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Testo della predicazione: Luca 3,13-17

«Allora Gesù dalla Galilea si recò al Giordano da Giovanni per essere da lui battezzato. Ma questi vi si opponeva dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?» Ma Gesù gli rispose: «Sia così ora, poiché conviene che noi adempiamo in questo modo ogni giustizia». Allora Giovanni lo lasciò fare. Gesù, appena fu battezzato, salì fuori dall’acqua; ed ecco i cieli si aprirono ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dai cieli che disse: «Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto». 

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, tanti di noi si sono sempre domandati perché mai Gesù avesse bisogno di essere battezzato. Se poi veniamo a conoscenza che Giovanni il Battista invitava tutti al battesimo chiamando tutti al ravvedimento dai propri peccati, al riconoscimento delle proprie trasgressioni, crimini, traviamenti per ricominciare una nuova vita all’insegna della giustizia, della lealtà e dell’integrità.

In effetti non furono pochi, nell’antichità, coloro che sottolineavano il fatto che Gesù fosse inferiore a Giovanni Battista o che fosse peccatore anche lui fino a riconoscere la necessità di ravvedimento.

L’evangelista Matteo, nel brano alla nostra attenzione, difende Gesù da ogni sospetto di colpevolezza o di inferiorità rispetto a Giovani il battezzatore. Infatti le sue parole sono anche una risposta chiara: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?». È la risposta di Gesù che, invece, è meno chiara: «Sia così ora, poiché conviene che noi adempiamo in questo modo ogni giustizia».

Il battesimo di Gesù, è una volontà di Dio e un messaggio potente per l’umanità intera perché indica che Gesù vuole essere vicino e solidale ai peccatori: Gesù è Colui che ci salva dal peccato, ma lo fa venendoci accanto, non dall’alto dei cieli, non dall’alto della sua santità e onnipotenza, lo fa rinunciando alla sua onnipotenza, lo fa calandosi dentro la nostra umanità, nella nostra pelle, diventando come noi, umano, fragile, debole, povero, caricandosi del nostro peccato. Gesù si unisce alla folla dei peccatori nelle acque del fiume Giordano per consacrarsi alla sua vocazione di Salvatore.

Gesù, dunque, si fa battezzare.

Testo della predicazione: Luca 2,41-52

«I suoi genitori andavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando giunse all’età di dodici anni, salirono a Gerusalemme, secondo l’usanza della festa; passati i giorni della festa, mentre tornavano, il bambino Gesù rimase in Gerusalemme all’insaputa dei genitori; i quali, pensando che egli fosse nella comitiva, camminarono una giornata, poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; e, non avendolo trovato, tornarono a Gerusalemme cercandolo. Tre giorni dopo lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri: li ascoltava e faceva loro delle domande; e tutti quelli che l’udivano, si stupivano del suo senno e delle sue risposte. Quando i suoi genitori lo videro, rimasero stupiti; e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io ti cercavamo, stando in gran pena». Ed egli disse loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?» Ed essi non capirono le parole che egli aveva dette loro. Poi discese con loro, andò a Nazaret, e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, in statura e in grazia davanti a Dio e agli uomini».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, è un brano biblico molto conosciuto quello alla nostra attenzione. Gesù dodicenne, discute di teologia con i dottori della legge i quali sono meravigliati per la sua intelligenza e saggezza. 

L’evangelista Luca inserisce questo racconto all’interno di un progetto importante di comunicazione perché intende mettere a tacere coloro che accusavano Gesù di eresia o, addirittura, di collocarsi fuori dall’ebraismo.

Luca sottolinea che Gesù è cresciuto all’interno della vita morale e rituale del giudaismo, è un israelita in piena regola i cui luoghi di formazione sono stati il Tempio, la sinagoga e la casa. Gesù non è vissuto, cioè, in un mondo tutto suo nel deserto, ma all’interno di una comunità nella quale ha condiviso la sua umanità. Gesù si configura cioè all’interno della fede, non fuori di essa, una fede che è vera se condivisa.

