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Testo della predicazione: Matteo 25,31-46

«Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli della sua destra: "Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v'è stato preparato fin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi". Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?" E il re risponderà loro: "In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l'avete fatto a me". Allora dirà anche a quelli della sua sinistra: "Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli! Perché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere; fui straniero e non m'accoglieste; nudo e non mi vestiste; malato e in prigione, e non mi visitaste". Allora anche questi gli risponderanno, dicendo: "Signore, quando ti abbiamo visto aver fame, o sete, o essere straniero, o nudo, o ammalato, o in prigione, e non ti abbiamo assistito?" Allora risponderà loro: "In verità vi dico che in quanto non l'avete fatto a uno di questi minimi, non l'avete fatto neppure a me". Questi se ne andranno a punizione eterna; ma i giusti a vita eterna».

Sermone

La scena che si apre ai nostri occhi, leggendo il brano di oggi, è una scena di giudizio. In tutti i popoli orientali il giudizio inequivocabile delle divinità si esprimeva con la stessa presen­tazione mitica: appariva un trono sul quale sedeva la divinità che si preparava a esercitare la sua giustizia. Anche gli autori biblici e Gesù stesso parlano con le categorie del tempo, con gli stessi modelli. Anche il libro di Daniele contiene una scena simile: Dio siede su un trono, si tiene il giudizio e i libri vengono aperti; anche nell’Apocalisse è presentata la stessa scena. Il profeta Isaia, prima di annunciare il duro giudizio di Dio contro Israele, riferisce di vedere Dio nel Tempio, assiso su un trono.

Tuttavia, il racconto di oggi ci, comunque lo leggiamo, ci disorienta, noi che abbiamo una sensibilità biblica per la quale Dio rimane pur sempre un Dio d’amore che non infierisce alcun male a nessuno.

La Bibbia, in ogni pagina, non si stanca mai di spiegarci che  è sempre Dio che instaura un rapporto con noi, è Dio che decide di fare un patto con noi, di venire nel mondo e di offrire se stesso, in Gesù Cristo, per noi. Non si tratta mai di una nostra decisione, ma della nostra adesione a Dio che ci tende la mano e ci tira fuori dalla nostra impossibilità di riscattarci da soli.

Eppure, tante volte, non ci dice niente il fatto che Dio sia divenuto essere umano, che si sia rivelato a noi come essere umano e non come Dio, nella debolezza umana piuttosto che con miracoli eclatanti e sbalorditivi. Si tratta di una pietra sulla quale inciampiamo e che cerchiamo di rimuovere, perché ci fa problema un Dio debole, che non può difendersi, che muore sulla croce. È uno scandalo per noi che Gesù si identifichi con le persone più reiette della società: gli stranieri, i poveri, i carcerati, i malati… 

Che c'entrano le persone con Dio?

Testo della predicazione: Atti 16,25-26

«Verso la mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio; e i carcerati li ascoltavano. A un tratto, vi fu un gran terremoto, la prigione fu scossa dalle fondamenta; e in quell’istante tutte le porte si aprirono, e le catene di tutti si spezzarono».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, quante volte vi è capitato di trovarvi spontaneamente a pregare, senza neppure rendervene conto, a motivo di una sofferenza, un dolore, vostro o degli altri che vi ha coinvolti emotivamente? E quante volte, a motivo di una gioia, una enorme felicità per una festa o per un pericolo scampato vi è scaturito dall’anima un “Alleluia” oppure un “grazie Signore”, o semplicemente un “sia ringraziato il cielo”? Certamente più di una volta.

All’apostolo Paolo e al suo compagno missionario, Sila, era capitata una brutta avventura che non era destinata a risolversi facilmente: a motivo della predicazione della Parola di Dio e della liberazione che essa aveva portato, diversi si erano ribellati e avevano denunciato gli apostoli alle autorità: i loro guadagni erano compromessi.

