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Bellonatti

Archivio dei sermoni domenicali

Giovedì, 25 Dicembre 2014 12:37

Sermone di Natale 2014

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Testo della predicazione: I Giovanni 3,1-6

Vedete quale amore ci ha manifestato il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio! E tali siamo. Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quand'egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com'egli è.  E chiunque ha questa speranza in lui, si purifica com'egli è puro. Chiunque commette il peccato trasgredisce la legge: il peccato è la violazione della legge. Ma voi sapete che egli è stato manifestato per togliere i peccati; e in lui non c'è peccato. Chiunque rimane in lui non persiste nel peccare; chiunque persiste nel peccare non l'ha visto, né conosciuto.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, il tema dell’amore di Dio percorre tutta la prima lettera di Giovanni, ma anche tutta la Bibbia. Qui, l’autore parla del significato dell’amore, del senso che l’amore ha per noi.

Vi è un’affermazione forte circa la nostra consapevolezza di questo amore, là dove lo scrittore di questa lettera scrive: «se noi siamo figli di Dio è perché Dio ci ama» e questo amore è stato manifestato nel momento in cui Gesù è nato ed è stato posto nella mangiatoia di una stalla a Betlemme.

Gesù è nato perché Dio ci ama, per amarci e per rivelarci il suo amore; affinché noi lo sapessimo e perché questo amore ci cambiasse. Dunque Dio ci ama “gratis”, non perché lo meritiamo; il Dio d’amore, che sovrabbonda d’amore, ci crea per amarci e invia Gesù per farcelo sapere, per rivelarsi come il Dio d’amore e non come il dio della vendetta, del castigo, della condanna.

Dio ci ama senza chiederci nulla in cambio.

Solo a motivo del suo amore Dio è venuto nel mondo in modo semplice, umile, nascosto e solo per amore ha affrontato le estreme conseguenze della sua presenza nel mondo: la croce di Cristo.

A Natale, Dio viene nel mondo in modo visibile e ci viene incontro con tutta la forza del suo amore; questa è la presenza di Dio nel mondo: Dio si rivela nel suo amore, Dio si rivela nella capacità che ci dona di amare: questa è la speranza del nostro mondo.

Il mondo però ignora Dio, ignora il suo amore, ignora il suo venire al mondo, il suo donarsi per noi. Ne parla, certo, ne conosce il messaggio, senz’altro, ma non permette che questo cambi nulla nella propria vita e nella realtà sociale e storica.

 Per questo, dice Giovanni, il mondo rifiuta anche voi, perché voi siete ispirati dall’amore, e non potete che essere condotti, guidati, sostenuti dall’amore di Dio. I vostri rapporti con il prossimo non possono che essere permeati di quest’amore, le vostre relazioni umane non possono che partire dall’amore di cui Dio vi ama, e quest’amore permette di amare a vostra volta.

Testo della predicazione: Luca 21,25-33

Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle; sulla terra, angoscia delle nazioni, spaventate dal rimbombo del mare e delle onde; gli uomini verranno meno per la paurosa attesa di quello che starà per accadere al mondo; poiché le potenze dei cieli saranno scrollate. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole con potenza e gloria grande. Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina». Disse loro una parabola: «Guardate il fico e tutti gli alberi; quando cominciano a germogliare, voi, guardando, riconoscete da voi stessi che l’estate è ormai vicina. Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità vi dico che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, l’autore biblico, oggi, ci propone un brano in cui inserisce elementi apocalittici della tradizione giudaica. Questi hanno lo scopo di dare un messaggio che abbia un impatto visivo forte, come vedere un film che desta tutta la nostra attenzione e che alza il nostro livello di emotività, perché spesso le immagini parlano più delle parole.

L’argomento è l’avvento del Regno di Dio, il Signore che torna sulla terra per regnare. E, sebbene le immagini siano, per certi versi, terrificanti, il messaggio è un messaggio di gioia e di liberazione, di speranza e di vigile attesa.