Giovedì, 01 Gennaio 2015 17:00

Sermone di fine anno 2014

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Testo della predicazione: Luca 12,35-49

«I vostri fianchi siano cinti, e le vostre lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando tornerà dalle nozze, per aprirgli appena giungerà e busserà. Beati quei servi che il padrone, arrivando, troverà vigilanti! In verità io vi dico che egli si rimboccherà le vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. Se giungerà alla seconda o alla terza vigilia e li troverà così, beati loro! Sappiate questo, che se il padrone di casa conoscesse a che ora verrà il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi siate pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, l’anno che si conclude oggi segna anche il tempo in cui facciamo bilanci, valutazioni, stime, considerazioni circa il tempo trascorso e il valore che si è dato al tempo.

Cerchiamo di capire dove abbiamo sbagliato per non ripetere gli stessi errori, cerchiamo di vigilare sul tempo che scorre perché non passi in modo improduttivo, ma cercheremo di dare valore ad ogni giorno che passa.

Il brano biblico di oggi ci incoraggia a vigilare nell’attesa del Signore che torna. Un’attesa che la chiesa annuncia da duemila anni, ma che non si stanca di predicare perché il senso dell’attesa risiede innanzitutto nel senso che diamo alla nostra vita di oggi, del presente, in vista di un futuro che ci è promesso: il Regno di Dio.

Il Signore che attendiamo è Colui che instaurerà un Regno di giustizia e di pace, questa è la sua promessa, ma che è anche il nostro sogno di credenti che si guardano attorno e scoprono la realtà del male, della malattia, del dolore, della sofferenza, ma anche dell’ingiustizia, dell’illegalità, della corruzione.

Cosa facciamo noi di fronte a tutto ciò? Cosa facciamo mentre aspettiamo che tutto ciò finisca? Cosa facciamo mentre aspettiamo che il regno di Dio abbia il suo compimento? Quel regno che invochiamo quando preghiamo con le parole del Padre Nostro “Venga il tuo Regno”?

L’evangelista Luca è molto chiaro, ci chiede di essere vigili. Dobbiamo vigilare! Vigilare affinché la giustizia, la pace, la salvaguardia del creato siano rispettati, come i diritti umani di uomini, donne, bambini, vecchi: uomini che fuggono dalla guerra e dalla povertà; donne violate, stuprate e uccise perché donne; bambini costretti a lavorare o a impugnare delle armi e a sparare, bambine cui è negata l’istruzione, vecchi depredati e maltrattati.

Testo della predicazione: Luca 2,25-32

Vi era in Gerusalemme un uomo di nome Simeone; quest’uomo era giusto e timorato di Dio, e aspettava la consolazione d’Israele; lo Spirito Santo era sopra di lui; e gli era stato rivelato dallo Spirito Santo che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore. Egli, mosso dallo Spirito, andò nel tempio; e, come i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere a suo riguardo le prescrizioni della legge, lo prese in braccio, e benedisse Dio, dicendo:«Ora, o mio Signore, tu lasci andare in pace il tuo servo, secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, che hai preparata dinanzi a tutti i popoli per essere luce da illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo davanti a noi uno dei brani più commoventi della Scrittura: Simeone, una persona molto anziana e ormai vicina alla morte, è in attesa, in attesa di “vedere” con i propri occhi colui che sarà finalmente “la consolazione d’Israele”, il Messia.

Lo Spirito Santo guida il vecchio Simeone proprio quando Giuseppe e Maria conducono il loro figlio, Gesù, ad essere presentato a Dio nel tempio di Gerusalemme. È qui che avviene l’incontro: un vecchio in attesa, vede giungere a compimento ciò per cui vive.

Per Simeone, incontrare Colui che sarà la luce di tutte le genti e gloria d’Israele, significa potersi finalmente congedare da una realtà umana lontana da Dio, ribelle e, allo stesso tempo, vittima della paura, sgomenta circa il suo futuro e in preda all’inquietudine angosciante sulla propria salvezza.

Un vecchio prende in braccio un bimbo di sei settimane e proclama che quel bimbo sarà lo strumento di salvezza di Dio: «luce delle genti», per tutti i popoli, giudei e pagani.

Questa proclamazione è davvero importante perché vengono abbattuti tutti i muri di divisione fra ebrei e pagani, sono abbattuti quei paletti di recinzione che restringevano il campo d’azione di Dio al solo popolo d’Israele. Ora questa azione di Dio riempie tutta la terra, il disegno di Dio si realizza, come anche le antiche profezie, come quella del profeta Isaia che afferma: «È troppo poco che tu sia mio servo per rialzare le tribù di Giacobbe… voglio fare di te luce delle nazioni, lo strumento della mia salvezza fino alle estremità della terra» (Is. 49,6).