La liberazione da un giogo diabolico nei confronti di una serva indovina, scatena l’ira dei suoi padroni perché non hanno più introiti, così gli apostoli sono condotti in carcere, in catene e con ceppi ai piedi. Erano, cioè, pericolosi, potevano avere dei poteri con i quali liberarsi; meglio neutralizzare i loro poteri e rendere impossibile la loro liberazione.

Ma l’annuncio della Parola di Dio è l’annuncio della liberazione e non saranno i ceppi e le catene a rendere prigionieri i credenti.

Testo della predicazione: II Corinzi 3,3-6

«Voi siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro servizio, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne. Una simile fiducia noi l’abbiamo per mezzo di Cristo presso Dio. Non già che siamo da noi stessi capaci di pensare qualcosa come se venisse da noi; ma la nostra capacità viene da Dio. Egli ci ha anche resi idonei a essere ministri di un nuovo patto, non di lettera, ma di Spirito; perché la lettera uccide, ma lo Spirito vivifica».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, voi siete una lettera di Cristo.

Voi siete una lettera scritta da Cristo, il vostro credere, la vostra fede, la vostra adesione alla grazia di Dio sono opera di Cristo nei vostri cuori. E voi siete una lettera viva, che parla, che testimonia dell’amore di Dio, che prega, che ricerca nella Parola di Cristo il senso della propria fede e della propria esistenza.

Voi siete davvero una lettera di Cristo.

Questo è cuore della Riforma protestante, è proprio all’interno di questo brano dell’apostolo Paolo. Egli contrappone le tavole di pietra, la legge, alla grazia di Dio in Cristo, una grazia che non è scritta su pietre e neppure con inchiostro, ma è scritta direttamente nei nostri cuori.

Lo spunto per scrivere queste parole, l’apostolo lo riceve da parte dai credenti della chiesa di Corinto i quali, in qualche modo, contestavano all’apostolo Paolo il contenuto della sua predicazione che si basava unicamente sulla gratuità della grazia, del perdono e dell’amore di Dio. Così, chiedono all’apostolo una lettera di raccomandazione, per recarsi da loro.

 

Testo della predicazione: Esodo 34,4-10

«Mosè, dunque, tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò la mattina di buon’ora, salì sul monte Sinai come il Signore gli aveva comandato, e prese in mano le due tavole di pietra. Il Signore discese nella nuvola, si fermò con lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, e gridò: «Il Signore! il Signore! il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà, che conserva la sua bontà fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non terrà il colpevole per innocente; che punisce l’iniquità dei padri sopra i figli e sopra i figli dei figli, fino alla terza e alla quarta generazione!» Mosè subito s’inchinò fino a terra e adorò. Poi disse: «Ti prego, Signore, se ho trovato grazia agli occhi tuoi, venga il Signore in mezzo a noi, perché questo è un popolo dal collo duro; perdona la nostra iniquità, il nostro peccato e prendici come tua eredità». Il Signore rispose: «Ecco, io faccio un patto: farò davanti a tutto il tuo popolo meraviglie, quali non sono mai state fatte su tutta la terra né in alcuna nazione; tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l’opera del Signore, perché tremendo è quello che io sto per fare per mezzo di te».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, senz’altro sarà capitato a tutti noi di rompere un’amicizia perché gli amici si sono comportati in modo scorretto, perché hanno tradito le nostre attese, le nostre riservatezze, le nostre confidenze, o hanno parlato male di noi o agito in modo sconveniente o irrispettoso.

La stessa cosa è accaduta nel rapporto tra Dio e Israele, suo popolo, quando Mosè scese dal monte Sinai con le Tavole della legge, i dieci comandamenti.

L’attesa del popolo era diventata lunga, troppo lunga, snervante, e il popolo si convinse che Mosè, salito sul Monte, non sarebbe più tornato e che si fossero sbagliati circa l’identità di quel Dio che li aveva liberati dall’Egitto dove erano stati schiavi per 400 anni. Così, costruirono un dio da onorare e dal quale farsi accompagnare verso il lungo cammino che li attendeva: un vitello d’oro.