     I segni nel cielo – sole, luna, stelle – sono parte integrante del linguaggio dei profeti come Isaia e Gioele (Isaia 13,9-16; Gioele 2,10.30-32); il giorno del Signore è presentato come un avvenimento cosmico, esso rappresenta la fine di un mondo e dell'inizio di un ordine nuovo. Una promessa di Dio che comincia a realizzarsi.

     Il vecchio ordine se ne va con gran rumore, come i rantoli di una bestia che sta per morire, per lasciare spazio al nuovo mondo di Dio.

Sulla terra, gli spettatori di questo nuovo evento sono dominati dallo smarrimento: angoscia, spavento per il fragore del mare e dei flutti scatenati che non sono più «placati» dal Signore, come nel racconto della tempesta sedata di Mc 4. La paura e il timore per ciò che sta per accadere domina le persone: le potenze dei cieli saranno scrollate, squassate completamente.

Ed ecco l'evento finale, espresso con le parole del profeta Daniele (7,13): gli esseri umani, le nazioni, vedranno il Figlio dell'uomo «venire sulle nuvole».

Testo della predicazione: Genesi 19,1-8. 24-26

I due angeli giunsero a Sodoma verso sera. Lot stava seduto alla porta di Sodoma; come li vide, si alzò per andar loro incontro, si prostrò con la faccia a terra, e disse: «Signori miei, vi prego, venite in casa del vostro servo, fermatevi questa notte, e lavatevi i piedi; poi domattina vi alzerete per tempo e continuerete il vostro cammino». Essi risposero: «No, passeremo la notte sulla piazza». Ma egli fece loro tanta premura, che andarono da lui ed entrarono in casa sua. Egli preparò per loro un rinfresco, fece cuocere dei pani senza lievito ed essi mangiarono. Ma prima che si fossero coricati, gli uomini della città, i Sodomiti, circondarono la casa: giovani e vecchi, la popolazione intera venuta da ogni lato. Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono venuti da te questa notte? Falli uscire, perché vogliamo abusare di loro». Lot uscì verso di loro sull’ingresso della casa, si chiuse dietro la porta, e disse: «Vi prego, fratelli miei, non fate questo male! Ecco, ho due figlie che non hanno conosciuto uomo: lasciate che io ve le conduca fuori, e voi farete di loro quel che vi piacerà; ma non fate nulla a questi uomini, perché sono venuti all’ombra del mio tetto» (...) Allora il Signore fece piovere dal cielo su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco, da parte del Signore; egli distrusse quelle città, tutta la pianura, tutti gli abitanti delle città e quanto cresceva sul suolo. Ma la moglie di Lot si volse a guardare indietro e diventò una statua di sale.

Sermone

         Cara signora Lot,

figura marginale della saga di un grande patriarca, imprigiona­ta per sempre nell'immobilità della statua di sale in cui il tuo cor­po è stato trasformato.

         Tutto perché ti sei voltata indietro.

         Ma è stato davvero questo il motivo della tua condanna?

         La storia è den­sa di silenzi, di vuoti e, dunque, di enigmi irrisolti. Come ti chia­mavi, che cosa pensavi della tua vita, di quella delle tue figlie e di Lot, tuo marito? Che immagine avevi di quel Dio che ha visitato la tua casa prima della punizione? E i tuoi occhi, rivolti verso So­doma in distruzione, che cosa hanno visto di così agghiacciante da trasformarti per sempre in una statua di sale? Quale visione ti ha raggelato, paralizzato?

         Quanti misteri...

         Davvero eri convinta che il male abitasse totalmente in Sodo­ma e Gomorra? Pensavi che sarebbe bastato distruggere una città per redimere il mondo? E credevi veramente che, fuggendo da lì, avresti abitato in una terra più giusta? Forse hai esitato, hai dubi­tato, ti sei resa conto che il male è più carsico, che non si può se­pararlo completamente dal bene. Forse per questo ti sei voltata indietro.