Il vecchio Simeone rende una testimonianza al Gesù, il Messia, annuncia una profezia che è predicazione non soltanto sul senso della venuta del Cristo nel mondo, ma innanzitutto sul senso che il Cristo, che illumina la mente e il cuore con la sua luce, potrà avere per ciascun essere umano. Gesù è quella luce che illumina il mondo e permette all’umanità di cambiare il suo destino.

Giovedì, 25 Dicembre 2014 12:37

Sermone di Natale 2014

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Testo della predicazione: I Giovanni 3,1-6

Vedete quale amore ci ha manifestato il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio! E tali siamo. Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quand'egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com'egli è.  E chiunque ha questa speranza in lui, si purifica com'egli è puro. Chiunque commette il peccato trasgredisce la legge: il peccato è la violazione della legge. Ma voi sapete che egli è stato manifestato per togliere i peccati; e in lui non c'è peccato. Chiunque rimane in lui non persiste nel peccare; chiunque persiste nel peccare non l'ha visto, né conosciuto.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, il tema dell’amore di Dio percorre tutta la prima lettera di Giovanni, ma anche tutta la Bibbia. Qui, l’autore parla del significato dell’amore, del senso che l’amore ha per noi.

Vi è un’affermazione forte circa la nostra consapevolezza di questo amore, là dove lo scrittore di questa lettera scrive: «se noi siamo figli di Dio è perché Dio ci ama» e questo amore è stato manifestato nel momento in cui Gesù è nato ed è stato posto nella mangiatoia di una stalla a Betlemme.

Gesù è nato perché Dio ci ama, per amarci e per rivelarci il suo amore; affinché noi lo sapessimo e perché questo amore ci cambiasse. Dunque Dio ci ama “gratis”, non perché lo meritiamo; il Dio d’amore, che sovrabbonda d’amore, ci crea per amarci e invia Gesù per farcelo sapere, per rivelarsi come il Dio d’amore e non come il dio della vendetta, del castigo, della condanna.

Dio ci ama senza chiederci nulla in cambio.

Solo a motivo del suo amore Dio è venuto nel mondo in modo semplice, umile, nascosto e solo per amore ha affrontato le estreme conseguenze della sua presenza nel mondo: la croce di Cristo.

A Natale, Dio viene nel mondo in modo visibile e ci viene incontro con tutta la forza del suo amore; questa è la presenza di Dio nel mondo: Dio si rivela nel suo amore, Dio si rivela nella capacità che ci dona di amare: questa è la speranza del nostro mondo.

Il mondo però ignora Dio, ignora il suo amore, ignora il suo venire al mondo, il suo donarsi per noi. Ne parla, certo, ne conosce il messaggio, senz’altro, ma non permette che questo cambi nulla nella propria vita e nella realtà sociale e storica.

 Per questo, dice Giovanni, il mondo rifiuta anche voi, perché voi siete ispirati dall’amore, e non potete che essere condotti, guidati, sostenuti dall’amore di Dio. I vostri rapporti con il prossimo non possono che essere permeati di quest’amore, le vostre relazioni umane non possono che partire dall’amore di cui Dio vi ama, e quest’amore permette di amare a vostra volta.

Domenica, 14 Dicembre 2014 15:05

Sermone di domenica 14 dicembre 2014

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Testo della predicazione: Matteo 11,2-10

«Giovanni, avendo nella prigione udito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?» Gesù rispose loro: «Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri. Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!» Mentre essi se ne andavano, Gesù cominciò a parlare di Giovanni alla folla: «Che cosa andaste a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? Ma che cosa andaste a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Quelli che portano delle vesti morbide stanno nei palazzi dei re. Ma perché andaste? Per vedere un profeta? Sì, vi dico, e più che profeta. Egli è colui del quale è scritto: "Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero per preparare la tua via davanti a te"».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, oggi è la terza domenica di Avvento, e ci ricorda che siamo in attesa; che la Chiesa di Cristo è in attesa della venuta del Signore. Questo è il messaggio del Natale: che Cristo viene per riscattare noi e il mondo.