A noi fa sorridere tutto questo, è davvero singolare, quanto contraddittorio, che la fiducia di un popolo fosse riposta sulla figura di un animale.

Ciò vuole semplicemente indicare a quale punto di stoltezza e stupidità possa arrivare l’essere umano riguardo alla sua fedeltà verso chi gli ha fatto del bene, a chi lo ha salvato, verso chi deve riconoscenza e amicizia.

Mosè rompe le Tavole della legge perché reputa che, a questo punto, la fedeltà a Dio e di Dio sia compromessa, che si sia rotto il forte cordone che teneva legato il popolo a Dio.

Testo della predicazione: Efesini 5,15-21

Guardate dunque con diligenza a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi; ricuperando il tempo perché i giorni sono malvagi. Perciò non agite con leggerezza, ma cercate di ben capire quale sia la volontà del Signore. Non ubriacatevi! Il vino porta alla dissolutezza. Ma siate ricolmi di Spirito, parlandovi con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmeggiando con il vostro cuore al Signore; ringraziando continuamente per ogni cosa Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo; sottomettendovi gli uni agli altri nel timore di Cristo.

Sermone

     Cari fratelli e care sorelle, alle orecchie di un protestante suonano un po’ sospette le parole dell’autore della lettera agli Efesini, perché sembra voglia dare indicazioni moralistiche che non siano conseguenza della propria coscienza e della propria libertà.

     In fondo questa lettera, probabilmente una circolare a cui ogni chiesa dell’Asia minore metteva la propria intestazione, è stata scritta per esortare i credenti a non perdersi nei modi di essere e di fare della realtà sociale dell’epoca: l’autore parla di “giorni malvagi” e invita i credenti a un’etica di coerenza con la propria fede, anche quando diventa difficile, proprio per far fronte a momenti faticosi della vita.

     Si tratta di tempi difficili, malvagi, perché dominati dal male, colpiti dalla violenza, dalla disonestà, dalla cattiveria e dall’immoralità. Alcuni credenti non si ponevano alcun problema sulla loro doppia morale, per la quale nella chiesa erano onesti e fuori disonesti, cioè, come tutti gli altri. Oggigiorno, quando un politico è accusato di corruzione si difende dicendo che “così fan tutti”, che è normale. Ecco, questi credenti che si comportavano in questo modo si adeguavano al tempo della malvagità, a quello dell’ingiustizia sociale.

     Per questo, nella lettera agli Efesini vi è un richiamo alla saggezza e all’intelligenza, il richiamo di rifuggire la stoltezza e la stupidità.

Testo della predicazione: Genesi 9,8-16

«Dio parlò a Noè e ai suoi figli con lui dicendo: «Quanto a me, ecco, stabilisco il mio patto con voi, con i vostri discendenti dopo di voi e con tutti gli esseri viventi che sono con voi: uccelli, bestiame e tutti gli animali della terra con voi; da tutti quelli che sono usciti dall'arca, a tutti gli animali della terra. Io stabilisco il mio patto con voi; nessun essere vivente sarà più sterminato dalle acque del diluvio e non ci sarà più diluvio per distruggere la terra». Dio disse: «Ecco il segno del patto che io faccio tra me e voi e tutti gli esseri viventi che sono con voi, per tutte le generazioni future. Io pongo il mio arco nella nuvola e servirà di segno del patto fra me e la terra. Avverrà che quando avrò raccolto delle nuvole al di sopra della terra, l'arco apparirà nelle nuvole; io mi ricorderò del mio patto fra me e voi e ogni essere vivente di ogni specie, e le acque non diventeranno più un diluvio per distruggere ogni essere vivente. L'arco dunque sarà nelle nuvole e io lo guarderò per ricordarmi del patto perpetuo fra Dio e ogni essere vivente, di qualunque specie che è sulla terra».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, cari bambini e bambine della scuola domenicale, tutti noi ci aspettiamo una punizione dopo aver sbagliato, dopo aver fatto un guaio veramente grosso.

