non deve essere dato per scontato perché la legge ebraica giudicava impura una persona che non apparteneva al popolo d’Israele, tale impurità era contagiosa, perciò non si potevano avere contatti con i pagani, né si poteva entrare nelle loro case.

Perfino chi viaggiava fuori dai confini della Palestina, al suo rientro doveva sottoporsi a riti di purificazione prima di inserirsi nella vita sociale della propria città.

Dunque l’epoca della chiesa primitiva era segnata da nette divisioni che Gesù aveva individuato cercando di spiegare che tutte le barriere che dividono vanno abbattute, per questo Gesù tocca un lebbroso, si lascia toccare da una donna ritenuta impura a causa delle sue emorragie di sangue, va a tavola con i peccatori e i pubblicani, non disdegna di riconoscere una grande fede nella donna siro-fenicia, parla con una samaritana di teologia, ecc…

Testo della predicazione: Ecclesiaste 1,8-11

Ogni cosa è in travaglio, più di quanto l'uomo possa dire; l'occhio non si sazia mai di vedere e l'orecchio non è mai stanco di udire. Ciò che è stato è quel che sarà; ciò che si è fatto è quel che si farà; non c'è nulla di nuovo sotto il sole. C'è forse qualcosa di cui si possa dire: «Guarda, questo è nuovo?» Quella cosa esisteva già nei secoli che ci hanno preceduto. Non rimane memoria delle cose d'altri tempi; così di quanto succederà in seguito non rimarrà memoria fra quelli che verranno più tardi.

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, la prossima domenica sarà la domenica della Memoria, che ricorda quando i cancelli le campo di concentramento nazista di Auschwitz furono aperti, era il 27 gennaio 1945. Sia in questa domenica che nella prossima rifletteremo sul senso della MEMORIA.

Alla nostra attenzione oggi un testo biblico tratto dal libro dell’Ecclesiaste che ci parla della memoria, o meglio del pessimismo riguardo alla memoria del passato, della storia passata. L’autore biblico è un predicatore che fa riflettere sul fatto che non ci sono novità, ma che tutto si ripete, ciclicamente, inesorabilmente. «C’è forse qualcosa di cui si possa dire: Guarda, questo è nuovo?».

All’epoca dell’autore biblico senz’altro no, ma anche a noi oggi direbbe la stessa cosa, nonostante la tecnologia ci abbia batto cambiare molte abitudini, direbbe che il senso di ciò che facciamo è vuoto, così come la vita stessa se non facciamo memoria del passato.