Eppure, alla domanda sul Natale, i ragazzi del catechismo mi hanno risposto: «Natale è una festa, c’è il panettone, ci sono i regali». Solo una ragazza ha detto: «Una festa religiosa, ridotta però a commercio». In effetti, oggi, nella nostra società post-cristiana, l’Avvento è il periodo in cui ci si prepara a comprare i regali, grazie della tredicesima; l’Avvento rappresenta l’attesa, sì, ma di un regalo da ricevere; oggi, ancor di più, è “attesa” perché viviamo momenti di difficoltà economiche, e la tredicesima può servire per tappare dei buchi di bilancio famigliare, rimettersi in pari con la rata del mutuo o di bollette. I commercianti sono in trepidante attesa: sperano di intercettare una buona parte della tredicesima in tasca alla gente.

La Bibbia ci parla dell’attesa in modo diverso, ci dice che il percorso storico di un popolo, Israele, è vissuto come un tempo di attesa: di consolazione, di liberazione, di riscatto da angosce, paure, incertezze, debolezze, fragilità,malattie, morte.

È questa la storia dell’Avvento. Israele è in attesa del Messia, il liberatore. È in questo clima che nasce Giovanni il battista, in una famiglia il cui padre era sacerdote, Zaccaria che, con la moglie Elisabetta, attendono «la consolazione d’Israele».

Testo della predicazione: Luca 21,25-33

Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle; sulla terra, angoscia delle nazioni, spaventate dal rimbombo del mare e delle onde; gli uomini verranno meno per la paurosa attesa di quello che starà per accadere al mondo; poiché le potenze dei cieli saranno scrollate. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole con potenza e gloria grande. Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina». Disse loro una parabola: «Guardate il fico e tutti gli alberi; quando cominciano a germogliare, voi, guardando, riconoscete da voi stessi che l’estate è ormai vicina. Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità vi dico che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, l’autore biblico, oggi, ci propone un brano in cui inserisce elementi apocalittici della tradizione giudaica. Questi hanno lo scopo di dare un messaggio che abbia un impatto visivo forte, come vedere un film che desta tutta la nostra attenzione e che alza il nostro livello di emotività, perché spesso le immagini parlano più delle parole.

L’argomento è l’avvento del Regno di Dio, il Signore che torna sulla terra per regnare. E, sebbene le immagini siano, per certi versi, terrificanti, il messaggio è un messaggio di gioia e di liberazione, di speranza e di vigile attesa.

     I segni nel cielo – sole, luna, stelle – sono parte integrante del linguaggio dei profeti come Isaia e Gioele (Isaia 13,9-16; Gioele 2,10.30-32); il giorno del Signore è presentato come un avvenimento cosmico, esso rappresenta la fine di un mondo e dell'inizio di un ordine nuovo. Una promessa di Dio che comincia a realizzarsi.

     Il vecchio ordine se ne va con gran rumore, come i rantoli di una bestia che sta per morire, per lasciare spazio al nuovo mondo di Dio.

Sulla terra, gli spettatori di questo nuovo evento sono dominati dallo smarrimento: angoscia, spavento per il fragore del mare e dei flutti scatenati che non sono più «placati» dal Signore, come nel racconto della tempesta sedata di Mc 4. La paura e il timore per ciò che sta per accadere domina le persone: le potenze dei cieli saranno scrollate, squassate completamente.

Ed ecco l'evento finale, espresso con le parole del profeta Daniele (7,13): gli esseri umani, le nazioni, vedranno il Figlio dell'uomo «venire sulle nuvole».

Testo della predicazione: Genesi 19,1-8. 24-26

I due angeli giunsero a Sodoma verso sera. Lot stava seduto alla porta di Sodoma; come li vide, si alzò per andar loro incontro, si prostrò con la faccia a terra, e disse: «Signori miei, vi prego, venite in casa del vostro servo, fermatevi questa notte, e lavatevi i piedi; poi domattina vi alzerete per tempo e continuerete il vostro cammino». Essi risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». Ma egli fece loro tanta premura, che andarono da lui ed entrarono in casa sua. Egli preparò per loro un rinfresco, fece cuocere dei pani senza lievito ed essi mangiarono. Ma prima che si fossero coricati, gli uomini della città, i Sodomiti, circondarono la casa: giovani e vecchi, la popolazione intera venuta da ogni lato. Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono venuti da te questa notte? Falli uscire, perché vogliamo abusare di loro». Lot uscì verso di loro sull’ingresso della casa, si chiuse dietro la porta, e disse: «Vi prego, fratelli miei, non fate questo male! Ecco, ho due figlie che non hanno conosciuto uomo: lasciate che io ve le conduca fuori, e voi farete di loro quel che vi piacerà; ma non fate nulla a questi uomini, perché sono venuti all’ombra del mio tetto» (...) Allora il Signore fece piovere dal cielo su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco, da parte del Signore; egli distrusse quelle città, tutta la pianura, tutti gli abitanti delle città e quanto cresceva sul suolo. Ma la moglie di Lot si volse a guardare indietro e diventò una statua di sale.