Testo della predicazione: Atti 16,25-26

«Verso la mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio; e i carcerati li ascoltavano. A un tratto, vi fu un gran terremoto, la prigione fu scossa dalle fondamenta; e in quell’istante tutte le porte si aprirono, e le catene di tutti si spezzarono».

Sermone

Cari fratelli e care sorelle, quante volte vi è capitato di trovarvi spontaneamente a pregare, senza neppure rendervene conto, a motivo di una sofferenza, un dolore, vostro o degli altri che vi ha coinvolti emotivamente? E quante volte, a motivo di una gioia, una enorme felicità per una festa o per un pericolo scampato vi è scaturito dall’anima un “Alleluia” oppure un “grazie Signore”, o semplicemente un “sia ringraziato il cielo”? Certamente più di una volta.

All’apostolo Paolo e al suo compagno missionario, Sila, era capitata una brutta avventura che non era destinata a risolversi facilmente: a motivo della predicazione della Parola di Dio e della liberazione che essa aveva portato, diversi si erano ribellati e avevano denunciato gli apostoli alle autorità: i loro guadagni erano compromessi.

La liberazione da un giogo diabolico nei confronti di una serva indovina, scatena l’ira dei suoi padroni perché non hanno più introiti, così gli apostoli sono condotti in carcere, in catene e con ceppi ai piedi. Erano, cioè, pericolosi, potevano avere dei poteri con i quali liberarsi; meglio neutralizzare i loro poteri e rendere impossibile la loro liberazione.

Ma l’annuncio della Parola di Dio è l’annuncio della liberazione e non saranno i ceppi e le catene a rendere prigionieri i credenti.

Testo della predicazione: II Corinzi 3,3-6

«Voi siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro servizio, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne. Una simile fiducia noi l’abbiamo per mezzo di Cristo presso Dio. Non già che siamo da noi stessi capaci di pensare qualcosa come se venisse da noi; ma la nostra capacità viene da Dio. Egli ci ha anche resi idonei a essere ministri di un nuovo patto, non di lettera, ma di Spirito; perché la lettera uccide, ma lo Spirito vivifica».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, voi siete una lettera di Cristo.

Voi siete una lettera scritta da Cristo, il vostro credere, la vostra fede, la vostra adesione alla grazia di Dio sono opera di Cristo nei vostri cuori. E voi siete una lettera viva, che parla, che testimonia dell’amore di Dio, che prega, che ricerca nella Parola di Cristo il senso della propria fede e della propria esistenza.

Voi siete davvero una lettera di Cristo.

Questo è cuore della Riforma protestante, è proprio all’interno di questo brano dell’apostolo Paolo. Egli contrappone le tavole di pietra, la legge, alla grazia di Dio in Cristo, una grazia che non è scritta su pietre e neppure con inchiostro, ma è scritta direttamente nei nostri cuori.

Lo spunto per scrivere queste parole, l’apostolo lo riceve da parte dai credenti della chiesa di Corinto i quali, in qualche modo, contestavano all’apostolo Paolo il contenuto della sua predicazione che si basava unicamente sulla gratuità della grazia, del perdono e dell’amore di Dio. Così, chiedono all’apostolo una lettera di raccomandazione, per recarsi da loro.

 