Cari bambini/e, i vostri genitori non sono sempre molto contenti quando disubbidite loro o quando, per esempio, giocando a palla in casa, rompete un prezioso vaso cinese o qualcos’altro di importante, o il vetro di una finestra. Anche voi vi sentite dispiaciuti se quando, a causa della vostra disubbidienza, succede un grosso guaio a cui i vostri genitori devono rimediare.

Cosa fanno tutti i genitori per insegnarvi che quello che avete fatto è sbagliato? Vi puniscono! E la loro punizione consiste sempre nel fare (o ricevere) qualcosa che non vi piace, vero?

Ecco, il racconto della Bibbia che abbiamo ascoltato parla di una punizione: le persone erano diventate molto cattive, malvagie, violente gli uni contro gli altri. Se eri in casa venivano i ladri, se camminavi per strada ti scippavano la borsa, non si trovava lavoro e la gente non aveva i soldi per pagare le tasse sempre più alte, e diventava sempre più cattiva e violenta. Ma queste sono cose di altri tempi?! Oggi non è più così!?

Testo della predicazione: Ebrei 13,15-16

«Per mezzo di Gesù, dunque, offriamo continuamente a Dio un sacrificio di lode: cioè, il frutto di labbra che confessano il suo nome. Non dimenticate poi di esercitare la beneficenza e di mettere in comune ciò che avete; perché è di tali sacrifici che Dio si compiace».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, se a ciascuno di voi domandassi quanti sacrifici ha compito nel passato o continua a compiere, mi farebbe un elenco molto lungo: sacrifici nei confronti dei figli, sacrifici a motivo di un lavoro molto duro, magari per mettere da parte qualcosa per un progetto come una casa, un viaggio; ma ci sono anche sacrifici a causa della mancanza di lavoro, sacrifici per chi studia una materia difficile ma necessario per il proprio futuro, ecc… Nella vita, i sacrifici sono proprio tanti e diversi.

L’autore della lettera agli Ebrei scrive una lunga predicazione, molto densa di contenuti, perché intende incoraggiare i credenti che facevano molti sacrifici incontrando prove e difficoltà di ogni genere: dalle persecuzioni, al dover compiere scelte teologiche difficili a motivo di interpretazioni differenti circa l’Antico testamento, Gesù Cristo stesso, l’etica…

Ogni credente immagina che, a partire dalla propria fede, possa vivere in pace e nella serenità, mentre gli ascoltatori del nostro predicatore erano persone deluse e amareggiate a motivo di una vita difficile.

Il predicatore cerca di far penetrare la Parola di Dio nel cuore e nell’anima dei credenti, spiega il contenuto dell’Antico Testamento, rivela che esso è la prefigurazione di un nuovo Patto che Dio ha compiuto attraverso il suo figlio, Gesù.

Testo della predicazione: Matteo 21,28-32

«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si avvicinò al primo e gli disse: "Figliolo, va' a lavorare nella vigna oggi". Ed egli rispose: "Vado, signore"; ma non vi andò. Il padre si avvicinò al secondo e gli disse la stessa cosa. Egli rispose: "Non ne ho voglia"; ma poi, pentitosi, vi andò. Quale dei due fece la volontà del padre?» Essi gli dissero: «L'ultimo». E Gesù a loro: «Io vi dico in verità: I pubblicani e le prostitute entrano prima di voi nel regno di Dio. Poiché Giovanni è venuto a voi per la via della giustizia, e voi non gli avete creduto; ma i pubblicani e le prostitute gli hanno creduto; e voi, che avete visto questo, non vi siete pentiti neppure dopo per credere a lui».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, l’ascolto della parabola di Gesù, per certi versi, ci fa andare indietro nel tempo quando ricevevamo ordini dai genitori, dagli insegnati a scuola, o comunque, dai grandi, dagli adulti. Questa condizione con il tempo stanca e arriva dunque il tempo in cui rispondiamo: «Sono adulto e vaccinato, scelgo io cosa fare».