Sermone

         Cara signora Lot,

figura marginale della saga di un grande patriarca, imprigiona­ta per sempre nell'immobilità della statua di sale in cui il tuo cor­po è stato trasformato.

         Tutto perché ti sei voltata indietro.

         Ma è stato davvero questo il motivo della tua condanna?

         La storia è den­sa di silenzi, di vuoti e, dunque, di enigmi irrisolti. Come ti chia­mavi, che cosa pensavi della tua vita, di quella delle tue figlie e di Lot, tuo marito? Che immagine avevi di quel Dio che ha visitato la tua casa prima della punizione? E i tuoi occhi, rivolti verso So­doma in distruzione, che cosa hanno visto di così agghiacciante da trasformarti per sempre in una statua di sale? Quale visione ti ha raggelato, paralizzato?

         Quanti misteri...

         Davvero eri convinta che il male abitasse totalmente in Sodo­ma e Gomorra? Pensavi che sarebbe bastato distruggere una città per redimere il mondo? E credevi veramente che, fuggendo da lì, avresti abitato in una terra più giusta? Forse hai esitato, hai dubi­tato, ti sei resa conto che il male è più carsico, che non si può se­pararlo completamente dal bene. Forse per questo ti sei voltata indietro.

Testo della predicazione: Efesini 5, 22-33

«Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, lui, che è il Salvatore del corpo. Ora come la chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli devono essere sottomesse ai loro mariti in ogni cosa. Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l'acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile. Allo stesso modo anche i mariti devono amare le loro mogli, come la loro propria persona. Chi ama sua moglie ama se stesso. Infatti nessuno odia la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diverranno una carne sola. Questo mistero è grande; dico questo riguardo a Cristo e alla chiesa. Ma d'altronde, anche fra di voi, ciascuno individualmente ami sua moglie, come ama se stesso; e altresì la moglie rispetti il marito.»

Sermone

Care sorelle e cari fratelli,

questa domenica è quella più vicina alla giornata di mobilitazione mondiale contro la violenza sulle donne. Ascolteremo perciò l’evangelo di Gesù Cristo che ci interpella in ogni situazione della vita, avendo in particolare nella mente e nel cuore le relazioni tra uomini e donne quando la difficoltà diventa conflitto e violenza.

Essere credenti in Gesù Cristo non appartiene solo ad una parte della nostra vita e della nostra persona: quella che va in chiesa, che si impegna nella chiesa, quella che prega o legge la Bibbia; una parte per così dire spirituale, mentre la materialità dei nostri corpi, le nostre emozioni, pensieri ed azioni nella vita di tutti i giorni seguirebbero la loro logica. Dio salva tutta la tua vita e il servizio a cui ci chiama è per la vita quotidiana. Anche la nostra vita privata è il terreno del vivere la fede: proprio quella vita che non vede nessuno, che si vive nel segreto delle nostre case, dietro le porte chiuse, dietro finestre protette da tende. L’autore della lettera agli Efesini dice una cosa abbastanza normale per il suo tempo, ma non così ovvia per il nostro tempo. La fede non si ferma alla soglia della casa privata. La fede che si mostra nel riunirsi della comunità in sottomissione reciproca, in buone parole di incoraggiamento, mossi dallo Spirito Santo (Efesini 5,18-21), continua il suo agire oltre le soglie delle case, arriva fino alla vita privata.  La vita privata è il terreno di relazioni quotidiane dove tra le mura domestiche si relazionano un io e un tu, un uomo e una donna, in un  legame particolare spesso invisibile agli occhi degli altri. Oggi sappiamo che dietro le porte chiuse si celano la maggior parte delle violenze sulle donne, le case che a volte progettiamo per proteggere la vita di chi vi abita da eventuali violenze esterne, è il luogo segreto di violenze interne.