Testo della predicazione: Genesi 9,8-16

«Dio parlò a Noè e ai suoi figli con lui dicendo: «Quanto a me, ecco, stabilisco il mio patto con voi, con i vostri discendenti dopo di voi e con tutti gli esseri viventi che sono con voi: uccelli, bestiame e tutti gli animali della terra con voi; da tutti quelli che sono usciti dall'arca, a tutti gli animali della terra. Io stabilisco il mio patto con voi; nessun essere vivente sarà più sterminato dalle acque del diluvio e non ci sarà più diluvio per distruggere la terra». Dio disse: «Ecco il segno del patto che io faccio tra me e voi e tutti gli esseri viventi che sono con voi, per tutte le generazioni future. Io pongo il mio arco nella nuvola e servirà di segno del patto fra me e la terra. Avverrà che quando avrò raccolto delle nuvole al di sopra della terra, l'arco apparirà nelle nuvole; io mi ricorderò del mio patto fra me e voi e ogni essere vivente di ogni specie, e le acque non diventeranno più un diluvio per distruggere ogni essere vivente. L'arco dunque sarà nelle nuvole e io lo guarderò per ricordarmi del patto perpetuo fra Dio e ogni essere vivente, di qualunque specie che è sulla terra».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, cari bambini e bambine della scuola domenicale, tutti noi ci aspettiamo una punizione dopo aver sbagliato, dopo aver fatto un guaio veramente grosso.

Cari bambini/e, i vostri genitori non sono sempre molto contenti quando disubbidite loro o quando, per esempio, giocando a palla in casa, rompete un prezioso vaso cinese o qualcos’altro di importante, o il vetro di una finestra. Anche voi vi sentite dispiaciuti se quando, a causa della vostra disubbidienza, succede un grosso guaio a cui i vostri genitori devono rimediare.

Cosa fanno tutti i genitori per insegnarvi che quello che avete fatto è sbagliato? Vi puniscono! E la loro punizione consiste sempre nel fare (o ricevere) qualcosa che non vi piace, vero?

Ecco, il racconto della Bibbia che abbiamo ascoltato parla di una punizione: le persone erano diventate molto cattive, malvagie, violente gli uni contro gli altri. Se eri in casa venivano i ladri, se camminavi per strada ti scippavano la borsa, non si trovava lavoro e la gente non aveva i soldi per pagare le tasse sempre più alte, e diventava sempre più cattiva e violenta. Ma queste sono cose di altri tempi?! Oggi non è più così!?

Testo della predicazione: Ebrei 13,15-16

«Per mezzo di Gesù, dunque, offriamo continuamente a Dio un sacrificio di lode: cioè, il frutto di labbra che confessano il suo nome. Non dimenticate poi di esercitare la beneficenza e di mettere in comune ciò che avete; perché è di tali sacrifici che Dio si compiace».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, se a ciascuno di voi domandassi quanti sacrifici ha compito nel passato o continua a compiere, mi farebbe un elenco molto lungo: sacrifici nei confronti dei figli, sacrifici a motivo di un lavoro molto duro, magari per mettere da parte qualcosa per un progetto come una casa, un viaggio; ma ci sono anche sacrifici a causa della mancanza di lavoro, sacrifici per chi studia una materia difficile ma necessario per il proprio futuro, ecc… Nella vita, i sacrifici sono proprio tanti e diversi.

L’autore della lettera agli Ebrei scrive una lunga predicazione, molto densa di contenuti, perché intende incoraggiare i credenti che facevano molti sacrifici incontrando prove e difficoltà di ogni genere: dalle persecuzioni, al dover compiere scelte teologiche difficili a motivo di interpretazioni differenti circa l’Antico testamento, Gesù Cristo stesso, l’etica…

Ogni credente immagina che, a partire dalla propria fede, possa vivere in pace e nella serenità, mentre gli ascoltatori del nostro predicatore erano persone deluse e amareggiate a motivo di una vita difficile.

Il predicatore cerca di far penetrare la Parola di Dio nel cuore e nell’anima dei credenti, spiega il contenuto dell’Antico Testamento, rivela che esso è la prefigurazione di un nuovo Patto che Dio ha compiuto attraverso il suo figlio, Gesù.