I figli della parabola che Gesù racconta, sono già adulti, e probabilmente stufi di sentirsi dare degli ordini. Ma c’è una differenza tra i due: il primo dice di sì, ma in fondo non ha a cuore la vigna, non gli interessa, anche se sa che la vigna ha bisogno di cure, e perché no, anche di passione, di affetto. Dice sì, forse per rispetto dovuto nei confronti del padre.

Il secondo figlio dice di no. Accade a volte, quando abbiamo a cuore qualcuno o qualcosa, che l’incoraggiamento da parte di altri a perdercene cura, sia un mancato riconoscimento del nostro amore e del nostro impegno per ciò che abbiamo a cuore. Allora, ci irrigidiamo.

Anche cercando di capire in profondità la motivazione che induce i due fratelli a dare risposte così diverse, Gesù non se ne prende cura, espone una parabola invitando a identificarsi con l’uno o con l’altro figlio rispetto alla volontà di Dio.

 

Testo della predicazione: Marco 7,14-23

Poi, chiamata la folla a sé, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete: non c'è nulla fuori dell'uomo che entrando in lui possa contaminarlo; sono le cose che escono dall'uomo quelle che contaminano l'uomo. Se uno ha orecchi per udire oda.» Quando lasciò la folla ed entrò in casa, i suoi discepoli gli chiesero di spiegare quella parabola. Egli disse loro: «Neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che dal di fuori entra nell'uomo non lo può contaminare, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e se ne va nella latrina?» Così dicendo, dichiarava puri tutti i cibi. Diceva inoltre: «È quello che esce dall'uomo che contamina l'uomo; perché è dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono cattivi pensieri, fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, frode, lascivia, sguardo invidioso, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive escono dal di dentro e contaminano l'uomo».

Sermone

«Noi siamo quello che mangiamo» è un frase che sicuramente tutti abbiamo sentito almeno una volta nella vita. Non ne sono certo, ma credo che questo modo di dire riprenda (in modo del tutto improprio) una citazione del filosofo tedesco Feuerbach che diceva:  «l'uomo è ciò che mangia».

Premetto che, chi vi parla non è certo una persona che disdegna il buon cibo e il buon vino, tutt'altro, fidatevi... Ma è anche una persona figlia dei suoi tempi, una persona che, tra le altre cose, si trova ad osservare (a volte con divertito stupore, altre volte con una certa preoccupazione) al rapporto tra uomo e alimentazione così come si va delineando negli ultimissimi anni. Perché non è forse vero che oggi, nella nostra società, possiamo parlare di una vera e propria ossessione collettiva per il cibo? Ci basta accendere la TV, dove tutto è un florilegio di programmi (reality o meno che siano) dedicati alla cucina e al mangiare; oppure collegarsi alla rete, dove sui social network migliaia di persone postano foto dei piatti che hanno appena cucinato o che si accingono a mangiare al ristorante. In inglese questo tipo di comportamento maniacale è stato anche chiamato "Food Porn", pornografia alimentare.  A questa ossessione contemporanea per il cibo però, ne corrisponde, in modo speculare e schizofrenico, un'altra: quella per la salute fisica.

Quando parlo di ossessione per la salute, si badi, non intendo il sacrosanto diritto di ogni uomo e di ogni donna a curarsi come crede e a scegliere ciò di cui si nutre.   (Anche se dovremmo renderci sempre conto e ringraziare Dio per  l'opportunità che abbiamo di poter compiere questo tipo di scelte. Naturalmente non posso dirlo con certezza assoluta, ma ad occhio e croce dubito che nel Burkina Faso abbondino i ristoranti vegani o i mercatini "bio"..).