Testo della predicazione: Marco 7,14-23

Poi, chiamata la folla a sé, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete: non c'è nulla fuori dell'uomo che entrando in lui possa contaminarlo; sono le cose che escono dall'uomo quelle che contaminano l'uomo. Se uno ha orecchi per udire oda.» Quando lasciò la folla ed entrò in casa, i suoi discepoli gli chiesero di spiegare quella parabola. Egli disse loro: «Neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che dal di fuori entra nell'uomo non lo può contaminare, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e se ne va nella latrina?» Così dicendo, dichiarava puri tutti i cibi. Diceva inoltre: «È quello che esce dall'uomo che contamina l'uomo; perché è dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono cattivi pensieri, fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, frode, lascivia, sguardo invidioso, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive escono dal di dentro e contaminano l'uomo».

Sermone

«Noi siamo quello che mangiamo» è un frase che sicuramente tutti abbiamo sentito almeno una volta nella vita. Non ne sono certo, ma credo che questo modo di dire riprenda (in modo del tutto improprio) una citazione del filosofo tedesco Feuerbach che diceva:  «l'uomo è ciò che mangia».

Premetto che, chi vi parla non è certo una persona che disdegna il buon cibo e il buon vino, tutt'altro, fidatevi... Ma è anche una persona figlia dei suoi tempi, una persona che, tra le altre cose, si trova ad osservare (a volte con divertito stupore, altre volte con una certa preoccupazione) al rapporto tra uomo e alimentazione così come si va delineando negli ultimissimi anni. Perché non è forse vero che oggi, nella nostra società, possiamo parlare di una vera e propria ossessione collettiva per il cibo? Ci basta accendere la TV, dove tutto è un florilegio di programmi (reality o meno che siano) dedicati alla cucina e al mangiare; oppure collegarsi alla rete, dove sui social network migliaia di persone postano foto dei piatti che hanno appena cucinato o che si accingono a mangiare al ristorante. In inglese questo tipo di comportamento maniacale è stato anche chiamato "Food Porn", pornografia alimentare.  A questa ossessione contemporanea per il cibo però, ne corrisponde, in modo speculare e schizofrenico, un'altra: quella per la salute fisica.

Quando parlo di ossessione per la salute, si badi, non intendo il sacrosanto diritto di ogni uomo e di ogni donna a curarsi come crede e a scegliere ciò di cui si nutre.   (Anche se dovremmo renderci sempre conto e ringraziare Dio per  l'opportunità che abbiamo di poter compiere questo tipo di scelte. Naturalmente non posso dirlo con certezza assoluta, ma ad occhio e croce dubito che nel Burkina Faso abbondino i ristoranti vegani o i mercatini "bio"..).

Testo della predicazione: Isaia 54,2

«Allarga il luogo della tua tenda, si spieghino i teli della tua abitazione, senza risparmio; allunga i tuoi cordami, rafforza i tuoi picchetti!».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, è un momento storico importante quello che sta attraversando Israele quando questa profezia è annunziata. Israele sta tornado da un lungo periodo di cattività, la deportazione in terra straniera, in Babilonia; il re Nabucodonosor ha distrutto il piccolo regno di Israele, Gerusalemme, il tempio costruito dal re Salomone, le terre.

Ma ora, dopo 50 anni di sofferenze, di solitudine e di assenza di Dio, il profeta Isaia annuncia la liberazione e il ritorno nella terra che Dio aveva promesso ad Abramo.

La predicazione diventa una predicazione non di giudizio e di condanna, ma promessa di perdono e di riconciliazione con Dio.

Il profeta invita a gioire, a rallegrarsi dell’opera di Dio, del suo amore verso tutte le sue creature. L’esortazione del profeta è tanto intensa e sentita che prende una forma poetica con cui egli descrive le benedizioni che il Signore sta per donare.

Prima, il popolo in cattività, aveva perso le speranze, aveva lottato, ma nulla era accaduto, aveva cercato di rialzarsi con tutte le forze di cui poteva disporre. Ma non ce l’aveva fatta.

Ora il profeta annuncia un cambiamento: «Per un breve istante ti ho abbandonato, ma con immensa compassione di raccoglierò… con amore eterno avrò cura di te».